Dall’opera d’arte, al lingotto d’oro, all’immobile: nuove forme di investimento in beni rifugio per diversificare il portafoglio e cercare lidi tranquilli in cui sostare. Incrementando la profittabilità.
Quando il lingottino vale
Il più importante tra i beni rifugio e senz’altro l’oro. Oro da vendere o acquistare? Il suggerimento degli esperti è quello di rivolgersi solo ai negozi che aderiscono all’Associazione Nazionale Operatori Professionali Oro. Il gruppo, nato nel 2010, ha proprio lo scopo di tutelare sia le aziende che i privati, proponendo un servizio serio, con quotazioni reali e documentazione a disposizione.
Spiega Andrea Zironi, presidente dell’associazione e amministratore unico di
Studio 18 Karati Spa: “Nel 2011, l’intero settore dell’oro è cresciuto del 2%, e l’oro da investimento è cresciuto del 36%. I nostri associati consigliano l’acquisto dell’oro – la cui quotazione è salita dal 1978 al 2000 passando da 200 dollari l’oncia a 2.000, attestandosi ora sui 1.600 dollari – sia come bene rifugio sia come strumento per fare trading. In futuro è destinato a rimanere stabile. È un buon prodotto per proteggere i propri risparmi, e diversificare e normalizzare il portafoglio. I lingotti dello Studio 18 Karati Spa vanno dai 5 grammi al chilo, e sono completamente traccianti, a livello di materia utilizzata”.
Dell’oro da investimento si occupa anche Unione Fiduciaria, dopo aver notato che il prezioso giallo era oggetto di quote di capitali scudati da parte di clienti italiani. Fabrizio Vedana, vicedirettore generale della società, spiega le tipologie di investimento legate all’oro: “Si va dal lingotto al fondo di investimento. L’oro fisico può essere acquistato o dai privati o presso alcune banche, attraverso un Conto-Metallo, in grado di produrre la documentazione in linea con le richieste della Banca d’Italia. Da un punto di vista fiscale, l’oro è allineato agli altri strumenti finanziari”.
Il quadro: bello e profittevole, con le giuste accortezze
Tra i beni rifugio, l’arte conserva un ruolo primario. L’investimento in arte è stato presentato da Pietro Ripa, dirigente Area Pianificazione strategica, research e I.R. di Banca Mps, come opportunità in grado di restituire, un domani, l’investimento effettuato, oltre a un capital gain. “Chi acquista in arte, un mercato che vale 61 miliardi di dollari, per il 70% sceglie di acquistare in pittura”, spiega. A livello mondo, l’attenzione va posta nei confronti dell’Asia, la cui quota sta crescendo in maniera esponenziale (anno su anno del 40%). L’investimento in arte, conferma Edoardo Didero, amministratore delegato di ArtNetWorth: “Permette di diversificare il portafoglio, e garantisce ancora un certo beneficio fiscale. Il problema del settore è però la scarsa trasparenza: per le persone non addentro a questi temi è difficile capire le logiche dell’investimento e difficile reperire le informazioni”.
Non solo, le differenti posizioni tra gallerista e collezionista in certi casi pongono sei problemi di scelta, arrivando anche ad allontanare i potenziali investitori. Secondo Claudio Borghi, professore di Economia e Mercato dell’arte della Cattolica e autore del volume “L’oro bellissimo. Il mercato dell’arte visiva da spesa a investimento”, proprio il settore dell’arte è in un momento di cambiamento. Questo grazie a Internet. “Quando le grandi case d’asta hanno messo on line – spiega – le aggiudicazioni, anche del passato, hanno consentito a tutti di possedere un prezzo di stima dell’opera. Di valutare se il prezzo di un autore sale e scende.
E poi c’è il caro mattone
Ottima alternativa alla finanza, tra i beni rifugio si riscontra che il mattone, come spiega Francesco Assegnati di Assoimmobiliare, continua a tenere, nel medio e lungo periodo. Secondo Marzia Morena, architetto Rics Italia: “Anche nel nostro settore, così come accade per l’oro e per l’arte, occorre puntare sulle stesse tematiche: qualità, trasparenza, regole. Questo per uniformare il mercato a livello internazionale, e sfruttare il patrimonio italiano per uscire dalla crisi”.
Written by Elena Giordano