Titolo: Babele km 1000
Autore: Stefano Musco
Editore italiano: Tullio Pironti editore
Anno di pubblicazione: 2011
Pagine: 194
Formato: brossura
Prezzo di copertina: 10 euro
Trama (dal sito dell’editore):
Una mattina Dio si alza dal letto e non trova le sue pantofole. La cosa potrebbe suonare imbarazzante per uno del suo calibro, ma è solo l’inizio: cinque dei suoi migliori serafini vengono fatti fuori a sangue freddo su una delle guglie baroccheggianti che popolano il surreale mondo delle Torri. Dei sicari neanche l’ombra: spariti tra i meandri delle cuspidi altisonanti. Per i servizi di intelligence del Padre Eterno non v’è dubbio: non è un attentato infernale, ma parte di una congiura ben più ampia. Per scovare i colpevoli Dio non esita a dare carta bianca all’Arcangelo Vermouth, un gerarca in borghese dai metodi spiccioli e dal grilletto canterino, mandato a fare i conti con l’humour macabro del furbo Mefistofele pur di arrivare alla mente sopraffina che ha agito nell’ombra. In un mondo visionano in cui Lucifero è solo l’ombra del terrorista che fu e la guerra fredda tra buoni e cattivi è finita da tempo – diciamo pure dall’ultima pagina della Bibbia – un mucchio selvaggio decide di dare una scossa agli eventi. Mercenari e cospiratori senza scrupoli, ma anche artisti e romantici di ogni tipo, si giocano il tutto per tutto in una realtà surreale – l’unica realmente possibile – in cui il Padre Eterno fuma sigari cubani e la fine del mondo più volte annunciata è routine da telegiornale. Brillante e ironico, candido e disturbante, l’esordio letterario di Musco. Uno sguardo singolare, un punto di vista spostato, da piano inclinato, per una Babele che si crea risposte senza porsi più domande.
Le pantofole di Dio. L’origine di tutti i mali… Belle, eh?
Recensione:
Innanzitutto è una bella storia. Al di là di ogni speculazione sui quattro sensi della scrittura, una storia deve essere bella, nel senso che deve procurare piacere: “La letteratura è una delle forme della felicità” ripeteva spesso Jorge Luis Borges e io non posso che dargli ragione. Ebbene, Babele km 1000 mi ha regalato felicità. Complotti, inseguimenti, capovolgimenti si fondono armoniosamente con riflessioni dei personaggi, dialoghi a tinte forti e scenette comiche. Il tutto è tenuto insieme dal collante dell’umorismo caustico, di cui il libro è intriso.
È la storia di un complotto contro Dio portato avanti da due compagini alleate, ma distinte: gli artisti, che aspirano a edificare un mondo che si fondi sull’Arte, e la massa non ben definita, che fa capo a Valan Eclipse, aspirante nuovo Dio e paladino dell’Equilibrio, principio su cui vuole costruire il mondo nuovo. È difficile sintetizzare una trama che contiene continui rovesciamenti e colpi di scena perciò lascio al lettore il piacere di godersela; sono molti e fondamentali, inoltre, gli episodi accessori: parentesi comiche, descrizioni, liberi pensieri di personaggi, tutti cooperanti alla riuscita della storia. La lotta che l’Arte conduce è sentita dall’autore, egli è appassionato nel narrarla, ma mette fra sé e tale coinvolgimento una certa disillusione che culminerà nel riso amaro del finale. Non parlare del finale è difficile, ma sarebbe proprio poco cortese farlo.
I dialoghi sono brillanti, a mio avviso uno dei punti di forza del libro: coinvolgenti, ironici e surreali, calzano i personaggi con grande coerenza e contribuiscono a delinearne i contorni ben marcati. È indubbia l’influenza del pulp su essi, dal quale deriva anche la loro violenza, che personalmente, a volte, ho trovato eccessiva.
Particolare di un quadro mostrato nel film Mickey Blue Eyes. Ci sembra adatto al contesto.
Sono spesso rintracciabili alcuni cliché del genere, ma non appesantiscono l’atmosfera il libro; al contrario, sono strumenti al servizio dell’ironia e della dismisura che è la cifra del libro. L’iperbole, l’esagerazione, l’abnormità sono tratti caratterizzanti di questa storia e dello stile in cui ci viene proposta.
La cosmologia del mondo creato da Stefano Musco risponde a queste prerogative: è immaginifica e dissacrante. Avrei gradito un suo approfondimento, per piacere personale, non per altro, in quanto l’architettura del libro risulta equilibrata anche così. Raramente l’autore risulta poco chiaro sotto quest’aspetto, sacrificando la precisione per dar forma a scenette gustose come quella dell’elezione di Dio: quest’episodio, infatti, non è realmente utile all’economia della storia, ma glielo concediamo quando in cambio ci dona pagine di arguto umorismo. Le immagini che ci vengono dipinte sono oniriche fino alla psichedelia, tant’è che più di una volta mi hanno fatto ricordare le atmosfere caotiche dei Pink Floyd ai tempi di Syd Barrett. L’immaginazione dell’autore è potente e la sua scrittura riesce a convogliarla sulla pagina: crea, proprio come Dio (d’altronde l’associazione Dio-scrittore è quanto mai calzante e presente anche nel libro), un mondo che ha una sua coerenza interna sebbene l’assurdo ne sia una componente fondamentale.
Ogni mondo ha i suoi abitanti e quelli che abitano il libro vanno conosciuti. Due particolarmente meritano di essere presentati: Vermouth, l’arcangelo migliore che Dio ha a disposizione, e Velio Settimo Carcade, uno degli artisti, il Pittore, per la precisione; il primo è un araldo del Bene che non rinuncia alle maniere forti, un messo di Dio che sembra uscito da un albo di Sin City, il secondo un artista dalla personalità sfuggente e allo stesso tempo ammaliante, forse il personaggio più complesso, altissimo eppure umano.
Babele km 1000 è un libro piacevole e denso di contenuti, un libro che ci regala momenti felici e occasioni di riflessione a patto che ci dichiariamo disposti ad accettare la possibilità di fare ironia su tutto. Un libro, infine, che ha il grande merito di restituire Dio e compagnia bella al regno cui – secondo me – appartengono: quello della letteratura fantastica.
Sull’autore:
Stefano Musco è nato a Napoli nel 1990. Coltiva fin dall’adolescenza una smodata passione per la scrittura, per la cinematografia e più in generale per qualsiasi forma d’arte. Nel 2010 comincia a girare una serie di cortometraggi comico-surreali, dando così avvio al progetto della «Pangolino Productions». Attualmente studia e vive a Perugia, dove nello scorso giugno si è laureato in Relazioni Internazionali.
È al suo esordio letterario.
Paolo Cerutti