Barbierismi, ovvero Il miracolo italiano

Creato il 19 novembre 2011 da Sogniebisogni



Da qualche giorno, senza Berlusconi, qui in Italia il livello del sarcasmo possibile è calato pericolosamente ai limiti di guardia ed è come svegliarsi dopo una sbronza di assenzio ritrovandosi nudi nel letto con Goldman Sachs che vi sogghigna enigmatico. La gente più lungimirante di me leva i soldi dalla banca e compra scatolette di tonno come investimento a lunga scadenza. Mi accorgo di essere in crisi: niente di meglio dunque che una gita dal barbiere per riprendere contatto con la propria identità: si è costretti a guardarsi nello specchio e ad ascoltare pigramente il turpe borborigmo del paese reale.

I barbieri probabilmente vivono in una dimensione a parte dalla nostra, una sacca atemporale fatta di calendari patinati, giornali sgualciti, poster di squadre che hanno vinto il campionato chi sa quando, TV accese ad alto volume ed enormi specchi (giusto per sottolineare l’alterità della loro condizione). I miei barbieri storici di Roma sono cognati e come invariabilmente succede nel mondo barbieristico sono inclini commentare il fatto del giorno, sportivo, teologico, politico ponendosi ai due estremi esatti degli schieramenti ideologici.

Uno è sfegatatamente berlusconiano e laziale, rimpiange Andreotti, la lira e le case chiuse. L’altro ferventemente dipietrista e romanista, rievoca i fasti di Berlinguer, della lira e delle case chiuse. I clienti ultrasettantenni, stravaccati sui divani di vilpelle chiosano cinicamente ad alta voce, sfogliando il Corriere dello Sport e parteggiando per l’ipotesi teorica che avvertono di volta in volta come la più reazionaria.

Un mese fa sono stato a tagliarmi i capelli, mentre il governo agonizzava e i due si davano come sempre sulla voce: uno difendeva a spada tratta il Re Nano circondato da traditori e perseguitato dai giudici comunisti e dai nemici del popolo che volevano mettere le tasse, l’altro abbaiava contro il puttanesimo diffuso, l’inerzia verso la crisi e l’egoismo dei soliti ricchi.

Torno dopo un mese e il governo Monti ha fatto il miracolo: il berlusconiano mi dice sommessamente: «Dottò, mejo così, quello ormai l’aveva fatta troppo sporca eppoi ogni ggiorno cadeva la borza che puro io ho perso soldi…». Il cognato dipietrista non è più della stessa opinione: «Ma questo Monti chissà chi lo manda! Questo è più massone dell’altro, è tutta una finta de’banche pe’ fregarci! Intanto mo mette le tasse e chi ci va di mezzo siamo sempre noi, dottò…». Dopo tanto fervore contro gli evasori e i poteri forti, all’uscita aspetto invano che oltre ai due euro di resto mi venga data la ricevuta fiscale. Il libretto delle ricevute non è neppure in vista.

Ecco il vero miracolo italiano: cambiare idea nel giro di un mese e restare sempre puri e vergini come pargoli. Per il miracolo della crescita (economica ed esistenziale) evidentemente ci stiamo ancora attrezzando.


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