Quando c’è Stefano Benni di mezzo ci si può aspettare di tutto. Perciò per Benni suite, spettacolo in scena al Tieffe Teatro Menotti di Milano, si è parlato di comicità, assurdità, paradossi. Perché è possibile fare le previsioni del tempo specchiandosi nella Luisona o nascere come la bambina più bella e rosea del mondo con tanto di triciclo, che una gallina vecchia non faccia solo buon brodo ma buon blues ed essere musicati da una grande orchestra come la Microband.
Se vi sembra che questi elementi siano distanti anni luce fra di loro e cercate di capire come possano stare insieme, beh, non ce la farete, non così. Ci vuole almeno un capocomico (autoproclamatosi, magari). Sua moglie, fedifraga e in stato esilaran-confusionale. E poi il pianoforte, la figlia e il suo fidanzato (?), la musica – sempre, la musica -, regia, luci, eccetera eccetera. Insomma, legare i vasti paesaggi in cui spazia la Bennologia, trovargli il sound adatto e rendere miti i climi delle differente produzioni non è cosa da poco e il rischio è alto, ma il risultato finale merita di correre un po’. Proprio come corrono e si rincorrono Lucia e Nicola sul palco, al ritornello di Baby io sono come te, inseguendosi, ballando e raccontando, anche sotto le spoglie di Lupetta e Jack Onehand. O le note della Microband, personaggi non meno surreali, comici e azzeccati, che non temono di farsi sentire, giocando con gli strumenti, le espressioni e gli altri attori.
Ancora una volta (dopo La misteriosa scomparsa di W e Jack – la storia di Jack Manosola e altri blues nel 2012), Emilio Russo e i suoi hanno attinto dal repertorio di Stefano Benni, usandone i versi poetici, le battute comiche da bar, i brani teatrali, creando una vera e propria “visitazione” di questo universo autoriale, in cui la risata è l’aria che viene normalmente respirata. E non è certo per l’euforia della prima che giorni dopo posso canticchiare ancora: «Ma che notte è? È tutto vero o mi hai messo della roba nel caffé?».