La figura di Babbo Natale, gioviale omone barbuto vestito di rosso, è una delle icone più largamente diffuse e conosciute del pianeta. Valicando ogni confine geografico, culturale e religioso, Santa Claus elargisce doni ai bambini di tutto il mondo, senza fare distinzioni di sorta, a patto che essi siano stati bravi durante l’anno.
Ciò che ha portato San Nicola di Bari, semileggendario vescovo di Myra (attuale Demre in Turichia) del IV secolo, a diventare simbolo di un Natale “post-cristiano” e globalizzato è un percorso piuttosto tortuoso che deve il gran finale all’azione mediatica e pubblicitaria della Coca-Cola.
Le origini storiche di San Nicola sono nebulose, poiché avvolte fin dal principio da un’aura leggendaria, come ci testimoniano le numerose Vite redatte in greco da Michele Archimandrita e da Metodio, risalenti ai primi decenni del IX secolo. Secondo questi documenti, Nicola nasce a Patara, in Licia, intorno al 270, si trasferisce poi a Mira, dove viene ordinato vescovo, partecipando dunque al Concilio di Nicea del 325. La morte è tradizionalmente datata al 345 a Mira. Nel 1087, tuttavia, il 9 maggio le sue reliquie vengono trafugate e trasferite a Bari, dove Nicola diviene il santo protettore dei naviganti, festeggiato tradizionalmente nei primi giorni di maggio.
Le leggende intorno a San Nicola gli attribuiscono peculiarità che ritorneranno poi, leggermente modificate, nel suo alterego moderno: il dono dell’ubiquità, grazie al quale Babbo Natale raggiunge tutti i bambini del mondo in una sola notte, e il suo essere generoso elargitore di doni materiali per i bisognosi, in particolare per quelli appartenenti a categorie presociali o liminali, come fanciulli e ragazze ancora da nubili.
Nel folklore europeo medievale e successivo, San Nicola si attornia di creature magiche, come elfi e folletti, e viene affiancato da figure quali Papà Natale e Kris Kringle o Christkindel, ovvero il Gesù Bambino portatore di doni, che agiscono parallelamente o in collaborazione con lui.
Il tutto per sopperire all’esigenza atavica di placare le presenze negative dell’inverno, opponendo a esse una figura spirituale positiva.
I riti invernali apotropaici, volti a scacciare il pensiero della morte con l’offerta di doni e festeggiamenti pantagruelici, hanno radici antiche (si pensi ai Saturnalia latini) e profonde, tanto che il nostro stesso Natale deriva in parte da essi la scelta di essere celebrato il 25 dicembre. La data ha oscillato a lungo tra l’inizio e la fine del mese: il 6 dicembre era celebrata la nascita di San Nicola, il 28 dicembre invece cadeva la Festa degli Innocenti, in cui avveniva il tradizionale scambio di doni. Un lento processo di sincretismo ha fatto sì che infine la notte di Natale comprendesse tutti gli elementi legati alle feste invernali (elargizione di doni, riti di rinascita, nascita di Cristo).
Arricchito di elementi cristiani, pagani e folkloristici, San Nicola sbarca in America insieme ai migliaia di migranti europei e nel Nuovo Continente subisce ulteriori modifiche. In particolare, nel 1931 la Coca-Cola ingaggia Babbo Natale come sponsor per aggirare uno scomodo vincolo imposto dal Governo Americano, che vietava l’utilizzo di minori al di sotto dei 12 anni nelle pubblicità della Coca-Cola, a causa dell’effetto dannoso che la caffeina contenuta nella bibita aveva sui bambini.
La celebre bevanda sceglie allora un espediente, qualcuno in grado di fare da intermediario tra il mondo degli adulti e quello dei bambini. Così, grazie all’intuizione del disegnatore svedese Haddon Sundblom, Santa Claus si veste di rosso (colore simbolo della Coca-Cola) e assume le fattezze dell’uomo comune, un gioviale e rubicondo vecchietto, abbandonando gli elementi magici più fantasiosi per offrire una felicità semplice e concreta, dunque alla portata di tutti, ottenibile in qualunque bar o supermercato a due passi da casa.
Babbo Natale e la Coca-Cola, armati della confortante sicurezza del familiare e del quotidiano, superano i confini di ogni stato –memori della divina ubiquità di San Nicola- e si adattano camaleonticamente a qualunque ideologia, fedeli soltanto all’unico principio guida di qualsiasi multinazionale, ovvero il lucro. Tornato in Europa, Babbo Natale viene accolto dalle Chiese (cattoliche e protestanti unite) quale simbolo del paganesimo e del consumismo moderno, ma la forza della pubblicità, diretta o indiretta, riesce infine a imporre la sua presenza nell’immaginario di ogni individuo.
Babbo Natale e la Coca-Cola si fanno allora portatori di un’ideologia di felicità perfetta, ma comunque facile e raggiungibile, così come il prodotto è raggiungibile da tutti ovunque, volta a scacciare anche solo il pensiero della morte, nell’illusione che basti stappare una lattina per essere felici.
QUI potete consultare la pagina wikipedia dedicata a Babbo Natale.
Fonte: Nicola Lagioia, “Babbo Natale. Dove si racconta come la Coca-Cola ha plasmato il nostro immaginario”
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