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BIFFY CLYRO @Live Club, Trezzo sull’Adda (Mi), 6.12.2013

Creato il 19 febbraio 2014 da Cicciorusso

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Non so nulla di loro, proprio un bel niente. Tranne che li adoro.

Edimburgo, Scozia, freddo indicibile.
Lei si stringe forte al mio braccio. Un po’ troppo forte, in effetti me lo sta stritolando. Mi giro per farglielo notare ma il suo sguardo rancoroso mi penetra da parte a parte prima di essere portato via dall’ennesima raffica di vento. Forse ce l’ha con me. Forse sta morendo assiderata e mi ritiene colpevole. In effetti la meta l’ho scelta io. Ci sarebbe giusto un concerto del mio mito vivente assoluto (Mike Keneally) e la Scozia è la tappa del tour più vicina a casa. E’ il mio auto-regalo di compleanno.
Facciamo così, le dico sornione, lì davanti ci sarebbe quel record store HMV con l’aria calda che ti invita l’interno. Vuoi? Entriamo.
Oltre alla pletora di nice price e ai reparti chiusi con le transenne do not cross perchè la crisi incombe anche sulla sterlina, noto un’immagine che si ripete all’infinito sugli scaffali, come un’istallazione di pop art. E’ un live. A Wembley. Dei Biffy Clyro.
Li conosco solo di nome, per alcune recensioni in un blog iperspecializzato il cui autore rimpiange i gloriosi esordi e bacchetta le ultime prove a suo dire un po’ fiacchette. Mi pare siano un trio di scozzesi e che apriva per i Muse o qualcosa del genere.
In quel momento proiettano una loro canzone sugli schermi in alto: Mountains . Gesù. Maria. Che botta. Alla sera del giorno dopo ho 3 loro album nella valigia. Oltre al live a Wembley (cd e dvd).
Dopo una settimana dal ritorno a casa ho quasi finito la discografia.

Qualche mese fa vengono a suonare al Live Club di Trezzo sull’Adda.
Ci vado col mio fido compare di “concerti memorabili” e giusto per non rovinare la statistica, il concerto è memorabile.
Innanzitutto per l’età dei presenti. Io e il mio amico sembriamo essere gli unici in sala ad aver superato non dico i trenta ma pure i venti. Sgattaioliamo verso le prime file, zeppe di pseudoemo, di pseudohipster e di giovini pulzelle accorse, pare, solo-per-quanto-sono-fighi-i-Biff. Categoria dura a morire quella di chi dei libri guarda solo le illustrazioni.
Supero non senza fatica l’opening act dei Walking Papers, ennesimo nuovo progetto di Duff McKagan che per vederlo su un palco così da vicino vent’anni anni fa mi sarei sparato a un piede, poi si sa, i gusti cambiano e i miti crollano, però il batterista è l’immenso Barrett Martin (Screaming Trees, Mad Season, Tuatara, tutta roba buona e d’annata) per cui non mi lamento.

Ma ecco che arrivano loro: le luci si abbassano, parte l’intro di We are family delle Sister Sledge. Il pubblico è già tutto uno squittio. Io aggrotto la fronte. Non faccio in tempo a dire wtf che la band si lancia in assalto di decibel, coi propri corpi che si piegano oltre la soglia del dolore e l’aria che vibra di motivetti da cantare a squarciagola.
Come una mitragliata sciorinano tutto o quasi il repertorio più recente, la gente salta, io vado a farmi una birra, rimbalzando da un corpo all’altro come se mi trovassi dentro al mio screensaver.
Verso metà concerto ci spostiamo in galleria dove appoggiamo le stanche membra ai tavoli che stanno dietro al plotone di teens pronti a gettarsi di sotto al primo spostamento di ciuffo degli scozzesi (due su quattro, uno non può perchè è pelato come una biglia, ma se ne fotte di tutto e asperge il mondo del suo sudore, il quarto è un turnista talmente eclissato che mi commuove).
Sedute dietro di me incrocio le occhiate complici delle mamme venute ad accompagnare la prole. Per un attimo credo di essere ad un concerto degli East 17, o un padre venuto direttamente dal lavoro al concerto del figlio punkabbestia.
Di sotto è un tripudio di ritmi sincopati, mentre la Strato color singhiozzo di pesce urla come il volo Ocean Flight 815 in fiamme di Lost e il P-bass che pompa irrequieto. E quei cori, Diomio che cori grandiosi. Armonizzano anche i respiri.

Nel marasma generale, mi interrogo sul perchè mi piaccia tanto questa band.
La melodia che si fonde con i controtempi, sarà questo il motivo. La chitarra che evita i banali powerchords e si inerpica in staccati ossessivi, con la voce va per conto suo, tipo su Sounds Like Balloons.
Certo, alcuni pezzi sono melensi e smaccatamente chart-oriented e forse è quella la ragione dei fan in delirio, ma chissenefrega, l’atmosfera è elettrica e i presenti non fanno gran distinzione tra i pezzi scontati e quelli no.
E’ uno di quei gruppi che ti (mi) fan venire voglia di fare una compilation da ascoltare in macchina, per dire.
E comunque, va detto, fighi son fighi.

E il loro nome è tipo l’anagramma dell’espressione “La Biro di Cliff (Richard)”, il che li rende superiori.

Scaletta:

We Are Family (Sister Sledge)
Different People
That Golden Rule
Who’s Got a Match?
Sounds Like Balloons
Biblical
Victory Over the Sun
God & Satan
Glitter and Trauma
Bubbles
Spanish Radio
Little Hospitals
The Rain (solo acoustic)
Folding Stars (solo acoustic)
Living Is a Problem Because Everything Dies
57
Many of Horror
Modern Magic Formula
Black Chandelier
Woo Woo
The Captain

Encore:
Opposite
Stingin’ Belle
Mountains



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