Ballarò schiaccia il doppione diMartedì. 2,5 milioni per Giannini, solo 755 mila per Floris

Creato il 17 settembre 2014 da Iltelevisionario

Ballarò vince la prima sfida contro diMartedì. Il programma di Rai3 condotto da Massimo Giannini ha interessato 2 milioni 503 mila telespettatori (11.76% di share), schiacciando l’esordio del nuovo talk di Giovanni Floris su La7, seguito da 755 mila telespettatori (3.47% di share). Ballarò ha ottenuto un picco di ascolto di 3 milioni 972 mila telespettatori alle 21.40, con la parte finale dell’intervista a Roberto Benigni. Il picco di share, 15.5%, alle 23.17 con l’intervento di Maurizio Landini. “Giannini serioso, Floris più pop, ma il doppione resta” scrive Aldo Grasso sul Corriere della Sera:

Martedì di coppe. Il clima era da derby – Giannini contro Floris -, cosa rara per uno scontro tra due programmi tv. Ancora più rara se si pensa che a duellare erano due talk, due programmi basso costo che vivono di chiacchiere. Un derby dei poveri, verrebbe da dire. «Tanta roba», dice Mentana. Uno zapping furioso per lo spettatore. Inizia per primo «Ballarò» (Floris perde lo sprint per una misteriosa replica della Gruber) e Massimo Giannini esordisce con toni un po’ tromboneschi: «il senso della nostramissione», «la Rai, troppo spesso screditata, è la più grande azienda culturaledel Paese», «i nostri azionisti di riferimento saranno i cittadini», «vogliamo raccontare l’Italia migliore». Sarà per un comprensibile nervosismo, ma non basta essere una firma per condurre un programma, ci vorrà tempo per conquistare la scena. Iniziare poi con un faccia a faccia con Romano Prodi non aiuta certo a dare ritmo alla serata: il vero «Ballarò» parte solo alle 22. Giovanni Floris presenta subito i suoi ospiti (la solita compagnia di giro più il fighetto dei gelati Grom)ma colpisce non poco la scenografia: il vecchio impianto delle poltrone contornato da una balconata tipo «Macao». Per fortuna c’è la copertina di Maurizio Crozza che fa il verso a Renzi, Marchionne, Landini, persino allo stesso Floris. Crozza fa un umorismo funzionale al programma, non così Roberto Benigni, un «regalo» secondo Giannini. Sarà, ma il comico toscano ormai non stupisce più, sembra ripetere sempre lo stesso copione, tromboneggia anche lui in nome di un’Italia migliore. Il nuovo «Ballarò» sceglie la strada «seriosa»: le operette morali di Benigni mascherate dabattute, la lunga intervista a Prodi, tempi distesi e mancanza di ritmo. «DiMartedì» è più scandito, anche per la maggiore presenza di pubblicità, e prova a essere pop, ma la distinzione rispetto agli altri talk della rete sfuma. Floris va con il pilota automatico e non rischia nulla. La prima impressione è quella di una dissonanza cognitiva. Come dopo una separazione, i brandelli di una famiglia comune sono divisi in due nuove case. Da una parte il marchio, la collocazione, lo studio. Dall’altra le poltrone, il conduttore, il comico. Tutto il resto è poco più di un rimpiazzo, per quantoblasonato. Tutto il resto è semplice accumulo, di nomi cariche e temi, per mostrarsi al vecchio partner indifferenti al divorzio, e persino più forti. Ma il doppione rimane. I programmi sono appena cominciati e già sono spompi, sentono entrambi il peso degli anni di «Ballarò». I reportage filmati, il dibattito tra politici di opposte (più o meno) fazioni, gli innesti «speculari» dalla carta stampata o dalla fantomatica società civile: nulla di inatteso, nessun scarto rispetto al già noto.

Stefania Carini, nella propria rubrica Teledipendente su Europa Quotidiano, racconta la partita a distanza tra Floris e Giannini, con un’attenta disamina degli elementi chiave di questa sfida tra talk:

Floris si affida alla sua formula vetusta, forte del passato. Giannini dovrebbe inventarsi qualcosa di nuovo ma non troppo, mica si può spaventare il pubblico. Ma dopo un’ora di trasmissione è chiaro che ogni show è lo specchio del precedente e di se stesso. Fai zapping, e non sai cosa stai guardando. Poi arriva Vespa che ospita per un one to one Padoan. Fregati.  E allora le domande sottese a questa sfida sono altre. Quanto ilbrand Rai può dare a un giornalista quando decide – 12 anni fa come oggi – di affidargli una prima serata? E quanto può perdere un giornalista che crede di poter andare oltre il brandRai? O quel giornalista vale anche senza il brand Rai? Il bravo presentatore Floris lo conosciamo. Dà e toglie la parola, almeno però ha imparato i tempi negli anni. Non che questo significhi sapere condurre con piglio, ma è già qualcosa. Inizia qualche minuto dopo rispetto a Ballarò, con tanto di non traino della Gruber che è malata, e quindi va in onda una replica di 8 e mezzo. Spiega che è tornato, che ricomincia da capo, che eccoci di nuovo qua. E presenta i suoi ospiti. Alè, tutto uguale. Giannini era ospite adesso è conduttore, un bel salto. Parte per primo, con un monologo in cui ringrazia Floris e mette fra parentesi qualsiasi rivalità. Ovviamente suona il contrario. Poi parla di linea editoriale: è alla ricerca della verità dei fatti al di là della partigianeria fuorviante e dell’imparzialità paralizzante. Ci crede al valore salvifico del giornalismo. Ma lancia il solito servizio sui beni culturali maltrattati e balla sulla sigla rinnovata. Solo che tra un Benigni e un Prodi passa un’ora e del talk non c’è traccia. C’è solo Giannini che stimola il monologo dei suoi ospiti. Molta noia. Poi passa al talk ma è uguale alla formula Floris, e il conduttore non pare marcare la discussione con la sua presenza. Così è subito BrunettaShow. O LandiniShow. Alle 22.55 a Giannini sta per sfuggire di mano lo studio. Ah, dice pure lui “cartello”: nello show dei pacchi su Raiuno almeno i vari conduttori si inventano formule nuove per aprire le scatole con i premi. Il comico Benigni contro Crozza. Ovvero, Presta contro Caschetto: sfida tra agenti non solo tra comici. Serve la risata per fare informazione. Crozza parte per primo, perché Giannini annuncia Benigni ma prima lancia un servizio su Cernobbio. Crozza fa Renzi e prende in giro Floris per i titoli dei programmi, roba che meglio twitter. Benigni fa Benigni, saluta gli italiani con affetto, poi Renzi Renzi Renzi. Giannini gli vuole porgere le battute, poi ride ride ride. Infine parte il pistolotto sentimentale, con Benigni che: «Ricordiamoci del futuro», e Giannini che: «Bello!». Conclusione per entrambi gli show: loro ridono, noi bah. Gli ospiti seduti a destra/sinistra Floris replica il suo vecchio studio, stesse identiche posizioni delle sedie e del pubblico. E stessa partitura dello show. Povero Cairo: compra gente Rai che gli fa il copia incolla, come già Paragone. Ma è quello che si vuole. Si pensa che comprando prodotti già collaudati il pubblico già abituato seguirà quella merce su altri lidi. Giannini eredita lo studio di Floris senza colpo ferire, ospiti a destra e ospiti a sinistra, che appaiono dopo un’ora e passa di trasmissione. Quasi quasi tocca elogiare Paragone che mette i suoi interlocutori a urlare in piedi davanti a un microfono anni Sessanta. Gli ospiti sono la solita compagnia di giro, a parte alcuni. Così quelli davvero prezzemolini potranno andare una volta da uno e il martedì successivo dall’altro. Cosa può mutare se a parlare sono sempre gli stessi? Il vecchio saggio Ci vuole il momento con un pontificatore, anziano possibilmente, da cui attingere il sapere (poi uno dice perché il popolo italiano si fa affascinare dall’idea di rottamazione). Con la solita flemma, Prodi parla e parla e parla. Arriva dopo Benigni, e così sembrano gli anni Novanta, altro che Ballarò 2.0. Scalfari arriva invece dopo le 23.00. Floris gli chiede pure di Berlusconi, come Giannini a Benigni. Scalfari dice di amare tanto Berlusconi quanto Renzi. Benigni rosica. Il poveri che fanno i poveri / I ricchi che se la godono Sono i grandi temi del dibbbattito di ogni talk. Giannini parte da Cernobbio, dai vip dell’economia. Floris punta invece subito sui poveri che non riescono a mantenere la famiglia. Continua dopo un’oretta con quelli che non riescono a fare la spesa e cercano gli sconti al supermercato. Sembra una puntata sulle casalinghe pazze di Real Time. Floris batte Giannini per numero di servizi dedicati alla questione. Alle 22.30 però ecco Ballarò con gli stipendi dei poveri operai che non riescono a comprare un lecca lecca ai propri bambini. C’è pure il prete cui un padre di famiglia ha confessato che va a rubare con i bambini piccoli. Floris copiato e superato a sinistra in populismo. La rissa Non c’è stata. Peccato, almeno un singolo brivido ce lo meritavamo. Il sondaggista I numeri non li sopporto più, soprattutto se sbagliano clamorosamente come alle scorse elezioni. Ma tant’è, così è Pagnoncelli contro Ghisleri. Quest’ultima snocciola in generale il gradimento di Renzi, il primo esamina tutti i possibili aspetti del gradimento degli italiani per Renzi. Ma quando finiranno a contratto di un agente anche i sondaggisti? O lo sono già? Il brodo allungato Ci si combatte a colpi di minuti, per non chiudere prima avvantaggiando l’altro. Manco fossimo a Sanremo, si arriva a mezzanotte. Quindi, vai di tempi smorti, servizi inutili, interviste interminabili. Floris chiude per ultimo. Ormai DiMercoledìNovità Una casella che poteva rimanere vuota e invece… Ballarò lancia la sketch comedy Il candidatocon Timi, che Giannini ha ribattezzato orgoglioso «House of cards con le vongole»: ah sì, che bel lancio, che fortuna, evviva. Floris sperimenta i problemi tecnici di La7 (mica è la Rai) con tremendi microfoni. Pareva di ascoltare le voci dentro a un conchiglia. O vicino a uno sciacquone perenne. Chiusura Giannini: «Buona notte e buona fortuna». Floris: «Alè»


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