Come si vede bene qui il fatto che il M5S sia stato votato e che semmai occorre agire sulle ragioni per cui questo è avvenuto, sulla politica dunque, è del tutto accessorio, come immerso in una sorta di visione oligarchica, paternalistica dove pochi comandano e danno la linea. Ma chissà che all’età di Scalfari non siano più vividi i ricordi del passato, quelli in cui il figlio del direttore artistico del Casinò di Sanremo era caporedattore di Roma Fascista organo di quel Guf a cui era iscritto anche Napolitano. Anno 1942.
In questa querelle c’è grande confusione, ma anche molta parte di storia italiana, del suo immobilismo sociale, dei figli d’arte che sono straordinari a prescindere dalla sostanza, dello spirito di clan che si perpetua, del valore familistico che si riverbera anche sulle antiche amicizie, vere o presunte, dell’opportunismo trasformista. In poche righe ecco squadernata la differenza tra la borghesia europea e quella italiana che spesso riesce a far fruttare fruttare la mediocrità “di ogni risma”. Il beccarsi di due personaggi che forse sarebbero leggeri come lucciole se non fossero così protervamente pieni di sé, non è importante dal punto di vista di chi ha ragione o torto, ma come spia delle radici arcaiche della nostra società e, purtroppo, della sua difficile se non ostile convivenza con lo spirito e le pratiche della democrazia.