Addio al Blues Boy, il ragazzo del blues, oggi anche ‘Lucille’, la sua celebre chitarra scampata miracolosamente ad un incendio, lo piange silenziosamente. B.B. King, il re del blues, è morto nella notte nella sua casa di Las Vegas. Aveva 89 anni. Malato di diabete, anche di recente era stato ricoverato in ospedale a Los Angeles. “Grazie a tutti per i vostri auguri e per le vostre preghiere” era stato il messaggio postato il primo maggio sul suo sito dallo staff. “Sono in cura nella mia casa a Las Vegas”, aveva fatto sapere. Considerato uno dei migliori chitarristi elettrici, Riley B. King nella sua lunghissima carriera ha inciso 50 album in studio e solo tra il 1951 e il 1985 è entrato 74 volte nella classifica americana sia dei brani sia degli album più venduti. Alcuni suoi brani, come The thrill is gone, Three o’clock blues e Rock me baby, sono diventati successi mondiali e hanno contribuito a rendere ancora più popolare il blues. Il suo stile, il celebre ‘staccato’, ha influenzato generazioni di chitarristi a cominciare da Eric Clapton, ma anche gli U2 lo avevano voluto accanto per l’incisione della loro When love comes to town. Nonostante le sue condizioni di salute, King ha continuato la sua intensa attività concertistica fino agli ultimi anni: in un’intervista che realizzammo con lui nel 2010, aveva all’epoca 85 anni, sottolineava con orgoglio di tenere “ancora più di 150 concerti all’anno”. Ma King diceva anche che quel suo frenetico girovagare era stata la ragione della fine del suo secondo matrimonio: dunque la musica non va d’accordo con il matrimonio? Gli chiedemmo e lui, ironico, “la musica non va d’accordo con il mio matrimonio: mia moglie mi ha chiesto mille volte di smetterla con questi continui viaggi, ma io non sono ancora pronto per fermarmi”. Poi, alla domanda su che cosa avrebbe fatto se non si fosse dedicato alla musica, ci rispose: “Probabilmente avrei fatto il contadino, perché è facendo questo che sono diventato adulto”.
B. B. King era nato a Itta Bena, nella regione del Delta del Mississippi, il 16 settembre del 1925 in una famiglia di contadini. Lui stesso aveva lavorato da ragazzo nei campi di cotone prima di scoprire la sua passione per la musica, dapprima in un coro gospel e poi avvicinandosi al country e alla chitarra blues grazie ai consigli di un cugino, il chitarrista country blues Bukka White, che King incontrò a Memphis dove si trasferì nel 1946 (e Beale Street, la strada dei club di blues di Memphis, è ancora uno dei principali luoghi del culto di B.B. King). Nel giro di un paio d’anni, le radio della città capirono il suo potenziale e cominciarono a trasmettere le sue prime esibizioni live. Il suo debutto discografico avvenne nel 1949, e molti dei primi brani gli vennero prodotti da Sam Phillips, ancora lontano dal fondare la mitica etichetta Sun Records. Tra i maggiori successi degli anni Cinquanta, quando King diventò una formidabile macchina da hit, si ricordano You know I love you (1952), Woke up this morning e Please love me (1953), When my heart beats like a hammer, Whole lotta’ love e You upset me baby (1954), tutti brani immancabili nei suoi primi concerti.
Fu proprio in occasione dei suoi primi show che King battezzò la sua Gibson “Lucille”: come raccontò lui stesso, mentre stava tenendo un concerto in una città dell’Arkansas chiamata Twist, due spettatori cominciarono a litigare a causa di una donna che entrambi stavano corteggiando, e così facendo finirono su una lampada a kerosene che rompendosi incendiò il locale. King fuggì come gli altri dalle fiamme ma quando si accorse di aver lasciato la chitarra all’interno rientrò per prenderla e rischiando la vita. A incendio domato seppe che quella donna si chiamava Lucille e così scelse il nome. La Gibson da allora ha una linea di chitarre “Lucille” approvata dal leggendario bluesman.
La longevità artistica di B.B. King discende anche dalla sua curiosità e dalla sua capacità di sperimentare misurandosi con i nuovi linguaggi, cosa che si evidenziò specialmente quando negli anni Settanta il blues elettrico di cui era uno dei principali esponenti si sviluppò nel rhythm’n’blues sorretto da grande ritmica e sontuose sezioni fiati. King nel 1973 non ebbe timore di avventurarsi a Filadelfia per misurarsi con il “Philly sound” e per registrare due formidabili successi come To know you is to love you e I like to live the love. Di lì a qualche anno, anche grazie a questa capacità di tenersi sull’onda delle novità musicali, si sarebbe unito ai Crusaders per approdare al funky di Never make your move too soon e When it all comes down.
Membro storico della Rock’n’roll Hall of Fame, in carriera King ha vinto 15 Grammy Award, l’ultimo nel 2009, per il miglior disco blues. La considerazione che il mondo della musica aveva per lui è testimoniata anche solo dallo sterminato elenco di artisti che hanno voluto suonarci insieme o lo hanno voluto come ospite nei loro dischi, a cominciare da Eric Clapton con il quale BB King registrò l’album Riding with the King; e che ha salutato il re del blues con un video di un minuto su Facebook definendolo “un mio caro amico” e un “faro del blues”. Invitando poi tutti ad ascoltare il suo album B.B. King Live At The Regal del 1964, “quello che ha messo in moto la mia voglia di diventare un chitarrista”. Poi dice ancora: “Vi voglio soltanto comunicare la mia tristezza e dire grazie al mio caro amico B.B. King”. Ma sono molti altri ad aver avuto il privilegio di suonare con King, da David Gilmour a Elton John, da Luciano Pavarotti a Jeff Beck, da Van Morrison a Phil Collins. Fino a Zucchero che ha voluto dare il suo addio a B.B.King postando sulla sua pagina Facebook le parole di “Hey man”, su cui avevano duettato. Il messaggio è accompagnato da una foto dei due musicisti insieme sul palco. “Lots of love. RIP BB King”, dice il post firmato Zucchero. E poi c’è il presidente Barack Obama, che sul palco alla Casa Bianca tre anni fa aveva accennato alcuni passaggi di Sweet Home Chicago accompagnato da B.B. King. “Il re se n’è andato ma noi sentiremo per sempre quel brivido” ha detto il presidente degli Stati Uniti riferendosi a una delle canzoni più note di King, The thrill is gone. “E se il blues ha perduto il suo re, stasera in paradiso ci sarà una fantastica blues session”. Sempre a proposito della tendenza a realizzare duetti, con la sua proverbiale carica ironica King in quell’intervista ci aveva detto: “Quando ho iniziato a suonare e fare dischi lo facevo da solo, perché ora per fare concerti o incidere un disco dovrei preoccuparmi ogni volta di trovare qualcuno con cui suonare?”.
(da R.it )
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