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Barbagia, una categoria dello spirito

Creato il 05 gennaio 2012 da Zfrantziscu

Barbagia, una categoria dello spirito

Tempio del nuraghe di Sirilò


Un articolo di Maria Ausilia Fadda su “Archeologia viva” ha solleticato la curiosità di un giornalista della Adnkronos e, a catena, quella di frequentatori di Facebook. La soprintendente – secondo l'agenzia di stampa – ha sfatato il “mito” della impenetrabilità della Barbagia alle armate romane. Alcuni dei commentatori su Facebook, come si può leggere da qui, si sono inquietati, a buona ragione dicendo che la dottoressa Fadda, scoperta l'acqua calda la fa passare per acqua pesante.Non ho ancora letto le dieci pagine faddiane su “Archeologia viva”, ma dal riassunto – debbo supporre fedele – della Adnkronos, si ricava che l'irritazione degli amici di Fb è più che fondata. È un testo di poche righe, che già dal titolo fa capire dove va a parare: “Archeologia: i Romani arrivarono in Barbagia, scavi riscrivono storia della Sardegna”.Vi si dice che “i Romani riuscirono a penetrare nel cuore della Barbagia, piu' precisamente nell'insospettabile Supramonte di Orgosolo, dove nuove scoperte costringono a riscrivere un importante pezzo di storia. In localita' Sirilo', un immenso altopiano calcareo a oltre mille metri di altitudine, ore di cammino a piedi ancora oggi per raggiungere il centro di Orgosolo...”. Sirilò non ha niente a che spartire col Supramonte e per arrivarci dal paese non ci vogliono affatto ore di cammino. Al più ci vorrebbe un'ora. Maria Ausilia Fadda conosce benissimo il sito nuragico di Sirilò, visto che l'ha scavato negli anni scorsi.Resisto alla maligna tentazione di dubitare che sia lei a parlare di Supramonte e di ore di cammino pur di rafforzare la tesi secondo la quale non ci furono enclave di resistenza neppure nelle cime del Gennargentu. Che i romani avessero una mansio a Sorabile, un chilometro circa da Fonni e che frequentassero l'emporio di Santo Efisio vicino ad Orune è cosa nota. Ed è anche noto che alcuni colleghi della signora Fadda hanno investito e investono intelligenza e risorse non tanto per studiare quel lontano passato quanto per “sfatare il mito della impenetrabilità della Barbagia”. C'è, in questo sforzo, una sorta di revanscismo speculare a quello di sardi che favoleggiano di villaggi inespugnabili come quelli dei galli Asterix e Obelix. In ciò credendo alle cose che dei barbaricini hanno scritto archeologi del passato e studiosi come M. L. Wagner. Operazione idologica quest'ultima, operazione ideologica quella dei “distruttori di miti”.La faccenda, spogliata di opposti revanscismi, è tutto sommato molto semplice: la Barbagia – a dire dei romani – fu la terra non romanizzata e nel momento stesso in cui fu romanizzata smise di essere Barbagia. O no? Ricordo di aver sentito alla radio italiana, moltissimi anni fa, quando la Sardegna era in preda a una catena di sequestri di persona, un cronista dire “qui a Bonorva, nel cuore della Barbagia”. Una idiozia, va da sé. Ma da il senso di come per alcuni la Barbagia sia una categoria dello spirito e non una zona, per di più non ben definita.

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