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Bacalhau

Da Enricogrz
Ormai siamo gente moderna noi, basta con le stronzate, basta con lo confondere il baccalà con lo stoccafisso. In realtà tutto questo non ha senso, oh voi che leggete siete magari gli stessi che a una bistecca di maiale nero portoghese cotta sulla brace preferite un hamburgher di un fast-food mondiale, che magari preferite a un panino con il salme di Pozzolengo o a quello di "Fom so el Porsel" di Moniga del Garda. Però, proprio voi sappiatelo, quello che voi chiamate qua "baccalà alla vicentina" in realtà non è baccalà. Non voglio turbare le vostre convinzioni enogastronomiche, avrestre già di che turbarvi delle vostre convinzioni sociali. Però quello non è baccalà, quello è giusto che sia chiamato con il suo nome: STOCCAFISSO. Non sapete cosa è? Lo avete mangiato molte volte, quello è del merluzzo affumicato ed essicato in puro stile norvegese. Buono, molto buono. Lo trovate intero, per esempuio, in qualsiasi supermercato di Faro. Dove è Faro? Meglio non saperlo, è un postaccio nel sud del Portogallo. Fin dai tempi della Repubblica di Venezia, che oggi lascia in eredità alcuni nostalgici, ci ha lasciato anche  il termine "bacalà": un significante che significa altrove stoccafisso. Questo è merluzzo essicato, l'altro conservato sotto sale.
Qua in Italia, almeno al nord, almeno nel Triveneto, c'è una certa confusione su questo veloce pesce del Baltico servito con polenta. "cucina povera e umile fatta d'ingenuità caduta nel gorgo perfido della celebrità" canta Paolo Conte e noi, infatti, siamo i maggiori consumatori mondiali di stoccafisso, che chiamiamo "bacalà". Però il vero regno del pesce veloce del Baltico è il Portogallo, terra di confine dell'Europa che si affaccia qua verso lo sconfinato oceano. Qua si potrebbe preparare una ricetta diversa ogni giorno e, anzi, con una proposta in più per gli anni bisestili. Si racconta che ne esistano ben 366, è il piatto tipico. La dittatura di Salazàr con i suoi 40 anni di isolamento politico e commerciale ha causato una chiusura verso l’esterno e la conseguente conservazione delle tradizioni più radicate, tra cui quelle culinarie. I piatti sono ancora quelli di una volta, senza alcuna connotazione moderna. Il cosiddetto BACALHAU, viene preparato fresco, ma quasi sempre è precedentemente salato ed essiccato e poi portato in tavola o bollito o arrosto o sotto forma di zuppa con le patate.
Il cibo è, dovrebbe essere, una fonte d'identità, che però è in conflitto con le quelle forze che erdono le tradizioni e impongono le monoculture e monosapori. Evviva la diversità, delle produzioni e del cibo. Il cibo è lo specchio di un territorio. Massimo Montanari, storico dell'alimentazione, nel libro "Il cibo come cultura" scrisse che "ogni tradizione, ogni identità è un prodotto della storia dinamico e instabile, generato da complessi fenomeni di scambio, di incroci, di contaminazioni. I modelli e le pratiche alimentari sono il punto d'incontro fra culture diverse, frutto della circolazione di uomini, di merci e di gusti da una parte all'altra del mondo". I sapori! I sapori, i sapori diversi sono vivacità culturale e gioia del palato.
Per cortesia, quindi, quando mi invitate a cena, per favore, non portatemi poi a mangiare dal clown con gli harmburger.

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