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BARTALI : IL CAMPIONE CHE SALVò GLI EBREI

Creato il 04 gennaio 2011 da Madyur

Era il 10 agosto 1944. Firenze stava per essere liberata dagli Alleati. I nazisti lasciano la linea dei Lungarni per attestarsi lungo i viali della Circonvallazione. Fanno saltare il ponte del Romito e il Ponte Rosso che resta in piedi. Alle 6 e 45 i sette rintocchi di Palazzo Vecchio danno alla città la segnalazione dell’insurrezione. Un quarto d’ora un nuovo governo era funzionale.

barta

La battaglia è feroce : la ritirata dei tedeschi è strategica , per compattare forze e fuoco. Gli alleati si attestano a sud-est , dalle parti del quartiere Gavinana, sulla sponda sinistra dell’Arno. In uno stabile di via Bandino , nascoste dentro uno scantinato , quattro persone vivono momenti di panico. Temono l’irruzione dei nazisti o repubblichini. Sono ebrei. La famiglia Goldeberg.

Quando il figlio Goldeberg di 12 anni sentì che stavano arrivando gli inglesi , prese coraggio. Vuole scoprire cosa sta succedendo. Andò fuori e sbattè contro una colonna di militari britannici. Si trattava di soldati della rigata ebraica “Vidi uno di loro con la scritta Palestina e con la Stella di Davide cucita sulle spalle , mi avvicinai e mi misi a canticchiare la Hatikwa ( l’inno dello stato futuro di Israele ndb) . Lui mi sentì e si rivolse a me in inglese . In quel momento capii che eravamo liberi” Racconta ora Giorgio da Israele “ e sono vivo lo devo a Gino Bartali”.

Il campione di ciclismo nascose la famiglia in cantina. Ma non salvò solo i Goldenberg , Bartali salvò almeno 800 perseguitati, tra il 1943 e il 1944, tra cui molti bambini e anziani.

Inoltre Il campione andava in fuga anche quando si allenava sui pendii dell’Appennino. Sfruttando la libertà di movimento per mantenersi in forma , nascondeva nella canna della bici documenti segreti da consegnare alle famiglie rifugiate in conventi e monasteri per aiutarle a scappare dall’Italia.

Il rischio era enorme, ma Gino non tollerava il razzismo e la repressione. Si era messo in contatto l’organizzazione messa in piedi dall’ebreo pisano Giorgio Nissim, ma cui lavoravano preti e suore cattoliche. Tutto documentato. Basta leggere la storia nel decimo numero di Ecclesia (uscita nel 1945).

Ma l’attività del campione non si fermò a far da staffetta. Gino sfidò le Ss , offrendo ai Goldenberg rifugio in uno scantinato che possedeva in comproprietà con suo cugino. Bartali si era sposato da poco , nell’ottobre del 1941, era diventato padre di Andrea. I capoccioni fascisti lo convocavano spesso perché sospettavano di lui ma non avevano abbastanza prove per incastrarlo e lo sottoponevano a sorveglianza.

Nonostante questo Bartali accolse i quattro profughi Goldenberg , che provenivano da Fiume, negli ultimi mesi dell’occupazione nazista di Firenze, i mesi più terribili e cruenti. I Goldenberg erano scampati miracolosamente alle retate fasciste ed erano riusciti a trovar riparo a Firenze. La famiglia Bartali e Goldenberg fanno amicizia. Intanto, la situazione nella città precipita , le vite degli ebrei sono appesa ad un filo “Bartali ci propose di nasconderci in una cantina che aveva a Gavinana. Era molto piccola. Dormivamo in quattro in un letto matrimoniale, io , mia sorella Tea e i miei genitori. Non so dove loro trovassero il cibo. Ricordo solo che il babbo non usciva mai , mentre mia madre andava con due secchi prendere acqua da qualche pozzo” racconta Giorgio Goldenberg.


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