Ian McEwan, La ballata di Adam Henry, Einaudi *Supercoralli* (2014), 208 pagine, 20 euro.
Traduzione di Susanna Basso
Quando uno scrittoreti abitua al meglio, è difficile per lui mantenere alto lo standard. Dopo romanzi come Cortesie per gli ospitio Bambini nel tempoè difficile tenere alto il livello, metterlo alla pari, non deludere il lettore.
Il mio rapporto con McEwan è stato così: entusiasta dei primi romanzi, delusa e a volte (Chesil Beachper esempio) delusissima. Sembrava di leggere i romanzi di sue scrittori diversi, uno esperto e sapiente, l’altro non proprio alle prime armi, ma quantomeno svogliato.
Per questo non avevo preso in considerazione l’idea di leggere La ballata di Adam Henry. Avevo letto la trama così, per curiosità, e non mi è venuta assolutamente voglia. Come si fa, mi sono chiesta, a gestire un romanzo e acchiappare il lettore con la storia di un ragazzino quasi diciottenne, Testimone di Geova malato di leucemia e in fin di vita, che rifiuta la trasfusione che può salvarlo? Come è possibile andare avanti perduecento pagine e avvolgere il lettore in atmosfere amare e un intreccio avvincente? Il ragazzino – Adam Henry – rifiuta la trasfusione, l’ospedale mette il caso in mano a un giudice – la quasi sessantenneFiona – e la vicenda si conclude con una sentenza, le cui conseguenze si ripercuoteranno sul ragazzino.
Materiale per un racconto, una puntata di una serie TV, un documentario. E invece la materia diventa, nelle mani di McEwan, materiale malleabile e nucleo centrale da cui partire per modellare, sviluppare una storia. Più storie. Come accadeva di frequentenei film degli anni 90, si parte con l’inquadrare un mondo, una piccola cittadina inglese e si entra velocemente nelle comunità, nelle case, nelle coppie.
Coppie dalle relazioni difficili, amare (come dimenticare l’amarezza della coppia in vacanza, sul terrazzo dell’albergo, stanca, rassegnata diCortesie per gli ospiti), in cui ognuno di noi potrebbe un giorno ritrovarsi; chi è in cerca di emozioni, di uscire dalla routine o inghiottito da quella stessa routine e incapace di spezzare la catena di impegni anche solo per bere un bicchiere appoggiato a un camino guardando il partner negli occhi.
Il nucleo centrale della storia quindi è avvolto da uno “strato” che è la coppia Fiona-Jack, a loro volta inglobata in un altro strato che è il lavoro di Fiona (è un giudice che cura cause familiari) che è una delle prime cose che conosciamo di lei e che occupano gran parte della sua vita e anzi convergono in essa come il più delle volte capita. Concetto questo portato all’estremo nel rapporto personale e gestito magistralmente (facile cadere in semplificazioni e romanticismo se non si è perfettamente padroni dei personaggi)fra Fiona e Adam, giudice e oggetto del giudizio; ragazzo maturo, che si mette in discussione e mette in discussione convinzioni e tradizioni, in uno sviluppo del personaggio raro anche nei migliori romanzi, pur mantenendo il suo essere “bambino”, impulsivo e irrazionale, soprattutto quando a “soffrire” sono i sentimenti più che il fisico.
In un ulteriore moto circolare, Fiona dedica tutta la sua vita al suo lavoro, e come una delle conseguenze verosimili rinuncia a essere madre; e Adam in questo caso rappresenta forse, oltre che un cliente, la personificazione del desiderio di dare protezione, stringere in un abbraccio, esprimere tenerezza e comprensione. E visto che la semplificazione dei rapporti non è errore in cui McEwan incorre, ci sono sviluppi molto interessanti nella loro relazione, che coinvolgono il lettore, il quale non si trova a giudicare ma a seguire la scelta matura e difficilissima di Fiona.
Il romanzo “suona” talmente bene che l’autore può permettersi, soprattutto verso il finale, lunghe, lunghissime parti dedicate alla passione di Fiona per la musica (lei suona il piano e canta) e alla preparazione di una importante esibizione senza apparire stonato. Potremmo chiederci, dopo la prima pagina di digressione su note, sonate e accordi, che legame ci sia con la storia. E alla fine scoprire che tutto ciò serve per creare un contesto, ancora una volta un’atmosfera, che torna inevitabilmente e circolarmente al nucleo principale che comunque è sempre la coppia, e i due individui che la formano.
Dal punto di vista stilistico, sono tante le occasioni in cui ci si trova a rileggere più volte la stessa frase, lo stesso periodo che a prima vista appare semplice e lineare, ma ci si accorge subito che ha un “suono” diverso, ha qualcosa che merita di essere assaporata, gustata, tenuta con sé per qualche minuto in più.