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Berkeley e la meccanica quantistica

Creato il 13 febbraio 2013 da Dino Licci

Berkeley e la meccanica quantistica
La vita mi riserva sorprese incredibili e la raggiunta maturità mi ha portato a non sorridere più di teorie che un tempo ritenevo strampalate come quelle di questo pensatore, nemico acerrimo del materialismo, che oggi, alla luce delle rivelazioni della meccanica quantistica, si rivelano incredibilmente attuali. Sto parlando di Berkeley, il cui pensiero si può riassumere con la semplice frase: «Esse est percipi», che significa "l'essere è essere-percepito", ossia: tutto l'essere di un oggetto consiste nel suo venir percepito e nient'altro. La teoria immateriale così espressa, suggerisce che la realtà si risolve in una serie di idee che, per materializzarsi, hanno bisogno di essere percepite da uno spirito umano o divino. Per ricordarne il pensiero, ho imparato a memoria questa breve poesia che Russell riporta nel suo celebre saggio “Storia della filosofia occidentale” e che rende l’idea di come Berkeley usasse questa sua geniale intuizione per dimostrare, a suo modo, l’esistenza di Dio.Si stupiva un dì un allocco:
“certo Dio trova assai sciocco
che quel pino ancora esista
se non c’è nessuno in vista”RISPOSTAmolto sciocco, mio signore,
è soltanto il tuo stupore.
Tu non hai pensato che
Se quel pino ancora c’è
È perché lo guardo io.
Ti saluto e sono DIO”
Tutto ciò, ripeto, mi farebbe sorridere o quanto meno “cassare” questa teoria che d’altronde non è meno strana di tante altre formulate nei secoli da quegli instancabili ricercatori della verità che si suole indicare col nome di filosofi. Ma accanto ad essi, nella corsa verso la conoscenza, viaggiano gli scienziati che hanno l’abitudine di VERIFICARE tutto ciò che asseriscono e la meccanica quantistica ci trasporta nel mondo submicroscopico dove le idee di Berkeley incredibilmente trovano, in un certo senso, conferma. Nella realtà quantistica, un elettrone può occupare una qualsiasi posizione ed avere una qualsiasi velocità finché esso non viene osservato e il fatto stesso di osservarlo può fargli mutare velocità e posizione. E’ una di quelle antinomie già conosciute da Kant e addirittura da Aristotele, che consigliò di ignorarle se si dovesse incappare in esse, ma questo significherebbe usare il sistema degli struzzi e praticamente non risolverebbe il problema. Certo pensare che noi siamo comunque costituiti da cellule che hanno una struttura atomica con un nucleo attorno a cui ruotano vorticosamente e relativamente lontanissimi da esso degli elettroni che seguono orbite suscettibili di variazione se vengono osservate, non è soltanto strano, ma addirittura disarmante. Scoprire che il tempo, lo spazio non esistono se non come sensazioni e che il tempo si arresta alla velocità della luce e che comunque diminuisce con l’aumentare della velocità, ci fa capire che esiste una notevole differenza tra il nostro cosmo nel quale viviamo di illusioni (come il moto apparente del sole) e le verità dell’infinitamente grande sancita dalla teoria della relatività di Einstein. Ed ancora di più ci stupiremo quando scopriremo che, nell’infinitamente piccolo, esiste un fenomeno chiamato “entanglement” che prevede una velocità infinitamente più grande di quella della luce in palese contrasto con quanto asserito dallo stesso Einstein. I fisici stanno impazzendo cercando di trovare una teoria che unifichi due verità che sembrano ignorare la famosa regola della non contraddizione che i filosofi greci del VI secolo a.c. avevano fissato come indispensabile tassello nella corsa verso la conoscenza. Nel mio saggio Lettere a un’amica” ho cercato di rendere accessibili a tutti, questi concetti che ci riguardano molto da vicino anche se non ce ne accorgiamo perché usiamo il pc ed il cellulare o il navigatore satellitario ignorando che essi intanto esistono in quanto si sono scoperte queste leggi che sembrano assurde e comunque sono veramente contro intuitive oltre ogni dire. Al concetto di causalità si sta sostituendo quello di casualità imbrigliando il nostro pensiero in un groviglio in districabile di idee che forse sono l’unica certezza che abbiamo. Dino Licci

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