Nello scorso fine settimana ha fatto tappa alla Spezia il circuito delle mostre feline e noi, che amiamo i gatti più di ogni altra cosa a parte il parmigiano, siamo andati a vedere.
Lo so, lo so che tutto ciò è diseducativo.
I veri animalisti pensano che tutto ciò sia mostruoso, che truccare un gatto con la cipria prima della sfilata sia disumano (o disfelino).
E’ vero, è mostruoso, ma anche – modalità malvagio – terribilmente divertente e perciò vi racconterò come funziona la cosa.
I padroni dei gatti sono in genere anziane e tranquille signore inglesi, un po’ polverose e spettinate, in genere l’esatto opposto dei loro gatti che invece sono in tiro che neanche Belen quando scende la scale.
Queste simpatiche vecchiette conservano i loro beniamini in tendine scure, tipo camerini, nelle quali i concorrenti gozzovigliano in attesa del momento della chiamata, momento in cui le nonnine svelano un inaspettato piglio assassino contro i visitatori non esperti che allungano le mano – o provano a – verso i loro mici appena pettinati, cotonati e truccati.
Non ho visto nessuno riuscire a toccare un gatto, ma sono sicuro che l’avrebbero ammazzato.
Le competizioni funzionano così: attorno a un tavolino vengono disposte una quindicina di gabbie con all’interno i concorrenti indicati da un numero, rosa se femmine e azzurro se maschi come in una nursery che si rispetta.
Quando tutto è pronto un giudice internazionale vestito come un testimone di Geova che vende aspirapolveri inizia a prelevare le bestie, una ad una, e rivolgendosi al pubblico commenta i loro pregi e li valuta.
Va detto che lo spezzino medio non conosce le lingue e in particolare i lemmi tecnici come retronuca, punta del pelo e stinco posteriore (immagino che li abbia detto da quello che indicava, anch’io senza sottotitoli tendo a perdermi), fatto sta che tutto o quasi era beautiful.
A questo punto va detto che i gatti si dividono in due categorie.
Quelli belli e simpatici, con un musino grazioso, vispi, che mordicchiano la mano del giudice sono giudicati i peggiori e hanno le coccarde di consolazione.
Quelli iperpelosi, similpelouche, vagamente autistici, con improbabili musi retroversi vincono e prendono gli applausi.
Cose curiose che si notano:
a) le concorrenti (umane) non denotano grande competitività e si accontentano della coccardina, che a quanto ho capito non si nega a nessuno, ma secondo me dentro ci stanno di merda;
b) gli esperti conoscevano i gatti per genealogia, cioè dicevano cose tipo “quello è il figlio di XY, campione europeo e si vede perchè ha lo stesso naso” (!)
Insomma, uno spasso, specie se lasci spenta la tua vena animalista che ti fa vedere quelle povere bestie come poco più di oggetti da collezione e poco meno di vallette di Sanremo.
Un ultima parola per il mio Paciugo, di gran lunga (e, come dice ogni genitore, non lo dico solo io) più bello di tutti quelli che c’erano.
E’ stato meraviglioso immaginare il momento in cui il giudice-testimone di Geova provava a estrarlo dalla gabbia, figurarsi gli schizzi di sangue e le urla generali.
Beautiful, ma comunque squalificato a vita.
Magazine Diario personale
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