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Benvenuti al sud

Creato il 24 ottobre 2010 da Terrasiniblog @TerrasiniBlog
“Silvia: Com’è la vicina? – Alberto: Grassa, bassa, coi baffi… – Silvia: Una nutria”
BENVENUTI AL SUDRemake nostrano del francese “Giù al nord” (in originale Bienvenue chez le Ch’tis), per il rifacimento del quale Medusa acquistò a suo tempo i diritti dopo aver intuito in fretta il potenziale italiota di tale racconto comico sull’amore-odio tra terroni e polentoni, Benvenuti al sud racconta del brianziolo Alberto (Claudio Bisio) e del progressivo, radicale mutamento del suo punto di vista sull’attuale questione meridionale, so to speak. Esiliato per meritatissima punizione a Castellabate, Campania, gettando nell’isterico sconforto la moglie Silvia (Angela Finocchiaro), il nostro incontra in pieno incubo tutti gli stereotipi del caso e impara a riconoscerli come tali, sfatandoli ove possibile o restandone conquistato e affascinato nel processo. Lascia la Lombardia armato di giubbotto antiproiettile e crema solare fattore 50, ma è destinato a scoprire presto le gioie ineffabili della mozzarella e del limoncello di fronte a un mare da cartolina; grazie a Mattia (Alessandro Siani), Maria (Valentina Lodovini) e agli altri folkloristici colleghi imparerà a dirigere il locale ufficio delle Poste con meno rigore di facciata e una mano sul cuore. Per dirla col Bisio della conferenza stampa di presentazione del film, insomma, “Vogliamoci bene!”: perché, inutile dirlo, il taglio del film non gioca a favore del realismo a ogni costo – anzi. Le interazioni cartoonesche tra personaggi pressoché bidimensionali; l’approccio eufemistico (se non negazionista) alle scottanti faccende di un Sud Italia che è spesso in cronaca e non certo per gli scenari mozzafiato o la genuina ospitalità proverbiale; la gamma rassicurante di una fotografia patinata dai toni molto caldi… sono tutti elementi che non depongono completamente a favore dell’onestà intellettuale dell’operazione. Sceneggiatore assieme al regista Luca Miniero è Massimo Gaudioso, già autore dello script di Gomorra: il tono è tutt’altro, però. Il commento sonoro spesso rischia di fagocitare l’intensità di alcune scene, trasformando quanto accade sullo schermo in un grosso spot della Barilla o similia (e il product placement tutt’altro che discreto, va da sé, non aiuta a scongiurare tale impressione): le risate però, a onor del vero, non latitano, a patto di lasciare la malizia a casa e godersi a cervello spento un umorismo mai volgare, anche se un po’ basico e decisamente distante dai surreali siparietti dell’originale (originale del quale comunque qui si ricalcano l’intreccio e la struttura in modo pedissequo, giovandosi in più dell’alchimia della strana coppia Bisio-Siani). Se l’obiettivo è quello di sorridere con infantile ingenuità del veleno che ancora oggi mina i rapporti tra un capo e l’altro del Paese – stesso Paese in cui parte della classe politica inneggia al secessionismo contro ogni forma di buonsenso – ben venga. Peccato che l’imbeccata provenga dai cugini d’oltralpe, però: sicuri che uno spunto tutto made in Italy in merito alla stessa faccenda non giaccia da secoli in fondo al cassetto di qualche produttore?

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