Non c’è dubbio che lui in qualche modo se la caverà, ma l’ultima condanna a sette anni con l’aggiunta dell’ interdizione perpetua ai pubblici uffici è come un macigno sulla casta politica, sulla ex opposizione e sulle alte cariche che adesso per salvarlo con qualche escamotage legislativo dovrà perderci la faccia. Voglio vedere chi farà senatore a vita un condannato per prostituzione minorile e per evasione fiscale: ci vorrebbe più faccia tosta della sua. Voglio vedere quelli che voteranno un codicillo per eliminare l’interdizione dai pubblici uffici o addirittura il reato stesso o porteranno la prescrizione a dieci minuti dopo il fattaccio.
Ma è certo comunque che la pesantissima sentenza di Milano a cui si replica, senza un minimo lume di intelligenza e di fantasia, sempre con lo stesso disco rotto dei complotti, non mette minimamente in crisi il patto consociativo, anzi lo rafforza, nonostante Silvio sia costretto a far suonare il tamburo di guerra dai suoi fidi: il Cavaliere adesso ha bisogno di essere nella stanza dei bottoni per contrattare il suo salvacondotto, non può mettersi sulla strada di elezioni rischiosissime per lui, può solo minacciare la fine delle larghe intese per ottenere in cambio una via d’uscita. E d’altra parte il Pd si vede sfuggire uno degli elementi che lo tenevano insieme, il grande nemico che adesso fa meno paura e non può essere – non come prima almeno – un surrogato della politica: nemmeno lui può rischiare. La condanna di Berlusconi è un macigno per un’intera stagione della politica che non può fare un passo con lui e nemmeno senza di lui.
Il Pd ha infatti già chiesto un appuntamento al dottor Freud: la cautela spaventosa delle dichiarazioni, sentire Vendola attaccare il motivetto “vorrei sconfiggerlo politicamente” dopo vent’anni di rotta continua o sul piano delle elezioni o sul piano della sostanza in caso di striminzita vittoria, ha qualcosa di drammaticamente patetico: la narrazione del centro sinistra rischia di rimanere quella di Cappuccetto rosso senza più il lupo. Tanto per non essere in sintonia con l’elettorato ancora una volta. Quindi se da una parte è liberatorio assistere al dissolversi di una stagione del Paese nelle quali ha messo radici il suo declino, dall’altra si rischia una sindrome di immobilismo alla messicana con un partito unico delle cosiddette riforme, alias massacri, che ha bisogno di sostituire la falsa dialettica amico – nemico con quella delle falsa necessità e dei diktat europei. “Dottore, perché invece di provare schadenfreude per il colpo al mio avversario, mi trovo una crisi di panico?”
Forse perché l’avversario non era ormai che una parte di sé. Ed è proprio in questo che Berlusconi non è andato in prescrizione.