Comunque sia, Wiki o meno, finalmente tutti i sinistri italici lo possono urlare a squarciagola, in un gesto liberatorio: Berlusconi è un pregiudicato. Naturalmente alla faccia dei maledetti di destra, sempre lì a rompere con la solita tiritera su un Silvio penalmente vergine. Ora però i berluscones (nelle file dei quali io non sono iscritto) dovranno star zitti e soffrire: il Cavaliere si becca 4 anni di reclusione, tre dei quali condonati e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Roba piuttosto pesante, soprattutto l’interdizione, che metterebbe il Cavaliere fuori dalla politica per sempre.
Il fattaccio che ha prodotto questa sciagura penale è stranoto: i diritti TV di Mediaset. Secondo l’accusa, Berlusconi con altri imputati (tra cui Fedele Confalonieri, assolto), avrebbero occultato fondi neri, ottenuti tramite il gonfiamento dei diritti sui film acquistati negli USA. I fatti si sarebbero svolti dopo che Berlusconi fece la sua discesa in campo, e cioè nel 1993, quando praticamente lasciò tutte le cariche sociali e si dedicò solo alla politica.
Non potendo leggere l’integrale motivazione, non posso naturalmente dare un giudizio tecnico sufficientemente preciso, anche perché non conosco le 50 mila pagine di documenti probatori prodotti dall’accusa. Ciononostante, l’impressione mia è che la condanna sia un po’ forzata: un po’ perché Berlusconi nel periodo in cui sarebbe stato consumato il reato non aveva più alcun ruolo attivo nelle attività Mediaset (ma sarà il giudice dell’appello a valutare questo profilo), e un po’ perché nel processo in questione non è stata rispettata pienamente la prassi processuale.
Ed è proprio su questo ultimo dettaglio che vorrei soffermarmi. È noto infatti che proprio sul procedimento relativo ai “diritti TV”, pende ancora un conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale, in ragione del fatto che il Tribunale di Milano ignorò a suo tempo una richiesta di rinvio dell’udienza, perché Berlusconi – all’epoca presidente del Consiglio – era impegnato in affari di Governo. Ebbene, la prassi giudiziaria vorrebbe che il giudice del procedimento penale sospenda il processo finché non si pronunci la Corte Costituzionale. Cosa che – nel caso del processo a carico di Berlusconi – non è avvenuta. Conseguenza? Se mai i giudici costituzionali dovessero ritenere fondato il conflitto, la sentenza che oggi fa esultare il minoritario popolo sinistro verrebbe in un sol colpo cancellata e si ritornerebbe indietro al momento in cui il Tribunale di Milano rifiutò il rinvio. Dunque De Pasquale e il suo collega dovrebbero iniziare tutto da capo, e naturalmente cambierebbe la composizione del giudice.
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La palla, anche se per vie traverse e indirettamente, passa perciò nelle mani della Corte Costituzionale, seppure io, sui giudici delle leggi, non ci farei molto affidamento. Troppe volte la Corte ha dimostrato con le sue sentenze di non essere proprio “amichevole” nei confronti dell’ex Premier, tirando fuori dal cilindro sentenze di rigetto non proprio giuridicamente condivisibili. Ma se mai i giudici costituzionali dovessero dare ragione all’ex Premier, allora potremo dire che ancora una volta la giustizia italiana ha bruciato i soldi dei contribuenti facendo un proverbiale buco nell’acqua, e questo anche quando avrebbe potuto evitarlo.
In ogni caso – pronuncia della Corte Costituzionale permettendo – la condanna odierna non è comunque definitiva. Lo diverrà solo e se la sentenza non venisse impugnata ovvero – premessa l’impugnazione in appello e in cassazione – con il pronunciamento dei giudici di legittimità. E una cosa sul punto è certa: trattandosi di Berlusconi e di una condanna a suo carico (roba davvero rara e preziosa), sono quasi sicuro che si procederà più veloci della luce.
Fonte: TgCom24