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BANG BANG ...tutta colpa di un gatto rosso - Cap . 11 e ultimo

Creato il 17 luglio 2010 da Francy

** ATTENZIONE: Questo è il capitolo conclusivo del nostro Rosa a puntate. Se non avete letto i capitoli precedenti, forse preferite farlo,prima di scoprire come va a finire la storia. Per leggere tutte le punate precedenti, CLICCATE QUI ( e scorrete in fondo, i capitoli sono riportati in ordine decrescente). **

BANG BANG ...tutta colpa di un gatto rosso - Cap . 11 e ultimo
BANG BANG

Tutta colpa di un gatto rosso
di
Nora M.

CAPITOLO UNDICESIMO

Le poche esperienze che ho avuto prima di Nick sembrano all’improvviso insipide come una minestrina senza sale.

Con Nick non è stata una minestrina, ma sesso da grande chef, almeno da tre stelle Michelin. Anche da quattro. Sesso da quattro stelle Michelin, quello con Nick, un’esperienza nello stesso tempo erotica e assoluta, che mi ha travolto e non ha risparmiato nessuna fibra del mio corpo e nessun angolo della mia anima. Mi domando come io abbia potuto fino ad oggi vivere senza. Sesso? No, amore. E’ amore nella sua fase iniziale, che mi stupisce e che mi fa sentire vulnerabile, che mi fa sorridere come un’ebete e dire sciocchezze che mi sembrano verità assolute. E’ amore nella sua fase iniziale, ma nello stesso tempo è amore nella sua espressione più matura e completa, serena e consapevole. O almeno mi sembra.

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Mi sento molto più fortunata che se avessi vinto al SuperEnalotto, perché questo strano, improvviso, travolgente amore mi sta offrendo molto più di una seconda possibilità, sta rigenerandomi, facendomi rinascere. E’ un amore al quale, dannazione, voglio rimanere attaccata. Non so se su Nick abbia lo stesso benefico effetto, non ho il coraggio di chiederglielo, ma qualcosa mi dice di sì.

Speranza.

Voglio rimanere attaccata a Nick. E in effetti gli rimango incollata perché, subito dopo, non siamo ancora sazi e non riusciamo a staccare le nostre labbra. Siamo ancora a letto e continuiamo a baciarci, coccolarci e a raccontarci le nostre vite. La mia sembra solo un ricordo lontano. Ridiamo tanto e facciamo progetti folli.

Le nostre vite ora hanno un dopo.

Nick si alza e io dal letto lo fisso senza ritegno mentre si riveste di malavoglia e ogni tanto si ferma a baciarmi. Lo bevo con gli occhi, cerco di imprimermi ogni sua singola immagine nella mente, come fosse una sequenza di un film. Non insisto

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perché si fermi. So che deve andare a casa da sua figlia e poi al lavoro.

“Ci vediamo stasera verso le nove da me? Portati lo spazzolino,” mi dice chinandosi per darmi un ultimo bacio.

Verso le nove? Non posso! Il professore incombe. Me ne ero dimenticata.

“Nick, ho un impegno, ma per mezzanotte sarò di ritorno. Aspettami sveglio, va bene?”

“Un impegno con un …uomo?”

“Un uomo e una donna, per la verità. Mi spiace.”

“A mezzanotte, allora. Buona giornata amore mio.”

Amore mio?

Queste due bellissime parole mi accarezzano il corpo e l’anima e vorrei corrergli dietro per baciarlo un’ultima volta, ma sono così sorpresa e felice e impaurita che rimango a letto e caccio la testa sotto le coperte perché voglio conservare quella sensazione bellissima. Non riesco a crederci che lui mi abbia chiam

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ata amore mio. Sono l’amore suo. Mi addormento come se fossi in paradiso, in un letto che mai mi è sembrato tanto vuoto.

Mi risveglio dopo circa un’ora col sorriso sulle labbra, ma con la sgradevole sensazione che non sia stata una grande idea dare appuntamento al professore alla locanda, alle 10 di sera. Di questa sera.

Mi chiedo perché io l’abbia fatto, se non per farlo sentire come uno stupido. Non che sia una grande vendetta, ma è pur qualcosa.

Così, pensando a Nick, mi preparo ad incontrare un’ultima volta il Professore: Tommy, vanesio gran culo Ghislandi.

Telefono a Camilla.

“Ti ricordi il nostro impegno di stasera, vero?”

“Puoi giurarci.”

La sera arriva presto, troppo presto. Vedo Nick rientrare alle nove e non resisto alla tentazione di fargli un’improvvisata, piccola piccola, scordandomi di essermi vestita da combattimento per la seratina con il prof. Mi apre la porta la tata Carla.
“Ciao cara, Nick non mi ha detto che venivi a cena…”
“Difatti…sono passata solo per un saluto.”

Lui è in salotto, seduto per terra sul tappeto di fianco a Viola. Gli brillano gli occhi mentre la guarda, poi si accorge di me e mi illudo gli brillino gli occhi anche per me. Fa per alzarsi, ma io lo fermo e mi inchino sul tappeto insieme a loro. Viola batte le mani, Nick si sporge verso di me e mi accarezza le labbra con le sue. Poi inspira profondamente.

“Dio, che buon profumo hai, Nora.”

Ogni suo complimento è per me fonte di gioia immensa.

“Grazie Nick, sai già riconoscerlo?”

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“Bendato potrei riconoscerti tra mille donne, Nora, solo dal tuo profumo, e anche dal tuo odore.” Poi si avvicina e mi sussurra qualcosa di molto intimo, non adatto alle orecchie né della piccola né della Tata Carla. Le sue parole mi solleticano la fantasia. Rido felice e gli chiedo di aver pazienza fino a mezzanotte.

Lui mi guarda perplesso.

“Perché? Non ti fermi? Credevo avessi cambiato i tuoi piani, che rimanessi qua con noi.”

Sono pronta per quel noi?
“No, devo andare – dico sorniona - comunque ti affido questo.” E nel dire ciò estraggo come un coniglio dal cilindro il mio spazzolino dalla borsetta.

Mi alzo in piedi e lui, rimanendo seduto per terra, mi apre leggermente il soprabito. I suoi occhi salgono dalle decolletées con tacco altro alle calze di rete nera, poi raggiungono il bordo della gonna, piuttosto corta e aderente. Commenta con un fischio e poi dice: “E te ne vai in giro vestita così senza di me?”

Sta scherzando o gli secca veramente?

“Non mi dire che sei il tipico maschio latino, geloso e possessivo,” faccio, cercando di tenere il livello della conversazione sullo scherzoso.

“Molto più di geloso e possessivo. Sono preoccupato. Con chi esci, si può sapere o è un segreto?” Mi sorride, ma è serio.

Si alza. Mi è di fronte, a non più di dieci centimetri. Sento il suo profumo, il calore della

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sua pelle e chiudo gli occhi, emettendo un piccolo gemito gutturale. Gli butto le braccia intorno al collo e lo bacio sulla bocca. La bambina ridacchia.

“Non si può sapere, ma non è segreto. E’ qualcosa che devo fare, per chiudere con un passato che si è riaperto inaspettatamente e che voglio seppellire per sempre. Mi credi?”

Lui mi bacia, e vorrei rimanere così, stretta tra le sue braccia, per sempre. Vorrei mandare al diavolo il professore, Camilla, la locanda e fermarmi con Nick e sua figlia, a giocare su quel tappeto.

“Torna presto,” mi sussurra.

Lo bacio di nuovo, faccio ciao ciao a Viola e me ne vado infelice.

Prendo un taxi che mi lascia alla locanda. Nel breve tragitto, non più di dieci minuti, mi chiedo ancora una volta se tutto ciò valga veramente la pena, se una piccola vendetta possa ripagarmi delle lacrime versate e del senso di devastante abbandono che mi aveva divorata quando lui si era semplicemente dimenticato di me. Che possa ripagarmi della delusione di essere stata tradita da una persona cui avevo donato tutto.

Arrivo alla locanda e dico al portiere di essere attesa. Quello non fa una piega –deve essere abituato alle amichette del prof -, ma mi trapassa con un’occhiata che mi fa sentire una prostituta. Perché no? Gli lancio il mio sguardo più ammiccante e salgo le scale.

Sulla porta c’è il numero dieci. Busso e abbasso la maniglia. Entro. Mi guardo intorno e anche se l’arredamento è cambiato ed è molto più curato ed elegante di un tempo, mi ritrovo catapultata nel passato, tra le braccia di Tommy che era bravissimo a dare lezioni anche in camera da letto. Il ricordo, lo ammetto, non mi lascia indifferente e mi regala qualche brivido, bollente e non voluto.

“Nora…”

Tredici anni dopo il professore è ancora in questa stanza al mio fianco. Si è avvicinato senza che io me ne sia accorta, con due lunghe, silenziose falcate. Devo ammetterlo, è affascinante, emana sicurezza, potere e testosterone, un cocktail letale, capace di mandare fuori di testa qualsiasi studentessa. Ma io non sono più una studentessa. Sono una donna incazzata.

“Nora,” ripete, prendendomi la mano destra e portandosela alle labbra, come un lord inglese. Poi mi aiuta a togliermi il soprabito e fa scivolare i suoi occhi su di me. E’ una delle massime autorità in questo campo. Non so come ci riesca, ma senza dire una parola, con il solo millimetrico, rapace movimento delle palpebre, è capace di farti sentire una regina. Di evocare nella tua mente ogni genere di pericolosa, attraente lusinga. Tiene ancora la mia mano fra le sue e con un colpo da maestro - oh sì, è veramente abile - riesce ad attirarmi a lui. Mi abbraccia.

“Nora…”
E tre.

“Cos’è, ti si è ridotto di colpo il vocabolario?” - chiedo, acida. “Da quando sono arrivata non hai fatto che ripetere Nora.”

Lui sembra perplesso, ma ci sa fare e quindi mi risponde: “Veramente continuo a ripetere il tuo nome anche quando non ci sei. Nora, Nora, Nora.”

“Forse un principio di Alzheimer?” Chiedo liberandomi di lui.
E’ indeciso. Si guarda intorno in cerca di un modo elegante per uscire da una situazione che non aveva previsto. Lui, che non lascia mai niente al caso!

Lo precedo ancora e lo stupisco.
Comincio a spogliarmi.

Tommy prof bel culo vacilla, ha un momento di insicurezza, perché non è lui a guidare il gioco. Si sta chiedendo se non interromperlo subito, quel gioco, per riprenderlo poi a modo suo. Ma gli occhi gli brillano, non sanno dire di no, e ritrovano l’arroganza di sempre.

Ti ho fregato, prof!

Allunga un braccio per accarezzarmi, ma io mi scosto e continuo a spogliarmi lentamente. La camicetta è ormai aperta.

“Tommy, non sono più una ragazzina…”

“Sei una donna molto bella, e sexy…”

“…voglio giocare come piace a me.”

Un grande punto di domanda gli si disegna sul volto.
Mi sfilo la camicetta e lui ha un altro attimo di smarrimento che mi riempie di orgoglio. Sbava pure, penso.

“Voglio che ti spogli anche tu, lentamente, davanti a me,” gli ordino.

“Io?”

“Non sei mai stato timido, mi sembra, ti ho già visto nudo, e più di una volta se non ricordo male. Togliti tutto.”

Mi slaccio la gonna e la faccio scivolare per terra. Pianificando le mie mosse, temevo fortemente che sarebbe rimasta incastrata sui fianchi, che avrei dovuto agitarmi come un’ossessa per farmela scivolare giù, e invece, no. La gonna va giù che è una bellezza. Rimango in mutandine e reggiseno, calze autoreggenti e tacchi alti. La perfetta femmina dominatrice, insomma. Sto per scoppiare a ridergli in faccia, ma mi trattengo a forza. Io femmina dominatrice? Tigre? Leonessa? Criceto, al massimo.

“Allora?” - faccio.
Lui si leva la camicia. Io gli giro intorno e lo accarezzo leggera, sulla schiena, sulle spalle, tra le gambe. Rabbrividisce come se gli avessi dato una bella scossa. Geme, anche.
E io mi diverto.
”Ora i pantaloni, Tommy…” Ubbidisce.

Poi gli do una mano a sfilarsi i boxer firmati –il culo bello ce l’ha ancora, se siete curiose di saperlo- e lo lascio in calzini. Una mise che farebbe apparire anche Brad Pitt come l’ultimo degli sfigati. Lui cerca di toccarmi.

Mi sottraggo. “No Tommy, a modo mio.”

Se è possibile, a queste parole si eccita ancora di più e si abbandona al mio volere senza protestare, senza chiedere, senza temere che sia tutto uno scherzo.
“Farò quello che vuoi,” mi sussurra.
“Sdraiati sul letto.”

Ancora più mansueto ed obbediente, si sdraia sul letto. Ormai è entrato nel ruolo. La sua erezione – che mi sforzo di non guardare – appare davvero grottesca. Prendo dalla mia borsa dei nastri e senza dir nulla comincio a legargli il polso destro alla testata del letto.

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“Cosa vuoi farmi? Vuoi giocare pesante?” - chiede affannato, fiducioso che tutta questa messa in scena porterà a qualcosa di molto, ma molto più eccitante di quanto non avesse sperato.

“Shhhh,” gli rispondo prendendogli l’altra mano che nel frattempo aveva cominciato a spingersi dove non doveva. La assicuro alla spalliera del letto.

Poi passo alle caviglie. Gliele lego. Poi mi infilo un paio di guanti di lattice.

A quella vista tipo CSI lui si agita un poco.

“Che cosa hai intenzione di fare?”
“Hai letto o visto al cinema Misery non deve morire?

Lui sbianca.

Passo una mano tra le sue gambe e arrivo quasi alle sue parti intime. Lo vedo trasalire. Ma non di eccitazione, di paura.

“Cosa hai intenzione di fare, Nora?” –ripete.

“Divertirmi.”

“E’ quello che pensavo avremmo fatto, ma insieme.”

“Tu non ti divertirai. Voglio farti delle domande. E se non risponderai…” Guardo in modo molto minaccioso la sua mascolinità, ormai non più spavalda, ma alquanto meschina. Raccolgo gonna e camicia e le indosso. Lui mi guarda perplesso.

“Che fai, te ne vai?”

Non gli rispondo, ma chiedo:

“Sai per quanto tempo sono rimasta ad aspettarti in quel maledetto albergo delle Cinque Terre?”

“Sei ancora arrabbiata per quella vecchia storia?”

“Dimmi perché non sei venuto.”

“Te l’ho già spiegato.”

“Balle. Non raccontarmene altre. Il fatto che tu non mi meritassi non c’entrava niente. Ne avevi trovata un’altra, probabilmente, che in quel momento ti eccitava più di me.”

“Non è vero.” Ma è chiaro che mente.

“Giochi ancora con i sentimenti delle ragazzine, bastardo figlio di puttana?”
Lui si mette a ridere e scuote la testa.

“Non ho mai giocato con i sentimenti di nessuno, men che meno con i tuoi. Perché ti sei rivestita?”

“Perché me ne vado.”

“Come? E mi lasci qui, così?”

“Sì, ti lascio qui. Strilla pure a squarciagola, se vuoi, ma non ci farai una grande figura. Legato nudo al letto, abbandonato senza neppure essere stato sedotto. Ti conviene aspettare qui tranquillo. Manderò qualcuno a liberarti, se farai il bravo bambino e se prometti di non venirmi mai più fra i piedi.”
“Quando?”

“Quando mi andrà. Ora, caro professore, il mio addio è per sempre. Mi hai fatto molto male quando ero molto vulnerabile. Ma sai una cosa? Non me ne importa più niente! Non mi importa neppure di sapere perché mi hai lasciata allora e perché hai insistito per rivedermi ora.”

“Nora, aspetta! Sai che non posso rimanere legato, non lo sopporto. E’ una fobia. Mi sento soffocare.”

“Lo so bene, che non ti piace, ne hai anche parlato in uno dei tuoi libri del cazzo. A proposito, lo sai che i tuoi libri mi fanno veramente schifo? Sono solo pornografia travestita, squallida e sudicia.”

Lui alza gli occhi al cielo, poi mi guarda come fossi stupida.
“Aspetta, Nora, parliamo…”

“No, io non aspetterò. Sarai tu ad aspettare, e non poco. Fatti un pisolino. Buonanotte, professore.”

Lui si agita, cerca di strappare i nastri, di disfare i nodi. Nodi da marinaio, che non cedono.
Raccolgo i suoi vestiti, li metto in un sacco di plastica e me li porto via.

“I miei vestiti, lasciali.”

“Li riavrai, a tempo debito.”

“Liberami, non sopporto di rimanere legato,” strilla.

“Prendila come una terapia. Ti sarà utile ripensare al passato per vivere un futuro migliore.”

Metto il cartello Non disturbare fuori dalla porta e me ne vado.

Mi raggiunge un “Nora!” disperato mentre sono già sulle scale. Al diavolo, ecco dove te ne puoi andare!

Il portiere è sempre lì. Mi avvicino e gli allungo 50 euro e il sacco con i vestiti. “Il professore,” gli faccio come se fossi la regina delle professioniste, “aspetta una mia collega fra…un paio d’ore e nel frattempo vuole essere lasciato in pace. Si sta preparando a…giocare con lei entrando nella parte. Ci siamo capiti vero?”

Lui sorride, si intasca i cinquanta euro e ammicca.

Ammicco anch’io e gli dico: “Questo sacco lo dia alla mia collega. In quanto a noi, magari la prossima volta, bello!”

E scappo in strada ridendo. Magari la prossima volta bello! Da dove mi è uscita? Digito un sms per chiamare un taxi. Mi sento libera e felice.

Arrivo da Nick un po’ prima di mezzanotte. Mi apre la porta, ha i capelli arruffati e una faccia da sonno.

“Ti sei addormentato insieme a Viola?”

Lui si mette a ridere. “Come un ghiro.”

Entro in casa e lui mi abbraccia. Mi abbraccia e basta, stringendomi come se volesse assicurarsi che io sia veramente lì con lui, come se avesse bisogno di me. Non ci credo ancora che Nick mi sia capitato, che in pochi giorni la mia vita sia ricominciata come in una favola. Lo so, non sarà sempre facile come appare ora. Giorni più bui arriveranno e con loro l’ insicurezza, l’ansia, il timore di sbagliare. Ma non mi importa. Saprò lottare, forse per la prima volta in vita mia.

“Nick, ti amo.”

La frase, così concisa e importante, mi scivola via senza che io possa farci nulla. Mi esce dal cuore, non dalla bocca. E infatti il mio cuore batte come un dannato. Nick mi abbraccia, mi prende per mano e mi porta di sopra, in c

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amera sua. E chiude la porta dietro di noi. Appena ci sfioriamo il nostro desiderio esplode.

Facciamo l’amore con un’intensità che mi spaventa. Poi abbracciati scivoliamo nel sonno. Verso le tre mi sveglio di soprassalto e senza volerlo sveglio anche lui.

“Cosa c’è, Nora?”

Già, me ne ero quasi scordata.
“Niente di importante, Nick, un pensiero improvviso.”

Mi accoccolo contro il suo corpo che sembra un rifugio sicuro. Lo accarezzo mentre lui sprofonda di nuovo in un sonno pesante.

Il mio pensiero improvviso non se n’è andato. E’ ancora lì, dentro di me. Mi viene da ridere : chissà come è finita tra Camilla e il professore?
Spero bene. Se conosco Camilla prima di liberarlo deve averlo tormentato per bene. Tirato scemo. Eccitato come un mandrillo in calore. Poi …Sono fatti loro. Non voglio sapere (tanto Camilla prima o poi mi spiffererà tutto!). Non mi interessa.

Guardo Nick dormire e sorrido. Forse sto solo sognando. No, Nick è vero, io sono vera. Noi siamo veri. In ogni caso, sarebbe stato il più bel sogno della mia vita.

 

FINE

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Il romanzo si può anche leggere sul blog dell'autrice a questo link: http://chickorchic.blogspot.com/
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