Oggi è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, si danza al Colosseo, per esempio. E chi non danzerà, potrà almeno alzare un dito al cielo (l’indice!), come testimonianza privata. Ne parlavo davanti al caffé del bar ieri mattina con una sconosciuta che, come me, trovava l’inziativa utile e meditava di partecipare. Dall’altra parte del bancone, la barista color nocciola, capelli di cacao e con gli occhi a mandorla ha sussurrato: – Domani alle 15,00 c’è anche un sit-in all’Esquilino per la cittadinanza ai figli degli immigrati….”
“Tu hai figli?” Le ho chiesto. “Due. E sono preoccupata per loro.”
E il giorno dopo ti svegli piena di buone intenzioni ma scopri di dover spiegare alle tue figlie che un semidio come Pistorius ha fatto quello che ha fatto (col beneficio del dubbio sull’intenzionalità), sperando di non allontanare troppo da loro la fiducia che devono (sì, devono!) avere nei rapporti con l’altro sesso.
Bel mondo, ti viene da pensare, dove è necessario urlare forte i diritti inalienabili calpestati quotidianamente.
Infine è il compleanno della mia migliore amica del liceo (devo ricordarmi di farle gli auguri), bellissima. Meritava davvero di nascere a S. Valentino. Ah, già. Oggi è anche la festa dell’Ammmmore.
Direi che si può parlare di “amore” se si riesce a capire cosa intendeva il vecchio Hem* con questo scambio di battute:
“Viene con noi?” chiese la bruna.
“No. Vado a mangiare con la mia légitime.” Allora si diceva così. Oggi si dice “la mia réguliere“.
“Deve andare?”
“Devo e voglio.”
“Và, allora” disse Pascin. “E non innamorarti della macchina da scrivere.”
“Se mi capiterà, scriverò a matita.”
Per il resto c’è… In alcuni casi la carta di credito (meglio i contanti) oppure qualche altra definizione, a volerla proprio cercare. La migliore di oggi (grazie del suggerimento alla pittrice Kris Milakovic -mia maestra di carboncino-) per me è questa: