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Belgio, gli assassini folli del Brabante: 28 morti senza un perché – Prima parte

Creato il 01 luglio 2011 da Yourpluscommunication


Ventotto morti, un bottino che oscilla tra i 6 e i 7 milioni di franchi belgi, cioè tra i 150 mila e 175 mila euro, secondo la commissione parlamentare che nel 1997 venne incaricata dal parlamento belga di indagare in Belgio sui fatti del Brabante Vallone. Certo, cifre che vanno rapportate al costo della vita di almeno 25 anni fa, ma che non sono sufficienti a giustificare la morte di Rebecca Van Den Steen, 12 anni, uccisa con suo padre e con sua madre il 9 novembre 1985 ad Alost, nel corso dell’assalto al supermercato Delhaize. E poi ci sono Marie Jean, George, Jan, Dirk, e Annice, 10 anni. Abbattuti alla vigilia di una festa, com’era quel 9 novembre.

Il giorno dopo sarebbe stato San Martino e la gente si era assiepata dentro il centro commerciale. Mancavano pochi minuti alle 19 e occorreva completare gli ultimi acquisti in vista dei pranzi e degli ultimi regali per il giorno successivo. Malgrado i controlli delle forze dell’ordine fossero ormai elevatissimi, nel parcheggio arrivò una Golf Gti da cui scese un commando che sparò sulla gente assiepata alle casse e fece una strage. L’ultima. Da allora sparirono nel nulla, senza che mai si sia arrivati ad alcuna risposta definitiva su quella che viene definita la storia del delitti del Brabante Vallone.

Il Belgio, come l’Italia, è stato un paese di scandali. Alcuni dei quali hanno evidenziato gravi disfunzioni all’interno della giustizia e della gendarmeria, ultimo dei quali – clamoroso – il caso di Marc Dutroux, il mostro di Marcinelle. Ma prima ci fu il dossier Agusta, che coinvolse ministri corrotti, industriali francesi, politici italiani. E ancora prima, tra gli scandali belgi, ci vanno messi i delitti del Brabante, un commando di persone chiamato anche i “tueurs fous”, gli assassini folli, sui quali grava la responsabilità di quei 28 morti, falciati in 24 attacchi messi a segno tra il 1982 e il 1985. Come una storia che si ripeterà anche in Italia con la vicenda della banda della Uno Bianca, si tratta di morti assassinati in modo spietato, la maggior parte dentro e fuori alcuni supermercati, massacrati senza una ragione apparente. Apparente perché questi massacri hanno lasciato spazio a considerazioni di natura politica che chiamano in causa apparati dello Stato. E a questo proposito può venire in aiuto ricordare qualche fatto.

Area dei controlli condotti nel 1983

Il 30 settembre 1982 alcuni uomini assaltano un’armeria di Wavre, una cittadina del Brabante Vallone. Qui si fa un ferito e spariscono alcune armi. Armi che sono si possono acquistare ovunque, sono – si potrebbe definirle – “prodotti d’artigiano” su commissione, con tanto di silenziatori. Un poliziotto che prova a intervenire viene ucciso a sangue freddo. Una domanda su tutte è rimasta senza risposta: i rapinatori come potevano sapere che l’armiere fabbricava queste armi così particolari? La risposta cade nel vuoto. Nelle settimane che seguono, un commando fa irruzione in un albergo di Beersel e se ne va dopo aver “rapinato” qualche pacchetto di sigarette, di caffè e un po’ champagne. Un bottino che avrà una contropartita: l’uomo presente viene freddato con sei colpi sparati alla testa. Trascorre ancora un po’ di tempo e un tassista di Mons, cittadina poco lontana da Bruxelles, dove ha sede anche il comando Nato, viene rinvenuto morto all’interno della sua auto: quattro proiettili nel cranio. Perché? Anche qui non è dato saperlo. Ma per gli investigatori esisterebbe un legame tra questi casi e questo legame passa per le armi utilizzate, sempre le stesse.

Passa un mese e a essere attaccato è il primo supermercato. È a questo punto si inizia a parlare degli assassini folli del Brabante Vallone. I cittadini belgi sono sotto choc a causa di questa storia e lo saranno sempre di più, man mano che trascorrere il tempo e si moltiplicano gli assalti. La gente inizia a disertare i grandi magazzini a partire dal 1983 per timore di trovarsi di fronte ai fucili a pompa del commando omicida. E quando nel mirino finisce un punto vendita della catena Delhaize, ecco che si aggiunge un nuovo elemento: gli assalitori si presentano con i volti nascosti da maschere di carnevale. Si impossessano dalle casse di una piccola somma di denaro e fuggendo un automobile che li infastidisce viene bersagliata da colpi d’arma da fuoco.

Una delle vittime degli assassini del Brabante

Gli attacchi ai supermercati si infittiscono e sono sempre più violenti e sanguinosi. Aumentano i morti. A Nivelles vengono uccisi due passanti per rubare delle caramelle e qualche bottiglia di bevande alcoliche. In un altro caso, i gendarmi vengono attesi dagli assassini invece di darsi alla fuga. Un comportamento decisamente curioso per dei rapinatori il cui unico scopo dovrebbe essere quello di arraffare il più possibile e mettersi in fuga. È evidente ormai che il commando non solo è ben armato, ma che le sa usare le armi che impiega. Intanto viene ucciso un gendarme e si fa un altro ferito. E ancora un veicolo delle forze dell’ordine viene preso di mira da un gruppo che si muove con modalità militari. I criminali indossano lunghi cappotti di stoffa spessa, come quelli usati da gente dell’esercito o da qualche organizzazione paramilitare, e guidano sempre auto dello stesso tipo, delle Volkswagen Golf.

Torniamo però indietro di qualche anno. Torniamo al 1981, alla notte dal 31 dicembre, quando un commando penetra in una caserma della gendarmeria, sede di un’unità d’élite, la squadra speciale d’intervento. Il commando si dirige con sicurezza verso l’armeria, dove era stato appena depositato un lotto di un nuovo tipo di mitragliette, armi ad alta precisione di fabbricazione tedesca e a disposizione solo delle unità antiterrorismo. A essere portate via sono solo queste armi, più qualche riotgun, fucili a canna corta usati dalle squadre antisommossa. Chi segue le indagini non può ignorare che il commando sapeva della fornitura appena giunta. E nemmeno si può ignorare che conosceva alla perfezione il luogo: gli uomini che hanno assaltato la caserma si sono mossi con sicurezza per puntare verso l’armeria. Sul loro cammino hanno incontrato un solo gendarme, bersagliato da colpi d’arma da fuoco e che se la cava per un pelo. Ma non è ancora finita. È solo l’inizio, anzi, è solo un prodromo, perché qualche mese dopo viene presa d’assalto una piccola fabbrica tessile. Ancora una volta gli attaccanti sanno cosa stanno facendo perché qui si sta mettendo a punto un nuovo modello di giubbotto antiproiettile. Due morti – un portinaio e un impiegato – per rubarli.

Antonella Beccaria

…continua


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