La parola eroe associata a Babbo Natale può suonare strana: come è possibile paragonare il simpatico panzone con i muscolosi guerrieri dell’Iliade? Tuttavia hanno più elementi in comune di quanto ad un primo sguardo riusciamo a cogliere e se ancora aveste qualche dubbio nel proseguire la lettura, vi assicuro che non ho bevuto vin brûlé, nonostante l’ampia offerta dei mercatini di Trento. Per dimostrarvelo partirò dalla fine, dalla caduta degli eroi. Quando un eroe è sconfitto, un turbamento ci prende: rimaniamo solo noi, gente cosiddetta normale, e finisce ogni nostra speranza di un mondo migliore. Un eroe accresce le nostre illusioni perché ci permette di immaginare che qualcuno sia capace anche teoricamente di compiere imprese straordinarie. Questo turbamento è assimilabile per certi versi a quello che ognuno di noi ha provato quando ha scoperto che l’eroe indiscusso dell’infanzia, Babbo Natale, non esiste.
Una mia amica ha appena dovuto ammettere questa terribile verità a suo figlio, che all’età di nove anni le ha posto la terribile domanda sulla presunta esistenza di Santa Claus. Lei ha tentennato, lui ha capito e la sua infanzia in quel momento è finita. Il disvelamento gli ha mostrato che la realtà è solo quella che si vede: amara constatazione. Allora perché continuiamo a raccontare a tutti i bimbi la leggenda dell’omone con barba e baffi e completo rosso che lavora una notte sola all’anno viaggiando per i cieli con la sua slitta sfidando tutti i fusi orari? Come ogni eroe, anche Babbo Natale incarna valori altrimenti astratti e difficilmente spiegabili, soprattutto ai più piccoli, se non sopportati da un racconto, o, per dirla come gli antichi Greci, da un mito esemplificativo. Così il finlandese vecchietto non è tanto dissimile nella sua funzione di archetipo dai giovani guerrieri iliadici. Con le sue slitte e il suo vestito rosso e bianco, come disegnato negli anni Trenta dalla Coca Cola Babbo Natale alimenta le fantasie dei bambini e gli elementi realistici, sono fondamentali per aumentare la fiducia dei piccoli che i loro sogni non siano solo tali e che il racconto abbia un fondamento. Perciò, come il mito greco insegna, non bisogna dimenticare i dettagli come l’indirizzo a cui inviare la letterina o il bicchiere di latte trovato vuoto.
La funzione di Babbo Natale non è solo quella di alimentare fantasia e fiducia nei piccoli (cosa per altro non secondaria), ma di mostrare loro cosa sia la generosità illimitata e il senso di famiglia, che va ben al di là dei legami parentali, perché l’allegro Babbo (che mia figlia chiama nonno, avendolo visto tutto bianco di capelli) è babbo di tutti. Insomma ha una funzione pari e necessaria a quella degli orchi delle favole: è giusto avvisare i bambini del male, ma anche insegnare loro che è possibile la felicità ed è quindi legittimo sperare. Come quando si scopre che orchi, streghe e draghi non esistono, ma che nel mondo ci sono persone ben più pericolose, così quando si capisce che Babbo Natale, elfi e renne sono solo un racconto, i nostri figli potranno capire che il Natale va oltre al mero consumismo. Il Natale non deve, infatti, ridursi a stereotipi svuotati, a corse ai regali comprati più per dovere che piacere, a pranzi obbligati più che attesi; dovrebbe essere un periodo in cui ci si ricorda degli amici vicini e lontani, in cui si vuole stare accanto a chi si ama, in cui si e generosi senza pretendere nulla in cambio, in cui corri qua e là, come Babbo Natale, pur di far felici tutti durante il pranzo. Insomma anche noi, gente normale, bimbi cresciuti, dovremmo diventare un po’ come il lappone vegliardo e cercare di regalare a chi ci sta vicino il calore di un sogno, che non può essere comprato in nessun negozio, ma può essere ricreato solo dalla voglia, almeno una volta all’anno, di cedere un po’ di spazio alla fantasia e un po’ di tempo alla famiglia, piccola, grande, allargata, insomma quella che noi sentiamo nostra.
Se il mito di Babbo Natale ci lascerà questo insegnamento, allora val la pena continuare a tramandarlo di generazione in generazione, ognuno a modo suo, ogni mamma con la propria variante. Val la pena raccontarlo per i bambini, ma anche per noi stessi, che ascoltandoci ne riscopriamo il senso e ne ricaviamo una certezza: come ogni eroe e’ intoccabile. Come accade per Ulisse e compagni, non c’è film, pubblicità o racconto di pessimo gusto che possa danneggiarlo. Babbo Natale risorge sempre dalle sue ceneri: noi mamme lo facciamo risorgere pur di vedere quello sguardo sognante sui volti dei nostri figli la mattina del 25 Dicembre. Insomma forse, vista la stazza, sicuramente non è un piè veloce, ma di certo le sue imprese saranno cantate, se non dalle Muse, dalle mamme.