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Bacco

Creato il 18 ottobre 2011 da Cultura Salentina
Bacco

Dino Licci: Bacco (acrilico su tela 50x70)

Mi son divertito a dipingere Bacco o Dioniso che dir si voglia. Ma ora è doveroso parlare un poco di lui e delle feste che si tenevano in suo onore.

Le Dionisie erano feste chiassose e orgiastiche che si estesero, in tempi remoti, dalla Grecia fino all’Asia e perfino in India introducendo in queste civiltà il culto del dio Dioniso o Bacco che era figlio di Giove e Semele. Quest’ultima non condusse a termine una sua gravidanza essendo stata ridotta in cenere dall’abbagliante splendore del suo sposo quando questi fu costretto (per una trama ordita dalla gelosia di Era) a mostrarsi all’amata nelle sue vere vesti divine. Giove comunque conservò il frutto del loro amore nella propria coscia, dove esso crebbe indisturbato fino a venire alla luce come Dioniso, il dio del vino e dell’ebbrezza.

Il significato assiologico da dare al mito di Dioniso è vario e cangiante a seconda del punto di vista dal quale lo si analizzi. Certamente in quei tempi ancora non era chiaro il concetto di anima, come forse non lo è neanche ai nostri tempi e anche il concetto di deità era alquanto diverso da come lo vediamo noi. Quindi, se ci allontaniamo dalla versione più leggendaria della nascita di Bacco, c’è da considerare che Dioniso è una deità della Tracia e i Traci, essendo molto meno evoluti dei Greci, quando scoprirono l’ebbrezza dell’alcool, ne attribuirono i meriti a un Dio che non si sa ancora se, al tempo, avesse sembianze umane o taurine. Comunque i baccanali erano feste quasi barbariche, che vedevano giovani donne vestite di pelli di animali che avevano fatto a pezzi e divorati, passare le notti sulle brulle colline abbandonandosi a danze che stimolavano l’estasi o, più esattamene, l’entusiasmo, mentre i mariti in dolorosa attesa, erano troppo timorosi dell’ira del dio per poter intervenire.

 L’entusiasmo era quella condizione in cui l’uomo abbandonava la prudenza e lasciava che un dio entrasse in lui facendogli dimenticare i propri problemi e la sua previdenza. C’era insomma un primo accenno al concetto di anima intesa come l’ingresso appunto di un essere trascendente nel proprio corpo. L’umanità insomma, abbandonandosi a queste danze orgiastiche (di cui ci riferisce ampliamente Euripide nelle sue “Baccanti”), riusciva con l’entusiasmo dell’ebbrezza, a sentirsi esso stesso Dio. La prudenza e la passione, come il sentimento e la ragione o come il calcolo e la fantasia, sono elementi che troviamo spesso contrapposti nelle stessa persona e secoli dopo Nietzsche individuerà questa dicotomia nell’Umanità individuandone il tratto apollineo (la ragione) e quello dionisiaco (l’istinto). I riti dionisiaci si evolsero, come tutto si evolve, attraverso l’orfismo, dove l’elemento musicale sembrò attenuare la rozzezza istintiva dei baccanali, mentre cominciò a farsi strada il concetto di anima legato questa volta alla prudenza e all’immortalità della stessa. Insomma il concetto si ribaltava e Socrate più tardi ne accentuerà la differenza.

Al concetto di anima legato all’entusiasmo, subentra il concetto di anima legato alla prudenza, cose che perdura ancora oggi. L’orfismo prevedeva la trasmigrazione delle anime come più tardi avrebbe detto Pitagora e attraverso di lui, Platone fino addirittura al cristianesimo che conserverà caratteri essenziali di questi primordi di religiosità.
L’uomo greco al tempo era ancora privo di quei dogmi che compariranno forse con i “misteri eleusini” che hanno molto orfismo nella loro genesi. I miti e le leggende hanno sempre un sostrato di verità e, per gustarli appieno, bisogna sviscerarli e carpirne i più reconditi segreti. L’uomo greco, alcuni dicono, si era salvato dagli eccessi del misticismo e della religiosità, dall’assenza di sacerdoti (Diderot sarebbe stato felicissimo di questa interpretazione).

Ma come dice Russell, i sacerdoti non creano i dogmi, limitandosi semmai a conservarli e accrescerli. L’uomo greco si era invece salvato dagli eccessi mistici, dalla presenza delle scuole. Esse stimolavano alla scienza e alla conoscenza, cominciando a evidenziare quella biforcazione dicotomica per cui ancora oggi le due importanti colonne portanti del sapere (Fides et Ratio) per dirla col papa, camminano in parallelo ma difficilmente potranno incontrarsi a mio avviso, in un dialogo costruttivo.

Ma torniamo al nostro Bacco, alle feste in suo onore che si trasformarono gradualmente nell’orfismo che era una manifestazione religiosa molto più pacata se non addirittura purificatrice. Secondo le credenze orfiche esisteva un’anima che, dopo la morte del corpo che la ospitava, trasmigrava in cielo da dove, se non si era ancora purificata dal peccato, si reincarnava in un altro corpo e così di seguito fino a espiare tutte le proprie colpe. C’è molto delle religioni orientali in questa visione orfica che comunque addolcisce gli aspetti più cruenti del culto dionisiaco, sostituendo le danze orgiastiche con offerte di fiori e d’incenso, accompagnate da canti liturgici e danze più composte e tranquille come documentato da numerosi ritrovamenti effettuali in quella parte dell’Italia meridionale nota col nome di Magna Grecia.


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