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BaLuba a chi? I Luba del Congo (7)

Creato il 31 agosto 2013 da Davide

Il regno Luba fu fondato nel XVIII secolo o forse prima nell’area dell’attuale città di Kabongo; esercitava una forte influenza politica sui vicini ed era il principale punto di roiferimento per molte genealogie di regnanti e molte istituzioni religiose dei popoli della Savana Orientale. Fino al 1870 il re Luba o mulopwe (pl. balopwe) aveva a disposizione un potente esercito in grado di portare la guerra a centinaia di kilometri dalla capitale, ma il regno non riposava su un robusto apparato centrale amministrativo. L’autorità reale era più efficace nella regione della capitale, mentre al di là di essa si trovavano ‘chiefdoms’ che più erano lontani più autonomia avevano. Ciascuno era governato da un re locale, anch’esso chiamato mulopwe, la cui vita rituale somigliava a quella del grande re. Questi capi dovevano fornire un tributo al grande re come riconoscimento della sua superiorità gerarchica. L’impero Luba possedeva un’economia complessa, basata su un sistema di tributi e ridistribuzione delle risorse che andavano dall’agricoltura alla caccia all’estrazione mineraria. La classe dirigente, però, aveva il virtuale monopolio su articoli commerciali come il sale e i minerali di rame e ferro, che permetteva loro di mantenere il dominio sulla società.
Gli artisti occupavano un posto importante nella gerarchia: l’artista Luba, come pure quello dei vicini Lunda, esibiva un’ascia cerimoniale che portava sulla spalla, un emblema del prestigio e della dignità della sua posizione. Alcuni apprendisti erano reclutati tra le persone deformi, che non potevano nè cacciare nè fare la guerra e che si credeva avessero una stretta relazione con la magia. Il tema favorito della scultura era la donna, dato che, secondo il mito di fondazione dei Luba, Vilye fu il primo spirito femminile, fondatore del clan reale e garante della fertilità e del lignaggio. Le donne erano guardiane del culto e le mogli reali giocavano un ruolo importante, poiché, inviate in ambasciata presso i capi delle etnie vicine, di solito contraevano delle lucrose allenze politiche basate sul matrimonio.

Alcune figure scolpite sono in piedi, quasi sempre viste in posizione frontale, spesso con le mani sui seni, altre sono figure inginocchiate, sedute o in piedi le cui mani alzate servono da supporto per scodelle, sedili e poggiatesta. Le figure sono caratterizzate frequentemente da elaborati disegni di scarificazioni sul corpo. La scarificazione era praticata quasi ovunque in Congo e inviava più che un messaggio relativo all’identità etnica o al coraggio. Tipicamente la scrificazione, specialmente sull’addome di una donna, aveva il significato di accentuare la bellezza, l’attrattiva, l’erotismo. Una statuetta femminile Luba-Hemba fu scolpita con un disegno di scarificazione che metteva in rilievo il centro dell’addome in forma di losanga, che rammenta la vulva. Una forma popolare di scultura è quella di una donna seduta o inginocchiata che tiene in mano una scodella. Tali figure mendicanti sono usate per fare appello agli spiriti della salute e come aiuto alle donne incinte. I vicini, vedendo al figura di fronte alla capanna di una donna, la riempiranno di doni per aiutarla a evitare i pericoli della gravidanza. Le figure femminili sono modellate con le forme arrotondate e hanno quello che viene chiamato dodu, cioè una tendenza artistica verso l’obesità.

L’arte Luba conta tra gli articoli più belli che l’Africa possa offrire. Tra questi i troni-sgabelli, che sono patrimonio esclusivo dei capi e dei membri famosi della società. In genere questi troni-sgabelli circolari, tra i più pregiati in Africa, sono scolpiti da un tronco d’albero. I capi Luba fanno risalire i loro antenati a una dinastia di re sacri e i troni reali Luba intendono replicare un trono originario posseduto dal progenitore di questo lignaggio divino. Queste opere sono associate al loro proprietario come la fonte della sua legittimità. Servono come troni metaforici, non reali. Questi oggetti non sono intesi per l’uso quotidiano, poichè il re siede sul trono-sgabello solo quando deve mediare tra il mondo dei vivi e quello degli antenati. Di fatto, nonostante la loro forma funzionale, gli sgabelli reali non sono usati per sedersi ma come insegne reali da conservare all’interno del palazzo del re. Il disegno dei troni Luba può essere astratto o figurato e quelli che incorporano cariatidi femminili esprimono la concezione Luba del corpo della donna come ricettacolo spirituale che sostiene la regalità. Una totale assenza di sforzo da parte della cariatide femminile che regge il sedile ci fa comprendere il superiore potere dell’antenata. Contribuiscono alla creazione di questa sensazione la compostezza del volto, l’assenza di contrazioni muscolari e le dita delle mani che sostengono il peso. Il raffinamento estetico del corpo femminile attraverso un’elaborata ornamentazione della pelle e delle pettinature serve da metafora della civiltà e della raffinatezza che i Luba hanno disseminato nella società. La cariatide del trono-sgabello reale del Metropolitan Museum of Art di New York mostra i denti limati a punta, una pratica di bellezza che ha lo scopo di rendere il linguaggio più ‘dolce’ intessendo parole e frasi in espressioni di ammirabile chiarezza e bellezza. Le perle bianche e blu come quelle che ornano la cariatide sono indossate da importanti membri della corte e forniscono protezione spirituale ai loro proprietari. Qui le perle sottolinenano l’alto status sociale della cariatide e difendono sia il re che lo stesso trono da minacce soprannaturali.
L’atto finale dell’investitura che il vincitore maschile della contesa per la successione deve affrontare è incentrato sull’arte della metallurgia. Questo atto riasserisce simbolicamente i legami tra il distretto di Munza con il lignaggio reale Luba tramite il mito della genesi dei Luba e quello del fabbro Kapasa Kansengo. Il nome di Kapasa Kansengo è in genere associato ai cumuli di scarti di lavoirazione che di trovano in questa parte dell’Africa centrale. Il nuovo re, quindi, si recava a Munza dove il titolare del titolo di kyoni, che custodiva la sacra lancia e l’ascia di rame di Kalala Ilunga, eroe del mito fondatore del lignaggio reale, porgeva al nuovo re questi oggetti. Mentre brandiva la lancia e l’ascia, il re si sottoponeva alla cerimonia detta Ku Komena Nyundo, cioè ‘colpisci l’incudine’. Il kyoni di Munza colpiva le ginocchia del re come un fabbro colpisce l’incudine, per ricordargli che il suo antenato Kalala Ilunga era stato colui che aveva portato la metallurgia nel paese.
L’importanza simbolica del martello si può far risalire almeno all’Antico Periodo Kisaliano (VIII-X sec. d.C.), dato che chiodi conici di ferro o rame fabbricati per sembrare dei martelli nyundo (la parola swahili nyundo in realtà significa martello, ma anche incudine in certi contesti o nelle lingue differenti che l’hanno presa a prestito) sono stati scoperti negli scavi archeologici nel cuore della terra Luba come abbellimenti per asce e sulla parte posteriore del cranio come ornamenti delle acconciature dei defunti. Molti emblemi Luba incorporano simili chiodi: spesso adornano le pettinature delle immagini femminili scolpite sulle insegne reali e appaiono sui manici di asce e accette con figure e in cima a bastoni di comando e lance. I Luba spiegano che i chiodi nyundo nei capelli ‘chiudono’ lo spirito all’interno della testa di chi li indossa, trattenendo quello che è prezioso e respingendo quello che è pericoloso. Asce con lama di ferro e manici figurativi di legno appaiono presto negli scavi archeologici ed è comune vedere re, capi e nobili che portano tali asce sulla spalla in contesti rituali. Anche se le asce più belle sono riservate ai re, capi e nobili, asce figurative appartengono anche i membri della società Mbudye e ai medium veggenti.

Un’ascia cerimoniale Luba o Songye, fabbricata intorno all’inizio del XX secolo, in legno, ferro, legno, esposta al Metropolitan Museum of Arts di New York in origine era uno dei molti ornamenti posseduti da un capo dell’attuale Repubblica Democratica del Congo. La sua forma complessa e la fabbricazione indicano che è l’opera di un maestro fabbro. L’artigiano ha lavorato il ferro rovente e malleabile per creare la forma generale della testa dell’ascia, i suoi angoli, la lama ricurva e le colonnine ritorte; una volta freddato, ha usato martello e cesello per decorare la superficie della lama con linee e cerchi incisi. Le facce che appaiono su entrambi i lati della testa d’ascia sono state prodotte con questa tecnica. Possono essere riproduzioni in miniatura di maschere kifwebe, un tipo di maschere facciali usate nelle danze dai membri della società bwadi bwa kifwebe. Questa associazione era incaricata di far rispettare ed espandere la forza politica e soprannaturale della classe dominante ed era intimamente connessa con la dimostrazione del potere regale. L’apparizione di questa maschera emblematica su oggetti di prestigio regale indicava il controlo del re sull’associazione e, quindi, il sostegno dell’associazione alla sua leadership.

La massiccia impugnatura dell’ascia si accompagna alla solidità e alla scala della lama: la sua base svasata e l’apice bulboso ricordano le curve aperte della lama, mentre la notevole opulenza della coprtura di rame fa da contrappeso alla complessità visuale della lama di ferro. Il rame, un metallo prezioso che ha origine molto più a sud, alle sorgenti del fiume Zambesi, era un materiale rare e costoso. Il suo ampio uso in questo pezzo non solo lo rende più bello, ma indica anche la partecipazione e l’importanza del suo proprietario nel commercio a lunga distanza. Le asce erano usate come simboli di potere regale in tutto l’attuale Congo e nell’Angola settentrionale. Elaborate versioni di questo attrezzo funzionale sono state create come scettri reali che erano simboli potenti di civiltà e cultura. Rappresentavano il corpus di abilità esoteriche e di conoscenze associate con la metallurgia, un’attività ricca sia di significati pratici che sovrannaturali. I re indigeni spesso facevano risalire i loro antenati a eroi culturali cui era attribuita la scoperta della metallurgia e questi strumenti metallici rinforzavano queste connessioni dinastiche e suggerivano il controllo dei capi sui potenti processi di creazione e trasformazione. Le impugnature di legno delle asce reali erano spesso molto decorate, coperte con motivi squisitamente intagliati oppure racchiuse in metalli preziosi o pelli animali.

Come gli altri paramenti e oggetti cerimoniali Luba, i reggi-arco come quello al Metropolitan Museum of Art a New York erano mostrati in rituali segreti e raramente esposti al pubblico. I reggi-arco reali fanno riferimento all’identità dell’eroe culturale Mbidi Kiluwe come cacciatore, e in particolare evocano l’abilità e la conoscenza esoterica associata a questa attività spesso pericolosa. Cinque corna d’antilope in miniatura intagliate alla fine dell’estensione centrale legano il re non solo al potere della natura, ma anche all’arte di risanare che si trae da questi materiali. I chiodi conici di ferro che appaiono su tutte e tre le braccia del reggi-arco sono repliche minuscole dei martelli usati per martellare e dare forma al ferro. Sono sia un riferimento all’introduzione da parte di Mbidi Kiluwe, un principe straniero, della metallurgia nella società Luba, che alle sfide dei riti di investitura che un re Luba deve affrontare, come abbiamo già accennato più sopra, dato che l’eroe fondò la dinastia di re sacri Luba. Come il metallo, un nuovo re deve essere formato e rafforzato per afrontare i difficili compiti che dovrà adempiere come capo. Tali oggetti non erano mai esposti al pubblico, ma custoditi dentro la residenza del re e guardati da un dignitario femminile.

Scettri chiamati kibango, come quello al Metropolitan Museum of Art a New York erano posseduti e mostrati dai re Luba e altri aristocrastici come documenti della loro sovranità su territori specifici. Queste sculture ricordano lo scettro originale dato all’eroe culturale mitico Kalala Ilunga, primo della linea di regnanti Luba che fondarono il ricco e potente stato Luba in quello che è oggi la parte sudeorientale della Repubblica Democratica del Congo.
Nella società Luba, il corpo femminile era considerato il definitivo ricettacolo di potere spirituale e dei precetti della sovranità regale su cui si basano i governanti Luba. Quindi, rappresentazioni della forma femminile fanno parte di una ricca varietà di insegne regali. Questo scettro mostra una figura seduta all’apice e due facce scolpite in rilievo su entrambi i lati del pannello inferiore. La figura in cima allo scettro rappresenta lo spirito del re ospitato nel corpo femminile. Le sue braccia incrociate traggono l’attenzione sui seni, che contengono i principi della regalità divina, mentre la sua pelle squisitamente decorata e la pettinatura elaborata suggeriscono una raffinata cultura e status sociale elevato. Le due facce sotto la figura seduta si riferiscono agli spiriti tutelari gemelli della regalità Luba, Mpanga e Mbanze. Posti in opposte direzioni, essi evocano la qualità della circospezione e la capacità di comunicare tra il regno terreno e quello spirituale.

Gli scettri sono importanti documenti storici: letta da cima a fondo, la sequenza di fugure geometriche e figurative traccia il lignaggio del sovrano e spiega le origini del suo chiefdom. Lo scettro funziona come mappa scolpita che illustra l’introduzione della regalità sacra in quel territorio dalla capitale reale Luba. Il progenitore dinastico, evocato dalla figura più in alto, è mostrate mentre lascia la capitale (il pannello superiore), viaggia attraverso la savana disabitata (l’asta rotonda dello scettro) e infine fonda la propria corte (il pannello inferiore). Disegni geometrici incisi sui pannelli rappresentano elementi spiritualmente significativi nel paesaggio. Anche se la maggior parte dei Luba erano consapevoli del tipo di informazioni contenute in questi scettri, solo quelli con l’appropriato addestramento e autorità potevano in realtà leggerli e interpretarli.

Lo scettro del Metropolitan è avvolto da bande di rame, un metallo prezioso proveniente dal molto più a sud, dalle sorgenti dello Zambesi. Il metallo brunito non solo si aggiunge alla bellezza dell’oggetto, ma allude anche al dominio del commercio su lunga distanza del suo proprietario. Gli scettri avevano spesso la forma di pagaia, un altro riferimento all’importanza del commercio rivierasco per la prosperità Luba. I chiodi conici di ferro che appaiono su entrambi i lati della figura femminile seduta sul pannello superiore sono minuscole repliche dei martelli usati per battere e dare forma al ferro. Si riferiscono non solo a Kalala Ilunga e a suo padre Mbidi Kiluwe, cui si acrive l’introduzione della metallurgia presso i Luba, ma ricordano anche i prolungati e difficili riti di investitura a cui era sottoposto ciascun capo Luba. Attraverso questi procedimenti, i nuovi governanti erano considerati simili al ferro che deve essere formato e indurito per affrontare le difficili sfide che li aspettano. Questo pezzo è stato fabbricato intorno alla fine del XIX secolo-inizio del XX.

La maggior parte dell’arte Luba è legata a re e capi importanti, che definivano il loro potere tramite l’esposizione di oggetti di prestigio durante importanti cerimonie. I poggiatesta erano più personali e usati soprattutto per appoggiare il collo, preservando le elaborate acconciature tradizionali tra i Luba, che potevano richiedere fino a cinquanta ore di lavoro per essere terminate, e servendo come cuscino che dicono sia comodo nel clima tropicale per stare freschi. I motivi comprendevano figure, coppie di figure, una figura a cavallo ecc. L’utente era letteralmente e figurativamente sostenuto dalle figure scolpite, che simboleggiano anche la continuità del potere in una società matrilineare. Elaborate acconciature e disegni di scarificazione attestavano l’alto rango sia della figura scolpita che del possessore del poggiatesta. I poggiatesta erano oggetti cui i prorpietari erano fortemente attaccati emotivamente ed erano visti anche come sede dei sogni. I Luba considerano i sogni profetici, cioè predicono importanti eventi, forniscono avvertimenti e comunicano messaggi dall’altro mondo. Perciò è sensato che questi oggetti possano essere ornati con due sacerdotesse, che nella vita reale servono come intermediari e interlocutori con gli spiriti dell’aldilà.

Il poggiatesta esposto al Metropolitan Museum of Art di New York  fa parte di un gruppo di meno di venti opere attribuite a un singolo scultore, chiamato il Maestro della Pettinatura a Cascata per via dell’esuberante trattamento dell’arrangiamento a ventaglio dei capelli, uno stile tipico di questa regione nel XIX secolo. Qui, egli interpreta la forma umana come una serie di angoli acuti e linee snelle, creando colume inquadrando lo spazio con membra delicate e ventagli di capelli piuttosto che riempirlo con forme pesanti.

Prima di concludere questa parte, ricordo la splendida mostra che è stata organizzata dal Los Angeles County Museum of Art (LACMA, 5905 Wilshire Boulevard Los Angeles, CA 90036, Hammer Building, Level 3 ) “Shaping Power. Luba Masterworks from the Royal Museum for Central Africa”  dal 7 luglio 2013 al 5 gennaio 2014. Le curatrici sono Mary Nooter Roberts, consulente per l’Arte Africana del LACMA e Anne-Marie Bouttiaux, capo della divisione di Etnografia del Museo Reale per l’Africa Centrale, Tervuren, Belgio. Vale la pena di vedere il video in cui la Roberts spiega molte delle cose che ho detto facendo riferimento a pezzi esposti. Come dice un proverbio Luba, “Gli uomini sono capi di giorno, ma le donne sono capi di notte”. E il dr. Mutombo Nkulu-N’Sengha, professore di Studi Religosi all’Università di California, Northridge, e membro della famiglia reale, afferma in un video presso l’entrata della mostra: “Il ruolo del re è quello di proteggere il popolo, di assicurare la prosperità umana e di servire lo spirito. Al centro di questo è la vita, e le donne sono quelle che danno la vita. Il fondamento della regalità sono le donne.” (segue, bibliografia alla fine)


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