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Beata ubriachezza

Creato il 09 ottobre 2010 da Zarizin

Beata ubriachezza

Giulio camminava felice lungo i ciottoli dell’ampio sentiero bianco. Avanzava lentamente, preoccupandosi di appoggiare il piede sinistro sulla stessa linea sulla quale aveva appena appoggiato il destro per andare diritto.

Ogni tanto barcollava un po’, perché, concentrato com’era a guardare per terra, perdeva il senso dell’equilibrio e traballava, vergognandosi per la sua incapacità di controllo. Ma non era mai caduto e questo lo rendeva fiero e gli faceva dimenticare quelle piccole mancanze. Non sapeva da quanto era in cammino, non si ricordava in che modo fosse finito lì, circondato da campi verdissimi. Ma non gli importava neanche un po’, perché quel posto era splendido e si stava da Dio. Vuoi vedere che era il Paradiso? Magari il Paradiso terrestre ecco, perché il Paradiso, quello vero, non se lo meritava e aveva bisogno di qualche annetto di penitenza. Non perché era stato cattivo, sia ben chiaro! Solo perché soltanto i santi vanno dritti dritti in Paradiso e lui non era un santo. E poi una volta aveva rubato il rastrello a Giorgio, il suo vicino e un’altra volta aveva picchiato sua moglie, ma solo perché era ubriaco, in realtà le voleva proprio bene.

“Quando si degnerà di tornare a casa, quel dannato!” urlava Giovanna, ansante per il nervoso.

“Mamma, quando arriva il papi?” domandava Bettina, giocherellando con i cordini della cartella che aveva già sulle spalle.

“La maestra ha detto che se arriviamo tardi a scuola ci mette in castigo!”.

Che belle tutte queste campanule violetto! Giulio aveva abbandonato con sentimento il sentiero ed ora volteggiava danzando nell’erba. “Felicità! Felicità! Accorrete tutti dalle campagne, dalle città! Uomo e natura, uomo e innaturale, uomo e supernaturale, dicono loro! STATE UN PO’ ZITTI! VENITE A MESCOLARVI CON LA VERA NATURA! Saltateci sopra, accarezzatela, fateci l’amore! Felicità! Felicità!”.

Urlava queste parole e si rotolava nei fiori, nei fasci d’erba, nelle spighe di grano.

“Signore, si svegli!”

Colse un soffione e vi alitò sopra. Tutti quei piumini che volavano leggeri, illuminati dalla luce gialla del sole, sembravano sciami di lucciole. Era uno spettacolo di pace, di bellezza quasi fiabesca…

“Signore! Signore!”

Ma ecco che quella luce così piena, così avvolgente, cominciava ad appannarsi, come quando gli occhi si riempiono di lacrime e il mondo intorno diventa improvvisamente più opaco, più reale…

Giulio si svegliò. Era steso lungo il marciapiede davanti alla porta di casa sua. C’era freddo, c’era grigio. Sentiva lontani dei motori, delle voci: la strada.

“Si sente bene?” chiese qualcuno.

“ Sì, sto bene” rispose, quasi automaticamente.

Giulio si alzò, era tutto sporco di vomito e di saliva. Entrò in casa, gli girava la testa.

Non c’era nessun Paradiso, nessun fiore, nessuna moglie e nessuna figlia. Se n’erano andati tutti, di nuovo.

Giulio andò in salotto, piangendo. Aprì la credenza e afferrò una bottiglia di whiskey.

Era nuovamente deciso a tornare al più presto nel suo paradiso.

Pubblicato in:Racconti

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