“Pace, stabilità, prosperità”. In occasione del centenario delle guerre balcaniche, che dall’ottobre del 1912 all’agosto del 1913 videro l’Impero ottomano perdere la quasi totalità dei suoi territori europei a vantaggio degli stati di recente o nuova indipendenza della penisola (Grecia, Bulgaria, Montenegro, Serbia, Romania, Albania), il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoğlu ha proposto ai suoi omologhi del Processo di cooperazione dell’Europa sud-orientale (Seecp, nell’acronimo inglese) una serie di iniziative culturali e di incontri istituzionali di alto profilo per fare del 2012 ’L’anno della pace balcanica nel XXI secolo’.
Il Centro per la ricerca strategica del ministero degli esteri ha organizzato dei seminari itineranti in alcuni stati balcanici, numerose università turche dei simposi internazionali per esaminare le esperienze belliche di un secolo fa e i meccanismi di cooperazione più recenti; il 18 e 19 ottobre a Istanbul, invece, i ministri degli esteri di Albania, Bosnia, Macedonia e Montenegro (con rappresentanti di Kosovo e Serbia) si sono ritrovati insieme con Davutoğlu in un vertice politico seguito da una approfondita discussione accademica: ’Dalle guerre balcaniche alla pace balcanica’, per riflettere sul passato di divisioni e per progettare un futuro comune.
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Alla conferenza di Istanbul di qualche giorno fa, Davutoğlu non ha detto nulla di particolarmente nuovo: si è limitato a riproporre la sua visione per un futuro migliore nei Balcani – spalleggiato dai suoi colleghi – fatto di “appartenenza regionale e inclusività” (sono gli stati balcanici e non le potenze esterne a doverlo determinare), di “integrazione regionale” fondata sulla cooperazione culturale e la interdipendenza economica, di ingresso collettivo nelle istituzioni euro-atlantiche, di posizioni comuni nei grandi raggruppamenti internazionali politici ed economici (e la Turchia vuole fare da portavoce, ovviamente). Il suggerimento è anche quello di trarre ispirazione dai secoli precedenti di pax ottomana – ripercorsi in un discorso introduttivo forse eccessivamente appassionato da parte del professor Kemal Karpat, decano degli storici turchi – “in cui le genti balcaniche vivevano in armonia, nel rispetto delle identità etniche e religiose di tutti”.
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