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L'ipercolpevolizzazione nei confronti del Pd è roba nota, ed è l'unica delle questioni politiche - politiche? - su banco, che riesce a mettere d'accordo tutti, da M5S al Pdl, da Idv (sì, mi dicono fonti ben informate che esiste ancora) a Sel. Riesce a mettere d'accordo perfino il Pd, tanto che è quasi diventata una specie di hobby, molto più manierismo che autocoscienza lacaniana.
E spesso, forse, superate le schizofrenie dell'immediato, diventa anche qualcosa di ludico, per questo che ci siamo tutti almanaccati sul tema, almeno una volta nella vita.
L'etude de cas di ieri (di cui avremo strascichi per i prossimi giorni), è la richiesta del Pdl di bloccare i lavori parlamentari per un giorno - in realtà, la chiusura è stata anticipata di qualche ora - accettata dal Pd, non di buona lena, con i soliti mal di pancia è vero, ma alla fine accettata. Il motivo della richiesta si sa: il rischio che Silvio Berlusconi, già a settembre, possa essere interdetto dai pubblici uffici e soprattutto il "che fare?" a proposito.
Dietro alle mosse del Pdl, c'è molta confusione, assenza di strategia e di guida, navigazione a vista, reazioni di pancia. Il partito non è in fase critica da oggi, è roba masticata: ma effettivamente l'eventuale conferma della condanna a Berlusconi, rappresenterebbe il paradigma di quel dialogo tra Lord Henry e Dorian: "Fin du Siecle. Fin du globe".
Ma è affare del Pdl, di certo. Il Pd, di nuovo, ci finisce dentro, tirato e buttato, invischiato in una giornata terribile, dove la pianificazione politica è andata di nuovo a sbattere con le istituzioni - anche perché, è là che il Pdl ha unico sfogo politico.
Ora, però, è vero che nei dem la comunicazione sia spesso zoppicante e succede altrettanto spesso che si crei una certa discontinuità tra quello che fanno e come lo fanno, e come la gente - gli elettori in primis - lo percepiscono; ma è altrettanto vero che sulla vicenda il Pd paga un prezzo esagerato. Le accuse di complicità sono francamente roba da prima elementare, e l'aver concesso quella manciata di ore al Pdl non è che sia tutto questo dramma.
Tanto più che semmai, il Pd, è uscito vincitore dalla discussione: il Pdl voleva infatti un sospensione di tre giorni - follia! - che non è stata concessa; e per di più erano addirittura girate voci - Nitto Palma era il whistleblower del caso - di una dimissione in massa, scongiurata anche questa. Anzi, alla fine di tutta la manfrina, ha vinto la linea di responsabilità che il Pd voleva, con Berlusconi stesso che ha placato i falchi.
Sul merito del discorso Pdl, nemmeno vorrei entrare, perché non è affar mio, ripeto: se non fosse che è anche affar mio il fatto che ancora - dopo 20 anni - il destino di questa Repubblica debba essere vincolato agli umori, e di più agli interessi, di una singola persona. Per altro sempre la stessa. È stancante e snervante.
Dunque un'unica considerazione: diceva il saggio "tanti strilli e poca lana, quando si tosa il maiale", per dire che al di là di isterismi e qualche proclamazione identitaria, le alternative non sono praticabili. Non c'è una linea politica da seguire, anche perché in effetti il Pdl sarebbe quello che ci rimetterebbe più di tutti davanti ad uno scenario di crisi adesso. Per dire che se lo condannano definitivamente si vedrà: ma se si vuole occupare ancora un posto nello scenario politico, sarà meglio non fare troppo rumore nemmeno in quello sciagurato caso.
Certo non ci guadagnerebbe nemmeno il Pd, ed è anche questo il motivo dell'irritazione di Renzi sulla vicenda. Chi, al limite, ci guadagna è Grillo. Che del situazionismo ne fa il pane quotidiano e che, con "un bel po' di guru", si è ritrovato a parlare ai microfoni del dopo-Napolitano, in mezzo a tutto il marasma che si era creato.
Marasma dal quale trae consensi; confusione da cui tira ossigeno politico per uscire dall'apnea dell'ultimo periodo.
Comunicazione, si diceva: siccome una critica al Pd non la si nega mai, allora è su questo che si deve parare. Perché la colpevolizzazione eccessiva è sbagliata, tanto quanto è stato sbagliato non uscire con comunicati in cui si diceva a chiare lettere che quel che è successo - sebbene non sia la prassi da difendere, sottolineato - non è la fine del mondo dal punto di vista tecnico, per questo si è deciso di accontentare il nostro alleato di governo, ancora sottolineato.
Perché di questo passo, si diventa una macchietta: calamita che attirare colpe e negatività varie per ogni singolo pretesto.
Riflessione aggiuntiva, sarebbe poi quella sull'anomalia di un paese in cui, un'eventuale condanna di Berlusconi si porterebbe come conseguenza l'uscita dal governo del Pdl. Come una minaccia. Come fosse normale; come se non dovesse essere il Pd, l'altro pezzo di quel governo, a dire "no guarda, io con un partito che ha un presidente condannato, non voglio mischiare il mio destino". Strano, no?!
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