Rebranding della Barbie, uno status symbol
Dal 1959 ad oggi, Barbie è stata la bambola più venduta al mondo
Nell’infanzia di moltissime bambine ormai ragazze, ormai adulte o ormai a loro volta mamme e nonne, c’è almeno un ricordo di Barbie. La bambola più famosa del mondo ha conquistato fin da subito i cuori delle bambine di vari paesi, età e nazionalità, fino a diventare quasi uno status symbol.
L’azienda statunitense Mattel Inc. pubblicizza e vende la Barbie, sua punta di diamante, dal lontano 1959. Nel corso degli anni si sono succeduti moltissimi modelli di questa bambola: Barbie ballerina, Barbie magia del Natale, anche le Barbie di differente nazionalità. Varie aziende hanno tentato, la maggior parte dei casi senza successo, di emulare il prodotto Barbie. I tratti distintivi erano simili: una forte impronta fashion, capelli lunghi e lucenti, un volto e un fisico perfetto e con vestiti intercambiabili. Ma la Barbie è sempre la Barbie, ha una marcia in più, un certo non so che che la distingue e la rende unica in un insieme di prodotti simili.
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Barbie come cattivo esempio di estetica
Sulla Barbie, però, ci sono state anche tante controversie. Siamo in un’epoca in cui la perfezione fisica sembra essere il Santo Graal da ricercare con indefessa fatica e pazienza, ma per cui poi l’altro lato della medaglia, meno scintillante e assai più preoccupante, è la fissazione che diviene cura maniacale o, in extremis, malattie del cibo – come l’anoressia, o la bulimia. In un periodo così, niente è più facile che incolpare della debolezza psicologica di alcune persone i modelli sociali sbagliati: attrici, modelle, ma anche la Barbie, rea di avere fattezza decisamente sproporzionate ed impossibili se applicate ad un corpo umano. Il peso sarebbe troppo basso, la lunghezza degli arti comparati alla loro grandezza non permetterebbe di reggersi in piedi; in più il viso è assurdamente perfetto, in tutti i suoi tratti. Tutto ciò porterebbe – ma purtroppo ha portato, il che è estremamente grave – a ragazzine che per imitare i canoni estetici di Barbie ricorrono a diete da fame o alla chirurgia estetica selvaggia, illudendosi così di raggiungere la perfezione e, probabilmente, la felicità, o perlomeno il consenso sociale.
Nuova pubblicità per Barbie, e per una nuova ideologia
Per dimostrare come, al contrario, Barbie non sia un giocattolo che insegna alle bambine che la donna è, o dovrebbe essere, solamente un corpo perfetto e vestito alla moda scarrozzato su una decappottabile da un uomo – Ken, nel caso specifico, Barbie non ci sta, divorzia da Ken e si dà al lavoro.
L’ultima pubblicità ideata dalla Mattel Inc è davvero meravigliosa.
Le protagoniste sono delle bambine, impegnate a impersonificare il mestiere che sognano di fare da grandi. C’è la professoressa di scienze, la veterinaria, c’è la business woman in carriera, addirittura c’è l’allenatrice di calcio. Tra gli sguardi attoniti del pubblico adulto, che si trova a che fare con bambine determinate e intraprendenti, le piccole attrici mimano donne forti e sicure di sé, che non importa tanto che lavoro facciano, quanto più il fatto che è un lavoro fatto per passione personale, frutto di una scelta. Un modello di donna insomma diametralmente opposto a quello assegnato tradizionalmente alla Barbie, un modello di donna consapevole, matura, sicura di se stessa e delle proprie capacità.
Non a caso si parla, infatti, di rebranding della Mattel e della Barbie. C’è una scelta di rinnovarsi, di cambiare il prodotto per renderlo un messaggio positivo in accordo con i tempi. La pubblicità è concentrata tutta sulle bambine, poco sul giocattolo in sé, che appare solo in chiusura, accompagnato dal messaggio “Le bambole Barbie sono strumenti che le bambine possono usare per immaginarsi come vorrebbero diventare da grandi”.
In mezzo a tablet, videogiochi, in mezzo alla realtà virtuale che ormai ci caratterizza e che insieme a tanti effetti positivi ha portato anche qualche conseguenza negativa, i giocattoli sono ciò che possono aiutare i bambini a ritrovare la loro dimensione. Senza ombra di dubbio i bambini giocano di meno. Giocano meno all’aria aperta e ai giochi tradizionali, o comunque sono facili a stufarsi. Sono figli della tecnologia, sanno usarla meglio di molti adulti ed è come se in qualche modo nascessero avendo già le competenze per usare un tablet o uno smartphone nel DNA.
I giocattoli, tra cui le Barbie, possono essere un modo per fare staccare i bambini da questa realtà per riportarli nel presente. Giocando con le Barbie, sembra voler comunicare la pubblicità Mattel, le bambine possono scoprire l’importanza dei sogni, e possono provare ad essere molte persone diverse fino a trovare la propria identità. Si può sbagliare, si puà cambiare idea, si può decidere di tagliare i capelli alla bambola o cambiarle il vestito o cambiarle mestiere. Si può ritrovare una dimensione più reale e a misura di bambino, grazie ai giocattoli tradizionali, anche grazie al rinnovamento ideologico e culturale degli stessi.
Si può cogliere la sfida di crescere delle bambine consapevoli del ruolo della donna e della capacità e la possibilità di essere sia belle che competenti, perchè non necessariamente una qualità elimina o svilisce l’altra. Si può essere donne in carriera, madri di famiglia e appassionate di Valentino e Sex and the City, senza doversi trovare in contraddizione o sentirsi incoerenti. D’altronde fa parte della parità dei sessi: quanto è facile incontrare manager o amministratori delegati uomini che la sera o nel weekend stanno in mutande sul divano a guardare le partite di calcio? Certamente è complesso educare le bambine a un pensiero di questo tipo, ma solo l’educazione dei bambini alla parità e all’uguaglianza può portare ad adulti consapevoli e sicuri di sé.
Il video della pubblicità si può trovare qui.
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