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Benzina, cara mi costi. L’irresistibile aumento delle accise in Italia

Creato il 30 dicembre 2014 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Per sorprendere i contribuenti italiani, non c’è soltanto il momento della dichiarazione dei redditi, né soltanto quello in cui dobbiamo pagare acconti e saldi di Imu e Tasi, ma anche il momento, per esempio, in cui facciamo benzina. Il prezzo di un pieno, in Italia, è ancora oggi il più alto d’Europa, e addirittura di tutto il mondo industrializzato. Colpa dello Stato che usa i cittadini dotati di automobile come un Bancomat; lo dimostra l’andamento degli incassi delle cosiddette “accise” sulla benzina: dal 2011 a oggi non hanno fatto altro che aumentare. Vi spieghiamo come e perché. Intanto, auguri a tutti noi per questo 2015, ne avremo bisogno.  

E’ la lezione del 2014, così come quella degli ultimi trent’anni, e se le cose non cambiano sarà anche la lezione del 2015 che sta per iniziare. Lo Stato italiano ha una voglia matta di mettere le mani nelle tasche dei cittadini, e troppo spesso ci riesce. Per sorprendere i contribuenti, non c’è soltanto il momento della dichiarazione dei redditi, né soltanto quello in cui dobbiamo pagare acconti e saldi di Imu e Tasi, ma anche il momento, per esempio, in cui facciamo benzina, e più in generale ogni momento in cui produciamo un bene, lo scambiamo tra di noi o lo trasferiamo. Pure in queste fasi lo Stato italiano bussa alla nostra porta, per di più con una violenza che non si conosce in altri Paesi.

Si prenda il tema delle cosiddette “accise”. Queste tasse fanno parte di una categoria più grande di imposte che gli esperti chiamano “imposte indirette”, cioè quei tributi che colpiscono “manifestazioni mediate di capacità contributiva”; l’imposta indiretta più famosa è l’Iva, o imposta sul valore aggiunto, e più di un terzo del prelievo tributario italiano è realizzato mediante le cosiddette imposte indirette. Le accise sono invece quelle imposte indirette in cui l’aliquota è di norma commisurata al volume o al peso del bene prodotto; gravano sugli “oli minerali” (benzina, gasolio, eccetera) e su “birra e spiriti” (le bevande alcoliche, insomma).

Volete una prova di quanto siano vessatorie le accise in Italia? Basta osservare il prezzo della benzina. Oggi il costo di un pieno nel nostro Paese sta scendendo rispetto ai picchi di qualche mese fa; secondo le rilevazioni ufficiali del Ministero per lo Sviluppo economico, la benzina senza piombo lo scorso novembre è arrivata a costare in media 1,652 euro al litro e il gasolio 1,553 euro al litro. Tuttavia ci sono almeno tre cose molto importanti che non leggerete sul sito del Ministero. Primo, lo Stato italiano ovviamente non ci ricorda che fare il pieno è diventato più conveniente in tutto il mondo, grazie al calo dei prezzi della materia prima con cui si produce la benzina, cioè il petrolio.

In secondo luogo, il Governo non ci ricorda che il prezzo italiano della benzina rimane il più alto di tutta l’Europa. Per una conferma, basta visitare il sito della Commissione europea, già aggiornato a dicembre: il prezzo medio della benzina senza piombo questo mese è 1,565 euro al litro in Italia; in Polonia però è 1,141 euro al litro e in Germania 1,359 euro al litro. Per fare un pieno a una Panda, cioè una piccola utilitaria con un serbatoio di circa 35 litri, un cittadino polacco spende ogni volta 40 euro, uno tedesco 47 euro, uno italiano 55 euro. Possiamo immaginare quanto le differenze diventino perfino maggiori quando si tratta di fare un pieno ogni settimana o su vetture più grandi come camion e tir usati dalle ditte che operano in Italia. Il nostro record, per una volta, non è soltanto europeo: il prezzo della benzina in Italia è il più alto del mondo industrializzato anche secondo i dati pubblicati dall’Amministrazione americana, espressi in dollari e galloni.

Infine, quello che il Governo non dice chiaramente, e che gli stessi media dovrebbero ricordare più spesso, è che il prezzo più alto della benzina italiana è dovuto soprattutto alla voracità del nostro Stato. Nel novembre 2014 il prezzo al consumo medio per la benzina senza piombo è stato di 1,652 euro al litro; di questo prezzo, soltanto 0,623 euro/litro dipendono dal prezzo industriale; la maggior parte dell’incasso va allo Stato sotto forma di Iva (0,297 euro/litro) e accise (0,730 euro/litro). Nel novembre 2011, per esempio, il prezzo industriale per produrre la benzina era più alto (0,693 euro/litro), ma la tasse erano più basse (0,276 euro di Iva e 0,622 euro di accise per ogni litro), tanto che il prezzo finale era comunque più basso di oggi: 1,591 euro al litro. Insomma: il prezzo alla pompa lo decide innanzitutto lo Stato in base alle sue esigenze di cassa.

Ecco un grafico dell’Unione Petrolifera che riassume quanto detto finora:

Prezzo benzina UPI

D’altronde che lo Stato usi le accise sulla benzina come una sorta di Bancomat per sottrarre risorse ai contribuenti è dimostrato dagli stessi incassi che ottiene. Il gettito fiscale proveniente dalle accise – essenzialmente benzina, energia elettrica e alcol, come detto – era di quasi 20 miliardi nel 2011. Già in lieve rialzo dall’anno prima perché, sulle spalle di chi guida (per piacere e soprattutto per lavoro), furono caricati gli oneri del finanziamento del Fondo spettacolo ad aprile, poi quelli dell’emergenza immigrazione a giugno, poi di nuovo il Fondo spettacolo a luglio, e infine a novembre l’alluvione nella Lunigiana. Alla fine dell’anno il colpo di grazia: il governo tecnico guidato da Mario Monti, con la Legge di stabilità scritta nel pieno della tempesta finanziaria, alzò violentemente le accise sulla benzina (qui un utile resoconto del Sole 24 Ore). Così, nel 2012, lo Stato si ritrovò a incassare addirittura 25 miliardi di euro dalle accise, 5 miliardi di euro in più dall’anno prima. Nel 2013 l’incasso è calato di appena 1 miliardo, a 24 miliardi, per l’effetto depressivo delle troppe tasse che hanno disincentivato l’utilizzo di mezzi di trasporto privati. Ma in quest’anno che sta per finire, anche grazie ad altri piccoli inasprimenti, lo Stato è tornato a incassare parecchio: nel periodo gennaio-ottobre Roma ha ottenuto dalle accise già 20 miliardi di euro, il 6% in più che nello stesso periodo del 2013. Nella Legge di stabilità del Governo Renzi, poi, come da abitudine consolidata degli ultimi esecutivi, i possibili aumenti di accise futuri sono utilizzati come “clausola di salvaguardia”, cioè per garantirsi entrate che al momento sono scritte soltanto sulla carta.

Con tanto di sorpresa finale per l’anno nuovo, già ufficializzata sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: dal 1° gennaio 2015 aumenteranno ancora le accise sulla birra e su altri prodotti alcolici. Sbrigatevi a brindare prima della mezzanotte! Auguri a tutti noi per questo 2015, ne avremo bisogno.

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