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Babadook: Freud in chiave Horror

Da Psiconauta

Era da molto tempo che non si vedeva un film horror intelligente, ben narrato e veramente angosciante. Babadook, della regista australiana Jennifer Kent, è un horror psicologico che è sfumatamente affine a capolavori come "Rosemary's Baby" o "L'inquilino del terzo piano" ma che si spinge ancora più in avanti ponendo come perno narrativo la più angosciante delle tematiche letterarie, ovvero la messa in discussione dell'amore materno. La perdita di fiducia nell'amore genitoriale è una catastrofe esistenziale che lascia sempre grossi segni, sia che venga elaborata/compresa oppure no, facendo emergere quello che Freud chiamava Das Unheimliche (trad. "perturbante" o anche, secondo alcuni traduttori, "sinistro", "spaesamento"). Spiega Freud: "Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è famigliare". In realtà il film non spinge questa tematica così angosciante al limite, infatti fornisce una spiegazione tutto sommato comprensibile di tale distorsione utilizzando la repressione del trauma e la paranoia. La protagonista del film, che in un crescendo da brivido arriva ad odiare e voler uccidere il figlio, ha assistito alla morte dell'amato marito proprio in concomitanza del parto del figlio: quando ad incrinarsi è un vincolo così potente come quello materno vogliamo poter credere che ciò sia conseguenza della scissione di un dolore non elaborato e della attribuzione dell'aggressività che ne deriva ad altri che verranno identificati come pericolosi (è questo il meccanismo di tutte le forme di paranoia dalla gelosia alla persecutorietà). Come amare con la giusta intensità un figlio che cresce insieme a noi se il giorno del suo compleanno coincide con quello della morte del marito? Un'altro interessante riferimento rispetto al concetto dell'Unheimliche che risulta molto pertinente nell'analisi del film Babadook, viene fornito da Ernst Jentsch che forse è stato il primo ad introdurre il concetto di "perturbante" da lui definito come "l'incertezza intellettuale se un oggetto evidentemente animato è veramente vivo oppure no" o anche "se un oggetto inanimato potrebbe essere in qualche modo dotato di vita autonoma". Nel film della Kent il Babadook è una immagine di un libro animato per bambini che prenderà vita portando disperazione e violenza nella casa in cui vivono Amelia, la madre, ed il figlio Samuel. Jentsch si richiama, come nel film in questione, a quella sottile angoscia che scaturisce da immagini fisse, dalle figure di cera, dagli automi e dai pupazzi o ancora quando l'osservatore assiste a scene di ripetizione continua, "automatica" di una stessa situazione, ad esempio di uno stesso movimento come avviene nei giochi dei bimbi, nei libri animati e così via (lo stesso Dario Argento ha utilizzato questi concetti per generare effetti particolarmente sinistri nei suoi film, vd. Profondo Rosso). Consiglio a tutti gli spettatori più coraggiosi questo film, una bellissima favola nera che vi terrorizzerà e vi farà pensare.


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