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Berlusconi: la resa

Creato il 04 ottobre 2013 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

La fiducia di Berlusconi al governo Letta dopo il tentativo fallito di minarne la stabilità

Letta Alfano Berlusconi: la resa

L’Italia è un Paese strano, politicamente off limits , ridicolarizzato nei talk show americani, guardato a vista dall’Europa, un Paese dove la gente ha smesso di indignarsi e interrogarsi sulle stranezze della vita politica e dei nostri governanti.

Siamo abituati a tutto e quella che abbiamo vissuto in questi ultimi giorni, anziché una pagina drammatica della vita parlamentare e democratica, è sembrata l’ennesimo teatrino in uno scenario tragicomico ben lontano dalla realtà. “Il PDL voti no alla fiducia al governo Letta”: questo  l’ordine impartito da Silvio Berlusconi  ai sottoposti pidiellini pochi giorni fa.  Berlusconi ha calcolato tutto. Il governo delle larghe intese, quello della responsabilità, quello messo in piedi per il bene del Paese, va rimosso. I tempi per le elezioni sono ormai giunti a maturazione e il leader indiscusso pronto alla nuova sfida. Ma per votare occorre che Letta se ne vada a casa e l’unica via per questo ribaltamento è il ricorso all’istituto della fiducia. Il fondatore di Forza Italia non ha timori, sa per esperienza che la sua parola è verbo e che può disporre dell’obbedienza incondizionata dei suoi alleati. Il piano appare dunque perfetto, e il ricorso alle urne vicino, naturalmente con la  solita e discussa legge elettorale. Ma qualcosa va storto, e come in un film giallo arriva il colpo di scena che non ti aspetti.

A poche ore dal voto, il segretario Angelino Alfano dichiara: “Rimango fermamente convinto che tutto il nostro partito domani debba votare la fiducia a Letta. Non ci sono gruppi e gruppetti”. Quella di Alfano non è una voce isolata e arriva sibillina a scuotere le aule parlamentari. Il segretario del PDL non è solo. Sono in molti i senatori che non vogliono seguire la linea dell’ex premier. Lo stratega Berlusconi non poteva certo immaginare la ribellione interna al “suo” partito, il colpo di testa di uno dei suoi “figli”. Il partito si divide, e per la prima volta la voce del padrone non riesce a ottenere l’unanime consenso e adesione al comando impartito. Ecco così che la giornata che doveva sancire la fine o il prosieguo del governo Letta, diventa un banco di prova per la stabilità di un partito e del suo, fino ad oggi, indiscusso leader. Ma Silvio Berlusconi non ci sta, non può credere di aver perso la sua leadership e fino alla fine ribadisce il suo secco no alla fiducia.

La sessione di interpello al Senato inizia in un clima di tensione. Alle ore 13.00 Silvio Berlusconi prende la parola al posto del capogruppo Schifani: “Pensavamo che il clima del Paese potesse cambiare e andare verso una sorta di pacificazione di cui ci sarebbe bisogno. Questa speranza non l’abbiamo deposta. Abbiamo ascoltato con attenzione le dichiarazioni del presidente del Consiglio, i suoi impegni sulla riduzione delle tasse, circa l’adozione dell’impegno che l’Ue ha voluto farci pervenire per quanto riguarda la responsabilità civile dei giudici. Mettendo insieme queste aspettative e il fatto che l’Italia ha bisogno di un governo che faccia riforme, abbiamo deciso non senza interno travaglio di esprimere voto di fiducia a questo governo”. Un attimo di smarrimento,  stupore da parte dei senatori, e poi il clamore per la resa: nessuno immaginava una virata così repentina.

Il governo ottiene dunque la fiducia sia al Senato (235 sì, 70 no) sia alla Camera (435 sì, 162 no). Berlusconi accorda il suo sì perché, conti alla mano, sa di non avere più i numeri per poter decidere sulle sorti del Paese. I “non allineati” sono sufficienti a tenere in piedi questo governo e mettere al contempo in un angolo il leader storico della coalizione del centro destra. E così Enrico Letta incassa questa vittoria e dichiara: “L’Italia corre un rischio fatale, dipende da noi sventarlo e senza baratti: la vita del governo va distinta dalla vicenda giudiziaria di Berlusconi“. Anche dal Quirinale arriva il commento affidato a una nota in cui Giorgio Napolitano scrive:  “Il governo ha vinto grazie alla fermezza  e ora non sono più tollerabili giochi al massacro”. Un auspicio che in molti nutrono, perché la stanchezza e la sfiducia a questo punto è davvero tanta.


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