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Sono frastornata, persa e infreddolita. Il jet lag mi possiede e in faccia ho stampato un bel punto di domanda. Aprendo gli occhi questa mattina ho impiegato diversi secondi per realizzare dove fossi. In ostello a Singapore? No. Nel mio bungalow a Phi Phi Island? No. In una qualche guesthouse sgangherata di fronte al Mekong? Nemmeno.
Con la mente annebbiata e ancora assonnata, ho preso il cellulare per guardare l'ora e poi improvvisamente ho realizzato. Ho riconosciuto le venature del mio comodino in acacia (tra l'altro thailandese) e ho finalmente realizzato: sono a casa. A casa mia. Nel mio letto, In Italia.
Sono tornata.
Che shock!
Questo è un post difficile per me da scrivere. Difficilissimo, perché difficile da spiegare è il mio stato d'animo e contorti i miei pensieri. Dopo cinque mesi di viaggio attraverso cinque paesi, dopo aver dormito in più di 70 posti diversi, incrociato sul mio cammino gente da ogni dove e di ogni genere, dopo aver macinato chilometri su chilometri con ogni genere di mezzo di trasporto, sempre in giro, sempre in cammino, sempre sognando la mia meta successiva, dopo aver fatto quella che è l'esperienza più sensazionale e pazzesca della mia vita.. sono a casa.
So di darvi una delusione e la prima a essere delusa sono io, ma come mi ha detto giustamente una mia carissima amica (magari un po' pragmatica, ma realista), appena due giorni fa, "prima o poi doveva accadere". Il mio viaggio, il mio #ClamoreInAsia, non poteva continuare all'infinito. Oddio, in linea teorica per me avrebbe potuto anche durare all'infinito (chi non vorrebbe essere costantemente in viaggio?), ma in linea pratica non è possibile, almeno per ora.
Un lavoro (per fortuna) abbandonato ma pratiche burocratiche da smaltire, risorse auree in esaurimento, questioni lasciate in sospeso che reclamano la mia presenza... mi hanno fatto rientrare. Per ora.
Il mio viaggio avrebbe potuto durare di più, vero, ma avrebbe anche potuto durare molto di meno. Cinque mesi in viaggio sono tanti, decisamente molto di più di quella che è sempre stata la durata media dei miei viaggi (il mio record precedente era un mese al mare a Finale Ligure quando avevo quattordici anni..).
La sera prima di partire, in ostello, mentre a malincuore chiudevo lo zaino, il mio vicino di letto, un ragazzo tedesco, mi ha detto: "Caspita, cinque mesi sono tantissimi! Ti è sembrato che il tempo sia volato o che sia trascorso lentamente?". Mah, difficile dirlo. Ho fatto un sacco di cose, visto un sacco di posti, ma forse non mi sono sembrati cinque mesi. Poi però torni a casa e ti imbatti in strade nuove, cantieri che prima non c'erano, cantanti alla radio di cui non hai mai sentito il nome (chi cavolo è Lorenzo Fragola?) e prendi coscienza che hai viaggiato davvero a lungo.
E' come un salto temporale, non solo geografico. Ritrovarmi catapultata in una realtà così diversa da quella che ho vissuto per cinque mesi, a cui non sono più abituata e non solo: nel frattempo quella realtà è cambiata, mica è stata ferma lì ad aspettarmi.
Non sarà facile riabituarsi (ma devo per forza?), ma del resto lo sapevo prima di partire che questo viaggio mi avrebbe cambiata e mi avrebbe cambiata la vita e che tornando non mi sarei più ritrovata la stessa persona precedente al mio viaggio.
Sono cambiata e ho un bagaglio di cose dentro di me che devono sedimentare e prendere forma. Le mie emozioni devono decantare dolcemente e devo dare loro tempo perché trovino un loro posto nella mia vita.
Un'altra cosa mi ha detto la mia amica l'altro giorno, molto meno pragmatica e più allettante: puoi sempre ripartire quando vuoi. Vero!
Se ce l'ho fatta da sola, per cinque mesi (e non avevo mai fatto una cosa del genere prima), con un budget limitato, e mi sono sentita libera e felice come non mai (nostalgia questa sconosciuta), posso farlo ancora, quando voglio perché so che ce la posso fare e che è un'esperienza che mi dà tanto.
E non solo: così come l'ho fatto io, può farlo chiunque.
PS: mi continuerete a seguire lo stesso? :(
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