Bianca come qualcosa, rossa come qualcos’altro

Creato il 18 ottobre 2011 da Chiagia

A un certo punto c’è questa scena in cui Leonardo ha appena saputo che la sua Beatrice sta morendo di leucemia.
Allora scappa da scuola dopo aver mandato a quel paese il professore e sparisce.
E quando lo trovano i genitori lo mettono in punizione per tutto l’anno.
Poi però il padre rientra nella stanza e gli dice (con parole di un retorico che non saprei ripetere) che lui una volta aveva lasciato la scuola per un buon motivo e che è orgoglioso di lui, che finalmente è un uomo, eccetera.
“Bianca come il latte, rosso come il sangue” di Alessandro D’Avenia – professore prestato alla letteratura e aspirante Moccia – è tutto così.
Leonardo parla in soggettiva come si suppone parli un sedicenne, facendo metafore che includono Nutella, Playstation e supereroi.
Ha un’amica fedele che è innamorata di lui e aspetta solo che l’altra muoia per prenderselo (ops, spoiler).
Ha un amico fedele con il quale fa gli sfidoni in motorino e le partite di calcio.
Alterna fasi di scoramento quasi prossime al suicidio con altre di entusiasmo irrefrenabile, spesso nelle stesse righe.
I genitori e in genere gli adulti non capiscono una mazza di lui e degli altri suoi coetanei, salvo poi dargli le dritte giuste al momento giusto.
Insomma, magari i giovani d’oggi sono davvero così e D’Avenia li conosce meglio di me.
Allora la prossima volta si faccia scrivere il libro da uno di loro, che magari la prosa è più decente.

(Perchè l’ho finito, vi chiederete. Per vedere Beatrice morire, non prima di aver lasciato un’ultima lettera insopportabilmente retorica. Perchè me l’ero imposto, visto che da un po’ di tempo abbandono i libri. Ma voi, che potete, non fatelo. O almeno leggetelo in cartaceo, che potete lanciarlo contro il muro quando l’irritazione supera il limite.)



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