Il panorama della futura navigazione mercantile si sta schiudendo negli ultimi mesi per merito di un paio di progetti firmati dall’ università di Tokyo e dalla B9 shipping, azienda nordirlandese di navigazione.
Si tratta in entrambi i casi, considerando che la stragrande maggioranza delle merci che arrivano nei negozi di tutto il pianeta viaggia via mare, di soluzioni per abbattere il consumo di carburante (i prezzi sono aumentati del 600% nell’ultimo decennio) e limitare l’impatto ambientale. Nonché di quanto di più realizzabile sia spuntato nel settore per rimpiazzare i dispendiosi sistemi propulsivi tradizionali.
Nel caso dell’ateneo nipponico, il prototipo prevede la realizzazione di un sinuoso mercantile da ben nove alberi che montano a loro volta vele confezionate in alluminio e plastica. Presentato dal professor Uzawa Kiyoshi all’ultimo Sea Japan, la scorsa primavera, l’ UT Wind Challenger è equipaggiato con alberi telescopici: col brutto tempo si ritraggono lasciando spazio ai motori standard.
Ciascuna vela, oltre tutto, potrà essere comandata autonomamente in modo da intercettare il vento secondo il migliore orientamento possibile. Una strategia che porterebbe a un taglio dei consumi di un terzo, risparmio che consentirebbe di ripagare i costi di costruzione della nave in un arco di tempo fra i cinque e i dieci anni dall’acquisto.
Un piano, insomma, che potrebbe convincere gli investitori del settore a mettere finalmente sul piatto finanziamenti veri, che vadano al di là di qualche pur promettente studio. Più dettagliato, invece, il piano della B9 Shipping, che ha per altro già stretto accordi con giganti come Rolls Royce e Tata Steel. Anche perché un modello in scala ridotta ha superato con successo un primo test.
L’idea è quella di costruire un mercantile da tre tonnellate e 100 metri di lunghezza – senz’altro un microbo se paragonato ai giganti da migliaia di tonnellate, ma un primo passo verso la navigazione green – con tre alberi alti cinquanta metri.
Quando non c’è vento a sufficienza l’imbarcazione – questa realmente verde – sarà alimentata da un motore a biogas, ambito nel quale la B9 è leader indiscusso nel Regno Unito. Tre anni il periodo stimato per i lavori, 40 milioni di euro la cifra necessaria a metterla in cantiere. E pare che anche il governo britannico c’abbia fatto più di un pensiero, anche se per ora rimane a guardare: “ Le tecnologie innovative sviluppate da B9 Shipping sono davvero benvenute nel dimostrare anche all’industria del settore e al suo mondo che un tipo di navigazione efficiente ed a basso impatto di Co2 è possibile” ha detto infatti Mike Penning, sottosegretario ai trasporti inglese e responsabile della navigazione.