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E' la fine del loro amore?
Terzo capitolo della trilogia cominciata con Prima dell'alba e continuata con Prima del tramonto. Ora i distributori italiani dopo ben 18 anni hanno deciso di mantenere il titolo originale tanto per confondere gli utenti di cinema più boccaloni, quasi tranciando il cordone ombelicale con i due film precedenti, grande successo di critica ma anche film rimasti nella nicchia del cuore dei cinefili più accaniti, anche nel mio.
La prima domanda che uno si pone di fronte a questo terzo capitolo riguarda i cambiamenti avuti dai personaggi: quanto sono cambiati in questi anni?
Diciamo subito che sono cresciuti allo stesso modo in cui si cresce da quando si hanno poco più di vent'anni a quando si superano i quaranta. Più consapevoli, più problematici, più cinici per certi versi ma anche più disincantati verso quelli che lo circonda. Prima guardavano tutto con occhi stupiti, meravigliati, ora hanno l'esperienza del vissuto.
E' questo il pregio maggiore del film: essendo scritto a sei mani dal regista Linklater , da Hawke e da Julie Delpy ha il vantaggio di raccontare un vissuto, non mi stupirei che alcune delle vicende raccontate nel film siano vere.
Il problema sorge quando si tratta di portare questo vissuto in scena: innanzitutto fa strano vedere Hawke molto più truccato della Delpy che ha ancora un volto magnificamente fresco e giovane. Hawke ha una faccia che si sta incartapecorendo, una carta geografica percorsa da rughe numerose ( già notate ne La notte del giudizio) che il trucco e il parrucco cercano pietosamente di nascondere.
Ethan Hawke ha più cerone in faccia di un attore teatrale e vederlo non fa una bellissima impressione soprattutto all'inizio. Poi si fa un po' di abitudine alla sua maschera , ma le sequenze del viaggio in macchina con lui e la Delpy in primo piano sono veramente impietose.
Altro problema: la spontaneità. 18 anni fa in Prima dell'alba Hawke e la Delpy erano attori giovani e belli con un'esperienza alquanto limitata, sicuramente inferiore a quella che possono vantare adesso. Il loro essere spontanei era la cosa migliore del film ( anche del secondo) , una specie di valore aggiunto.
Oggi sono attori che hanno superato i quaranta , che hanno lavorato molto e hanno acquisito grande esperienza e anche quella tecnica che magari prima non avevano.
Ed è proprio il possedere una tecnica ormai consolidata è una sorta di intralcio in un film in cui si parla con la stessa indifferenza di massimi sistemi e minimi comuni denominatori. La spontaneità del primo film ( ma anche del secondo) è persa in favore di una ricostruzione di intimità tra i due personaggi che risulta artefatta, una simulazione che vorrebbe essere più vera del vero e si scontra con una gestualità innaturale, a tratti forzata.
Jesse e Celine non sembrano una coppia ma due buoni amici, come sono nella realtà. E forse questa frequentazione tra i due quasi ventennale ( perchè i due anche nella vita reale sono ottimi amici ) fa avere loro una certa difficoltà a interpretare una coppia consolidata.
Il loro affiatamento è indubbio e a prova di bomba: ma è quello di due amici di lunga data e non di due amanti, non c'è quella complicità, quel trasporto, quella scintilla nello sguardo che ci si attenderebbe da due che si amano.
Before Midnight parte come un idillio, prosegue come una resa dei conti perseverata e termina con un barlume di ottimismo , una specie di scherzo .
Tutto ben condotto, recitato come abbiamo detto ( bene ma in un film come questo conta più l'emozione che la tecnica , mentre qui prevale la seconda), con Linklater che si conferma il più europeo tra i registi americani.
Ma non ha più la magia del breve incontro che contraddistingueva le due precedenti pellicole.
L'aspirazione è arrivare a Rohmer e alla sua impareggiabile leggerezza, il risultato è paragonabile ad un Arcand di seconda fascia con le parole usate come corpi contundenti.
Sinceramente mi ha stupito il successo presso la critica di questo film che ho trovato passabile e nulla più, sicuramente lontano dalla qualità dei primi due capitoli di questa trilogia: sarà forse una questione generazionale ma secondo me è soprattutto una questione di memoria corta .
Perchè Rohmer queste cose le ha raccontate tutte e meglio nel corso della sua inimitabile carriera con il suo stile semplice e raffinato allo stesso tempo.
E purtoppo Linklater non sarà mai Rohmer.
Arrivederci tra nove anni.
( VOTO : 6 - / 10 )
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