Lo spettacolo dovrebbe essere vietato ai minori di 16 anni, per quanto è intimamente degradante: il dramma di un’Europa che non sa trovare una via di uscita dai suoi totem e tabù liberisti che si trasforma in farsa, in atellana oscena a Roma con i vari Maccus, Pappus, Bucco e Dossegnus, lo sciocco , l’avaro, il vanaglorioso, il furbo, che si contendono i resti di un Paese.
Un Paese che hanno trascinato alla malora. Adesso, qualunque cosa ne dica Bruxelles, rischia davvero di essere troppo tardi: il debito pubblico aumenta, aumenta l’interesse sui titoli di Stato, anzi quasi raddoppia e un Paese paralizzato da troppi anni di immobilismo guarda esterrefatto il precipizio, senza sapere bene cosa fare o come reagire, mentre ognuno cerca uno scampo personale o nella cesta di cricche e clan. Oh si, Bruxelles dove Silvio Berlusconi cerca scampo dai giudici, dice anche che non ci sarà il default della Grecia, mentre esso c’è già stato perché i titoli di Stato ellenici danno ormai interessi così alti che un cravattaro si vergognerebbe. E nessuno potrà ripagarli.
L’avanspettacolo che stiamo offrendo a tutto il mondo non è che l’intervallo di un dramma di un’Europa tutta a destra che si è trovata investita dalla crisi senza voler comprendere che essa metteva in causa i principi stessi sui quali si era avviata l’unione monetaria e lo stesso trattato di Lisbona: il mercato come regolatore universale, lo Stato ridotto ai minimi termini e il monetarismo finanziario come supervisore e garante della governabilità del sistema.
Ora si è scoperto che il mercato è instabile, soprattutto quando la finanza non è in relazione stretta con l’economia reale e tuttavia vengono riproposte le stesse ricette, come una cieca coazione omeopatica. Si, è davvero un dramma di cui mi lascerete ripercorrere un po’ la trama e gli eventi perché francamente mi è difficile comprendere come si sia potuto cadere in un perverso meccanismo da Comma 22.
Da circa quindici anni l’occidente ha cominciato a conoscere una calo della domanda sulla spinta del liberismo che predicava una diminuzione delle tutele sociali e in generale della spesa pubblica perché così la tassazione, soprattutto verso l’alto sarebbe stata minore rendendo l’economia più vivace. Non ci si è accorti che in questo modo si spingeva l’acceleratore su un’offerta che era già in surplus deprimendo ulteriormente la domanda. Questa risposta illogica e tutta ideologica, quasi pavloviana nella sua assurda meccanicità, ha avuto come conseguenza un’iniezione di instabilità: la finanziarizzazione dell’economia, con lo sganciamento della logica di profitto dall’economia reale e strumento precario per sopperire alla carenza di domanda. Ciò questo ha prodotto le varie “bolle” e il loro scoppio, compresa l’ultima, nata nel 2009 che ha creato una quantità di denaro fasullo parai a 40 volte il pil statunitense.
Ma questo non ha portato ad alcuna riflessione e mentre i Paesi occidentali mettevano in crisi i loro bilanci per ripianare i debiti privati ( tra Fed e Bce si parla di cifre intorno – tenetevi – ai 13.000.000.000.000 di dollari ) chiesti e pretesi proprio dai sostenitori del liberismo, proprio da quelli che oggi chiedono assoluto rigore nei bilanci pubblici. L’Europa purtroppo è stata così sciocca da ascoltarli e ha pensato di pretendere maggior rigore ai bilanci degli Stati senza però mettere nè vincoli e sanzioni agli operatori privati. Forte del catastrofico pensiero che i bilanci degli Stati siano assimilabili a quelle delle aziende, cosa che è una sciocchezza abissale.
Naturalmente maggior rigore vuol dire automaticamente tagli alla spesa pubblica, al welfare, ai servizi, alla scuola, alla progettualità futura che inevitabilmente finiscono per deprimere il Pil e aumentare il peso del debito. Una risposta assurda, ma anche cieca dal momento che il debito statunitense è superiore a quello medio europeo e quello giapponese è addirittura il doppio.
Certo, debito medio da cui l’Italia si distacca stratosfericamente. E tuttavia con altri governanti avremmo potuto far sentire le nostre ragioni, avere una credibilità. Sta di fatto che nel mirino principale sono finite la Grecia, già fallita nonostante i tentativi di far finta che non sia così e l’Italia: guarda caso proprio i due Paesi dove la corruzione, l’evasione fiscale, l’opacità degli affari, la commistione pubblico-privato sono i più alti del continente. E se la Grecia ci supera per qualcuno di questi parametri, noi compensiamo con un governo totalmente inaffidabile, oltre che repellente e ridicolo nel suo vertice.
Sarà solo un caso o ce la siamo andata a cercare idolatrando il non cambiamento garantito dal Cavaliere? Per questo ogni fiducia chiesta ci avvicina ancora di più al disastro. E capisco che l’uscita di scena di Berlusconi possa far saltare più tappi di champagne da noi che non un capodanno in tutto il mondo, ma i Cavalieri succedanei, già pronti e ai posti di partenza, non saranno in grado di fare molto di più. Intanto perché aderiscono entusiasticamente al Comma 22 liberista che governa l’Europa e poi perché saranno ancora più decisi nella macelleria sociale. E prima che quel che resta della sinistra avrà finito di brindare alla scomparsa del personaggio che essa stessa ha collaborato a tenere ben fisso sulla poltrona, si accorgerà di aver perso un’altra occasione di essere protagonista di una riscossa.