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Baccanali a ‘li mortacci’

Creato il 25 settembre 2012 da Davide

Vedendo le foto che girano sulla festa organizzata da un consigliere della Regione Lazio con tema à la grècque e realizzazione in stile ‘li mortacci tua’, mi è venuto in mente un vecchio film, S.P.Q.R. 2000 e ½ anni fa, girato nel 1994 da Carlo Vanzina. E’ la trasposizione comica della storia dell’antica Roma e delle vicende di Tangentopoli. Protagonisti Massimo Boldi nei panni del magistrato Antonio Servilio, Christian De Sica, il corrotto senatore Cesare Atticus, Leslie Nielsen, il senatore Lucio Cinico e Anna Falchi nel ruolo della prostituta Poppea. Se ne possono vedere dei clip su You Tube.
Certo, se uno andando alla festa a tema “omerico” del godereccio consigliere regionale si aspettava di trovarsi sul set di Fellini Satyricon, un film del 1969, co-scritto e diretto da Federico Fellini, liberamente tratto dall’omonima opera dello scrittore latino Petronio Arbitro, aveva chiaramente sbagliato indirizzo. Anche se più d’uno poteva aspirare alla parte di Trimalcione, liberto arricchito ma ignorante e volgare. Lo sfondo sociologico del film è quello delle nuove classi sociali, come i liberti (ex schiavi liberati, che formavano l’ossatura della burocrazia imperiale e del commercio romani) e i cavalieri (ceto borghese mercantile) arricchiti e anche il Trimalcione originale di Petronio è un liberto arricchitosi immensamente attraverso l’attività commerciale. Ma come ha fatto notare più di un commentatore, il problema non è estetico, cioè se i novelli Trimalcioni arricchitisi con la politica sono burini rifatti, ma se, come il Verre di Sicilia contro cui tuonò Cicerone, sono ladri e hanno fatto il baccanale coi soldi pubblici. Infatti, se fosse reato essere burini e cafoni, i tribunali scoppierebbero per l’affollamento. Baccanale, magari l’espressione è esagerata: dalle foto sui quotidiani la festa sembrava più castigata di un toga party universitario, niente a che vedere con la nudità eroica di un Discobolo, di un Galata morente, di un eroe omerico dipinto sui vasi attici o di un peplo con effetto tela bagnata di qualche fanciulla di marmo. Eppure per copiarli bastava mettere piede in uno qualunque dei bellissimi musei a Roma. Nelle foto persino il Minotauro aveva i mutandoni. Una carnevalata senza gloria, in tono minore.
Ben altro stile ha avuto l’ex ministro socialista Gianni De Michelis, veneziano, uno dei protagonisti di Tangentopoli, famoso, più che come ministro degli Esteri, come indefesso ballerino e protagonista di maratone di resistenza in discoteche e feste di ogni genere. La sua passione per festeggiamenti, balli in maschera e carnevali ha però portato alla rivitalizzazione del moribondo carnevale di Venezia, rendendolo un’industria cittadina di fama internazionale, che gareggia alla pari con quello di Rio de Janeiro. Ogni anno ricchi oligarchi russi, aristocratici francesi e altra umanità privilegiata si mescolano con i veneziani purosangue da Canareggio e Castello, aprendo talvolta i palazzi e le feste private alla folla. Naturalmente, è anche un evento in forma industriale, appartiene cioè all’industria della cultura che ha reso la città uno dei più grandi e famosi Parchi a tema del mondo. Anche se sterilizzato dall’industria culturale, però, il Carnevale di Venezia si avvicina almeno in parte alla grandeur talvolta oscura dell’originale e alle feste in maschera settecentesche.
Un tema tipico dei romanzi rosa ad ambientazione storica, epoca Georgiana e Reggenza inglese, che leggo a dozzine prima di dormire, è quello dell’eroina che per ingenuità o spirito d’avventura si caccia nei guai, rischiando di perdere verginità e reputazione, a un ballo in maschera alla Rotonda di Ranelagh (dipinta dal Canaletto) dentro i Giardini omonimi o ai Giardini Vauxhall. L’eroe arriva al momento giusto per salvarle la reputazione (la verginità in generale se la pappa lui con soddisfazione di entrambe le parti). I Ranelagh Gardens, conosciuti anche come Ranelegh o Ranleigh, erano giardini d’intrattenimento situati nel quartiere londinese di Chelsea, che ebbero il loro periodo di maggiore splendore tra la fine del diciottesimo secolo e la prima metà del diciannovesimo. La costruzione principale fu poi demolita nel 1805 e, successivamente, lo spazio divenne un campo da calcio, precisamente il campo di allenamento del Fulham F.C., conosciuto con il nome di Ranelagh Ground. I Vauxhall Gardens erano una sorta di ibrido tra un caffè concerto, un teatro musicale, un ristorante, una sala da ballo e un giardino pubblico all’aperto. Molto popolari per le serate musicali a tema, in maschera e con buffet, tra la metà del XVIII e la metà del XIX secolo, i Vauxhall Gardens erano frequentati da ogni strato sociale. Vi erano viali illuminati da torce e gremiti da pittoreschi chioschi cinesi o turchi, tempietti greci o finte grotte perse tra la curatissima vegetazione e altri sentieri sempre più bui. Per questo motivo, i Vauxhall Gardens erano anche considerati un luogo di perdizione e di peccato, in cui le signore non potevano avventurarsi senza adeguata compagnia maschile, anche perché il luogo era frequentato chiunque pagasse il biglietto e fosse vestito in modo acconcio. Ciò nonostante – o forse proprio per questo – la popolarità dei Gardens continuò ad aumentare nel corso di tutto il XVIII secolo, al punto che agli originali vialetti si dovettero aggiungere un palco musicale in stile gotico (che poteva ospitare un’orchestra da cinquanta elementi) con gradinate e palchi, un buffet, un ampio padiglione cinese per il gioco d’azzardo, una cascata artificiale, un ingresso privato dal Tamigi per gli ospiti d’alto rango, delle finte rovine romane e un’ampia serra con un farfalleto. Vennero costruiti durante la Restaurazione monarchica del 1660 dopo il periodo del Protettorato Puritano di Cromwell, ed erano proprietà di Jane Fauxe (o forse Vaux), una vedova molto abbiente. Naturalmente i Ranelagh e i Vauxhall Gerdens erano luoghi dove era facile rovinare la propria reputazione, ma allo stesso tempo ideali per adocchiare gentiluomini di mezzi come possibili mariti o di cui diventare l’amante.
In un’epoca in cui era facile perdere la reputazione per il solo essere stata sola in una stanza o una carrozza chiusa con un uomo, pur senza altri rapporti, e ogni gentiluomo benestante era previsto mantenesse un’amante, una ragazza intraprendente, priva di mezzi, ma ricca di aspetto, poteva assicurarsi un’agiata vecchiaia se sceglieva gli amanti giusti e non sprecava i suoi regali. Come abbiamo visto da recenti cronache e casi giudiziari in corso e non, alla fine una ragazza anche nel XXI secolo ha questa opzione, con la differenza che oggi rischia il processo, un tempo solo una vecchiaia in povertà e malattia. In gergo queste ragazze erano chiamate demi-rep (da demi-reputation, mezza reputazione), ma non erano considerate delle vere prostitute. Tra le più note ci furono Harriette Wilson, che teneva corte al palco dell’opera, dove intratteneva ospiti illustri tra cui il Duca di Wellington, il vincitore di Napoleone a Waterloo. Più tardi nella sua vita pubblicò le sue memorie, offrendo agli ex amanti di non citarli in cambio di una ricca somma. Wellington rifiutò, coniando la famosa frase “pubblica e va all’inferno!” (“Publish and be damned!”). Nessuno mise la Wilson sotto processo, né citò in giudizio il Duca come ‘parte offesa’. Emily Lyon, conosciuta come lady Emma Hamilton, fu un’avventuriera inglese, ricordata per essere stata l’amante dell’ammiraglio Nelson. La sua biografia qui è assai istruttiva e ha dato la stura a innumerevoli pezzi romanzati.
La vita di una demi-rep, come quella delle attuali stelline, veline, ballerine di fila, aspiranti attrici, amiche di cantanti, calciatori, politici, eccetera, cioè quel circo cafonal immortalato dalle serie di film “Natale a …”, poteva essere assai agiata, se lei si sapeva gestire. Un intero sottosettore della società londinese ruotava intorno a questo mondo – le demi-reps avevano i loro balli, associazioni e riunioni che imitavano quelli dell’alta società o ton. Nella società dell’informazione il loro contributo alla variegata società moderna ha subito un’accelerazione e un potenziamento mai visti, tanto da capovolgere, in un certo senso, certe scale di valori. Un tempo i due settori, l’alta società e il demi-monde, si sfioravano senza riconoscersi ufficialmente e passare dal ton al demi-monde rappresentava un catastrofico tonfo sociale. Oggi, al contrario, sembra che il demi-monde sia assai ambito anche da rappresentanti dell’aristocrazia superblasonata italiana: solo per fare due esempi, la contessina Borromeo collabora ad Anno Zero e si fa fotografare con Lele Mora (principe decaduto di tale demi-monde), e il principe Emanuele di Savoia è entrato a vele spiegate nel circo cafonal ambientandosi alla grande.


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