Barbie – The Icon è un’esposizione intelligente che legge la storia e la società degli ultimi decenni attraverso gli occhi di una delle sue icone
![Barbie: il mondo attraverso gli occhi di un’icona Barbie](http://m2.paperblog.com/i/312/3129072/barbie-il-mondo-attraverso-gli-occhi-di-unico-L-TUzFBS.jpeg)
Photo credit: RomitaGirl67 via Foter.com / CC BY
Di fronte alla publicità fucsia acceso che campeggia sulla fiancata degli autobus, è facile essere tratti in inganno. Una mostra su Barbie, la bambola che quasi ogni bambina del mondo occidentale ha, ha avuto o avrà, sembra una sciocchezza, una scusa accampata da qualche collezionista egocentrico per tirare fuori dalla cantina esemplari ed esemplari di un banale pezzo di plastica fatto in serie.
Eppure Barbie – The icon, in mostra fino al 13 marzo 2016 al MUDEC di Milano, stupisce per intelligenza e originalità. Attraverso il volto sorridente di Barbie viene esplorata la storia degli ultimi decenni dal punto di vista del costume, della cultura, del ruolo delle donne nella società. Ad essere ribaltata è l’idea che una bambola sia semplicemente una bambola; al contrario, quando tale bambola diventa un simbolo, un’icona, essa acquisisce un valore più profondo, diventa testimone dei cambiamenti affrontati dalla società nel corso degli anni, rappresentandone idee, gusti e opinioni.
La mostra, incredibilmente curata e attenta ai dettagli, si articola in cinque sezioni che analizzano ognuna un aspetto particolare della vita di questa icona. Barbie potrebbe essere messsa in connessione con molti aspetti della società degli ultimi decenni e la mostra fornisce i giusti spunti per farlo. Abbiamo deciso di concentrarci su tre di essi: la moda, l’occupazione femminile e l’arte.
Barbie e la moda
Sin dai suoi primi anni, Barbie riflette nei propri abiti i gusti, le mode e le scelte del pubblico. Per capire il legame del mondo di Barbie con la moda, basti pensare che il trucco del viso del suo primo modello è stato ispirato da una fotografia di Erwin Blumenfeld pubblicata sulla copertina di Vogue nel 1950. Negli anni successivi, Barbie segue ed interpreta le mode correnti; in alcuni casi, i suoi vestiti sono disegnati da stilisti quali Oscar de la Renta o Calvin Klein. Nel 1962, l’outfit Red Flare and pillbox della Bubblecut Barbie si ispira direttamente all’abito di Jackie Kennedy, moglie di J.F. Kennedy. Pochi anni dopo, nel 1966, il debutto nell’alta moda di Paco Rabanne equivale ad una vera e propria rivoluzione: per la prima volta le modelle indossano tessuti brillanti, plastici e metallici, totalmente diversi da tutto ciò che si era visto fino a quel momento. Due anni dopo, Barbie segue questa rivoluzione con lo Space-age model: Zokko!#1820. Nel 1982, Barbie e Ken vestono i jeans per la prima volta, in ritardo rispetto all’ondata di divi che li hanno indossati negli anni precedenti. Nel 1985, per la prima volta Barbie è vestita da uno stilista celebre, Oscar de la Renta. La collezione sarà seguita negli anni da altri outfit firmati: nel solo 1996, a firmare i vestiti della ormai celebre bionda sono Calvin Klein, Ralph Lauren ed Escada, con un elegantissimo modello nero e rosa pallido. Praticamente ogni casa di moda, da Vera Wang (con un abito da matrimonio) al british Burberry, ad un certo punto ha vestito i 29,2 centimetri di altezza di Barbie. Nel 2014, invece, la situazione si capovolge. Non è Barbie ad ispirarsi alle modelle in carne ed ossa, ma sono le modelle ad ispirarsi a Barbie: Moschino propone una collezione ispirata alla bambola e la presenta durante la settimana della moda di Milano.
Barbie e l’occupazione femminile
Nel 1955, solo il 39,1% delle donne statunitensi tra i 35 e i 44 anni lavorava. Nel 1998, la percentuale raggiungeva il 77,1%. Questo dato la dice lunga sull’importanza della seconda metà del Novecento nel processo di emancipazione femminile, anche dal punto di vista lavorativo. In quest’ottica, seguire le varie esperienze di Barbie equivale in parte a seguire un percorso che ha portato le porte di vari settori lavorativi ad aprirsi anche per le donne. Sono più di 150 le carriere intraprese da Barbie dal 1959 in poi. Se i primi modelli la rappresentano come modella e come fashion editor, carriere più tradizionalmente accostate alle donne, già nel 1965 Barbie si cimenta come astronauta, ispirandosi alla russa Valentina Tereshkova, che due anni prima era stata la prima donna a viaggiare nello spazio, come pilota del Vostok 6. Nello stesso anno vengono introdotti dalla Mattel vari completi da lavoro, segno della sempre maggiore aspirazione femminile ad una carriera lavorativa. Ma è negli ultimi due decenni del Novecento che Barbie si cimenta nei settori più tradizionalmente maschili. Nel 1989 diventa medico dell’esercito, indossando una divisa approvata dal Pentagono. Tre anni dopo, nel 1992, è il momento di entrare nell’arena politica: Barbie si candida alla presidenza degli Stati Uniti. Ad ispirarla è l’esponente dei democratici Geraldine Ferraro, che nel 1984 era stata la prima donna a candidarsi alla vicepresidenza USA. Il suo tentativo era fallito, poiché il presidente uscente Ronald Reagan era stato riconfermato per un secondo mandato, ma la popolarità della candidata era stata enorme. Nel 1998, Barbie concorre come pilota NASCAR. Solo dieci anni dopo, nel 2008, Danica Patrick vincerà la Indy Japan 300, diventando la prima (e per ora unica) donna a vincere una corsa dell’IndyCar Series.
Barbie e l’arte
Se le connessioni tra Barbie e il mondo del fashion design sono palesi, il rapporto con le altre forme d’arte, dalla pittura alla musica, è più nascosto e spesso ristretto a modelli particolari. Tra gli esemplari più vecchi, spicca The souper dress, l’abito creato da Andy Warhol nel 1962, il cui motivo rappresenta le lattine di Campbell’s soup da lui ritratte. Nel 1971, il riverbero di Woodstock si fa ancora sentire e l’influenza della cultura hippie tocca anche il mondo di Barbie: viene coniato un nuovo modello chiamato live action, con lunghi capelli lisci, pantaloni a zampa, frange e colori vivaci. Sei anni dopo, ha luogo un fondamentale cambiamento di espressione di Barbie: il viso della bambola diventa quello che le generazioni più giovani conoscono e amano, decisamente diverso da quello dei primi modelli. Per questa mutazione, ci si ispira al volto di Farrah Fawcett, star della serie Charlie’s Angels. Negli anni Ottanta, invece, Barbie fa una nuova incursione nel mondo della musica, con la serie Barbie & The Rockers, che la ritrae come parte di una band tipica di quel decennio: tra glitter e colori sgargianti, difficile non farsi venire in mente i nomi dei gruppi di maggiore successo dell’epoca. Nel 1998, Barbie entra nel mondo della pittura: viene prodotta un’edizione limitata in cui gli abiti della bambola sono ispirati ai quadri più iconici di Van Gogh, Monet e Renoir.
Sarebbe falso ritrarre Barbie esclusivamente come ispirazione per una donna emancipata che può scegliere e può avere il controllo della propria vita. Le polemiche sulla bambola sono molte, soprattutto per quanto riguarda il suo aspetto fisico e le aspettative impossibili che crea nelle future generazioni. Impossibile negare la magrezza irreale del suo corpo, così come è impossibile non notare il progressivo assottigliamento delle sue gambe nel corso dei decenni. Ciò che però la mostra ospitata al MUDEC mette nero su bianco, è come anche un oggetto all’apparenza banale come una bambola possa rappresentare i cambiamenti decisivi di una società attraverso il tempo. Ciò che si ha ben chiaro in mente, una volta tornati a respirare l’aria fresca e inquinata di questo inverno milanese, è come per capire davvero un’epoca e le sue rivoluzioni l’attenzione debba posarsi anche sui dettagli all’apparenza più insignificanti. Anche sulle bambole.
Barbie – The Icon
Mudec – Museo delle Culture, via Tortona 56, Milano
Orari
lunedì 14.30-19.30
martedì / mercoledì / venerdì / domenica 09.30-19.30
giovedì e sabato 9.30-22.30
Visitatori individuali
10,00 € intero
8,00 € ridotto
6,00 € ridotto speciale