di Claudia Montanari
ROMA – “Dateci tempo. Propongo un’idea di base. Non è un piano politico. E’ una visione del mondo. Non si tratta di sostituire una classe politica con un’altra. Noi vogliamo il 100% del parlamento, non il 20% o il 25% o il 30%. Quando il movimento prenderà il 100%, quando i cittadini diventeranno lo Stato, il movimento non avrà più necessità di esistere. Il nostro obiettivo è estinguerci”.
A dichiararlo è Beppe Grillo in una intervista rilasciata ieri 7 Marzo al Time.
L’idea di fondo, sostanzialmente, è molto chiara: nessun colpo di Stato, ovviamente (come qualcuno potrebbe erroneamente asserire). Un 100% di Parlamento voluto dal popolo stesso. Un totale ribaltamento dell’idea di democrazia in cui un unico partito, voluto dal popolo, deve essere al comando. Anzi, ancora meglio: un cittadino e i cittadini tutti che si sostituiscono allo Stato. Non una dittatura, dunque, vuole fare intendere, ma una direzione unica voluta dagli italiani stessi.
Eppure, analizzando meglio ma senza nemmeno poi troppa fatica la questione, alcuni concetti importanti possono essere estrapolati.
Innanzitutto, è bene fare un semplice elenco. Una chiara, schematica lista che, enciclopedia alla mano (ma anche, per i più navigati del web, wikipedia alla mano) mostra i paesi costituzionalmente monopartitici nel 2012:
- Cuba (Partito Comunista Cubano)
- Corea del Nord (Repubblica Democratica Popolare di Corea) (Partito del Lavoro di Corea)
- Eritrea (Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia)
- Laos (Partito Rivoluzionario del Popolo Lao)
- Cina (Partito comunista cinese)
- Gibuti (Lega popolare per il progresso)
- Mozambico (Repubblica del Mozambico) (Frelimo)
- Turkmenistan (Partito Democratico del Turkmenistan)
- Vietnam (Partito Comunista del Vietnam)
Tutte notissime democrazie, come sapranno i più.
Se vogliamo, possiamo indicare anche una lista degli Stati de facto monopartitici, nel 2012, benché questo non dovrebbe essere il nostro (eventuale) caso:
- Siria (Partito Ba’th)
- Zimbabwe (Unione Nazionale Africana Zimbabwe – Fronte Patriottico)
- Bielorussia (Repubblica di Bielorussia) (Partito Comunista Bielorusso)
- Kazakistan (Repubblica Democratica del Kazakistan) (Partito Democratico Kazako)
- Algeria (Repubblica Democratica Popolare Algerina) (Fronte di liberazione nazionale)
- Rep. del Congo (Repubblica Popolare Congolese) (Partito del lavoro congolese)
Una volta analizzato l’elenco, sarebbe molto interessante capire meglio cosa è uno Stato e cosa vorrebbe dire, per un partito, possedere il 100% di un Parlamento.
Come viene esposto in maniera molto chiara nel sito “Movimento dei caproni“, una delle definizioni possibili di Stato è “un insieme all’interno di cui vengono compresi tutti cittadini, i quali possono avere opinioni differenti.
All’interno di uno Stato è molto difficile (leggiamo “improbabile”) che tutti i cittadini abbiano le stesse medesime idee riguardo qualsivoglia argomento. Per, questo, in uno Stato nascono di fatto dei partiti: “I partiti riuniscono cittadini con idee simili, permettendo quindi la loro aggregazione, associazione e organizzazione” al cui interno, ovviamente, possono nascere altri dibattiti e discussioni su idee tuttavia simili.
Se il partito invece pretende di comprendere tutti i cittadini e tutte le idee, esso di fatto si sostituisce allo Stato, perché le due definizioni finiscono per sovrapporsi.
Uno Stato che ha un solo partito difficilmente riuscirà ad essere democratico, perché non garantisce la rappresentanza di tutte le idee di tutti i cittadini. È lo Stato appunto che deve garantirla, assicurando l’esistenza di diversi partiti e la loro possibilità di avere idee molto differenti e di dibattere su di esse.
Possiamo dunque immaginare che qualsiasi partito o movimento che possieda il 100% del Parlamento, si sostituisce di fatto allo Stato, e questo a sua volta diventerebbe proprietà del partito o movimento. Perché, di fatto, il leader assoluto dell’unico partito esistente ha poteri e influenza difficilmente limitabili.
Tuttavia, in buona fede il cittadino deve cecamente fidarsi del fatto che “quando i cittadini diventeranno lo Stato, il movimento non avrà più necessità di esistere”.
A fiuto, ovviamente. A fiducia.