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Beata coerenza, sono andato a votare

Creato il 16 febbraio 2014 da Symbel

Genio delle elezioniIeri notte sono andato a dormire portando sotto le coperte la convinzione granitica che l’indomani, giornata elettorale per la regione nella quale sono nato e risiedo, la Sardegna, non sarei andato a votare. E invece ci sono andato.
Evidentemente qualcosa è successo, sarà stato il sabato caldo, un pigiama in pile esagerato viste le temperature primaverili, una digestione difficoltosa o il volto funereo di quel dispensatore di “imbecille” Della Valle (che evidentemente ne ha di suoi in abbondanza e si sente in dovere di dispensarne agli altri) che assiste in casa alla sconfitta della sua squadra, battuta da un Inter non irresistibile, ma mi sono svegliato con l’idea che a votare ci sarei andato.
Non posso pensare sia avvenuto tutto in una notte, evidentemente qualcosa covava sotto la cenere, d’altronde un vecchio detto dice, perdonate la volgarità ma i detti popolari non ammettono parafrasi “chi si addormenta con il culo che prude, si risveglia con il dito che puzza”.
Dopo la presa di coscienza che si ha voglia di andare a votare scattano due fasi fondamentali del processo di maturazione del concetto. Quella nella quale ti chiedi “perché?” E la seconda nella quale tenti con tutte le unghie a tua disposizione di arrampicarti sugli specchi per giustificarla e renderla accettabile.
Nel mio caso le due fasi si son prese a braccetto e hanno cominciato il loro valzer (dell’ipocrisia? boh!).

Lavagna di scuola, tirare un riga al centro, da una parte i buoni, dall’altra i cattivi.

1) Chi va a votare compie il suo dovere ed esercita un suo diritto. Un punto per i buoni.
2) Meglio andare a votare, perché ultimamente si vota talmente poco, magari in futuro anche il Parlamento verrà deciso in qualche assemblea di partito, quindi è meglio approfittarne. Altro punto per i buoni.
3) Nell’ultimo mese non ho fatto altro che dire che non sarei andato a votare e ho tentato persino di convincere gli altri della bontà di questo atteggiamento. Un punto per i cattivi.
4) Se anche chi si appresta a ricevere l’incarico di primo ministro, senza un briciolo di elezioni, in tutti i suoi discorsi pubblici ha stigmatizzato i politici che sono andati a guidare un governo senza esser passati per le urne, anche con toni sprezzanti, ora cambia decisamente idea, calpestando la coerenza messa a fondamento della sua politica, non posso cambiare idea io? Cancello punto precedente messo ai cattivi e lo rimetto ai buoni.
5) Devo trovare a casa, che seppur piccola è piena di scartoffie, il certificato elettorale a cui avevo dato degna sepoltura dentro qualche cassetto. Un punto per i cattivi.
6) Il tragitto da casa al seggio sarà disseminato di persone che conosco e che, nella migliore delle ipotesi, vedendomi penseranno che sono un’ipocrita. Un punto per i cattivi.
7) Ho bene in testa chi non votare, chi votare mi è un po’ più complicato da decidere. Un punto per i cattivi.

Guardo la mia lavagna del subconscio e faccio la conta. Buoni (propositi) contro Cattivi, risultato 3 a 3. Si va ai supplementari, ci vuole l’azione decisiva.

8) Ho molte possibilità: dalla scheda bianca all’annullamento, dal voto disgiunto al nome e cognome del consigliere prescelto, dal mettere un nome a caso all’esprimere il solito voto di sempre senza preferenze. Insomma, fino alla fine con la scheda davanti posso fare quello che voglio. Ci vado. Hanno vinto i Buoni.

Mi preparo, mi vesto in modo dignitoso indossando persino la giacchetta perché per andare a votare ci si veste bene. Unica deroga, niente cravattino strategico che non fa troppo elegante ma nemmeno troppo disimpegnato, c’è troppo caldo.

Uscendo di casa lo scenario è quello post bellico. Santini elettorali ovunque, sole cocente e volti che si nascondono dietro gli occhiali da sole.

E’ stato più facile del previsto, anche oltrepassare la cortina dei candidati schierati all’ingresso dei seggi, volti amichevoli e distesi, nessuno sguardo “mafioso”, non mi è nemmeno squillato il telefono mentre consegnavo il documento di identità, come mi è capitato la volta scorsa, e ho fatto il mio dovere.

Non mi sento né meglio né peggio di prima, nessun atto eroico, lungi da me la retorica del grande gesto democratico, ma non ci si può lamentare a ogni piè sospinto di mancate elezioni se quando ci sono non si va a votare.

Se la notte porta consiglio non si capisce perché non possa portare un consigliere regionale.



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