Titolo: Betty
Autore: Georges Simenon
Editore: Adelphi
Anno: 1992
Suscita rabbia e tenerezza, Betty.
È una donna soggiogata dalla propria complessità, confusa dai suoi stessi desideri. Un’anima fragile e crudele insieme che ricorda Emma Bovary.
Simenon ce la presenta in un’atmosfera densa di fumo e odorosa di alcol, seduta accanto a un uomo di cui sa ben poco, mentre beve whisky con la disperazione di chi vuol dimenticare.
Un sorso ancora e la sua vista comincia ad offuscarsi. I suoni sono come ovattati, i pensieri diventano ricordi, i ricordi si mescolano alla realtà e tutt’intorno è solo un magma di carni senza espressione.
Betty stramazza al suolo; gli sguardi degli avventori sono puntati su di lei. Poi qualcuno la soccorre e la porta via: “Date la 53 alla mia amica che non si sente bene.”
È sporca, Betty.
Sono tre giorni che vaga, sono tre giorni che non le importa di vivere o morire.
La donna bruna che l’ha condotta in albergo, Laure, si prende cura di lei senza chiedere niente in cambio e con immensa discrezione. Sa che non occorre far domande: sarà Betty a parlare.
Betty era una signora: aveva una casa, due bambine, un marito, un cognato, una cognata e, a Lione, una suocera che ogni settimana scriveva ai figli e, ogni due mesi circa, veniva a passare qualche giorno a Parigi.
Adesso però non sembra diversa dagli svitati che frequentano La buca, il locale di Mario, condannati dalle proprie scelte sbagliate e da una personalità distruttiva.
Si è inflitta il male con coscienza e volontà; tutto ciò che ha fatto l’ha desiderato.
Chi è dunque Betty? Una prostituta, un’ubriacona, una manipolatrice, una debole?
Con il buon Guy, il figlio del generale Étamble (che aveva avuto la disgrazia di incapricciarsi di una ragazza e di sposarla senza prendere informazioni come gli consigliava sua madre) Betty ha avuto la possibilità di condurre una vita dignitosa e ricca, un’esistenza “normale”. Solo che l’amore onesto e confortevole del marito non le bastava, sentiva il bisogno di mostrarsi per ciò che era veramente, una persona molto diversa da quella che gli altri credevano o volevano che fosse.
E infatti la catastrofe che l’ha portata a strisciare sul pavimento de La buca non è stata un evento inatteso e sfortunato: Betty l’ha cercata ossessivamente per fuggire dalla sua prigione dorata e tornare a rotolarsi nel fango.
“Non sono una vittima. Non sono da compiangere”.
C’è il vuoto adesso, intorno a lei. Il manicomio o l’obitorio.
Questo pensa Betty, o meglio questo fa credere a noi: come un cane rabbioso, finirà per cercare una via d’uscita mordendo la mano che le aveva offerto una carezza.
Un romanzo intenso che va letto con grande attenzione. Pagina dopo pagina, Simenon riesce a evocare emozioni in continuo contrasto, grazie a un’analisi profonda e sincera. Terminata la lettura, sarete attraversati da un brivido di turbamento…
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