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“Big Eyes” – Tim Burton

Creato il 20 gennaio 2015 da Temperamente

Ispirato alla vera storia della pittrice americana Margaret Keane, nata Peggy Doris Hawkins, il film di Tim Burton, a discapito delle critiche di coloro che lo stile del regista faticano ad apprezzarlo e, in alcuni casi, addirittura a riconoscerlo, sta conquistando spettatori di ogni età e gusto cinematografico. Lungi dal riallacciarsi alle ultime pellicole che, concedetemelo, sembrano l’una la copia dell’altra – sarà forse colpa dell’onnipresente Johnny Depp, ora nei panni di un barbiere assassino ora in quelli di un vampiro? -, Big eyes si propone come un ritorno alle atmosfere piene di magia e poesia che avevano caratterizzato l’indimenticabile Edward mani di forbice.

Il film si apre con la fuga di Margaret dal primo marito, tale Frank Ulbrich, e il successivo vagabondaggio della stessa in compagnia della figlia Jane e dei suoi curiosi quadri. In occasione di una fiera tenutasi a San Francisco, Margaret viene avvicinata dall’affascinante Walter Keane, che si professa artista squattrinato e, con fare degno di un tombeur de femmes, riesce a conquistare la fiducia e il cuore della donna. Versando in una condizione disperata, separata, con una figlia da mantenere, Margaret acconsente al matrimonio con quest’uomo di cui poco o nulla conosce. A questo punto, miei cari lettori, ho tralasciato di raccontare dei veri protagonisti della vicenda: i quadri. Ritratti di fanciulli, maschi e femmine, i cui volti traggono ispirazione da Jane, figlia di Margaret, ma con qualche ‘modifica’: a caratterizzare le opere della Keane, infatti, sono gli occhi, grandi occhi tristi che, spiega l’artista, ‘sono lo specchio dell’anima’. Forte della sua intraprendenza e capacità di raggirare il prossimo, Walter riesce a far esporre i dipinti della moglie in un locale, nel quale, a seguito di una rissa, essi ne diventano la principale attrazione. È a questo punto che Walter, per un malinteso, si spaccia per l’autore dei quadri, sostenendo poi che tale trovata favorirà il successo di Margaret. Tuttavia, la situazione sfugge al controllo al punto che, nei dieci anni a seguire, è Walter che pubblica libri, è ospite di importanti trasmissioni e interviste nonché protagonista di importanti testate giornalistiche che danno popolarità ai bambini dai grandi occhi.

Ora, vi starete chiedendo quale sarà l’esito di questa assurda e incredibile vicenda, miei cari amici. Se avete visto il film, conoscete già l’intera storia di Margaret Keane – apprezzatissimo il cammeo della ‘vera’ artista in una scena -; in caso contrario, a voi il piacere di scoprirla. Quanto a Burton, mi preme sottolineare la gradevolezza della pellicola che, contando su due attori del calibro di Amy Adams e Christoph Waltz, tiene incollati allo schermo dall’inizio alla fine. Toccante e ben costruito il ruolo della Adams che, grazie alla delicatezza dei tratti e alla indiscussa bravura attoriale, dà un’immagine veritiera dell’artista, vittima (quasi) inconsapevole del potere persuasivo del marito; perfetto e ironico, oltre l’immaginabile, Waltz che, come in ogni interpretazione, sorprende per la performance camaleontica e divertente. Ormai lontano dalle atmosfere noir e grottesche tipiche degli ultimi film, Burton cede il posto ai colori, che dominano tele e personaggi anche nei momenti più drammatici. Ulteriore nota positiva: la colonna sonora, dal titolo Big Eyes, affidata alla bellicosa voce di Lana Del Rey e pensata appositamente per raccontare la vicenda di Margaret Keane. Che dire, cari lettori: forse la separazione dall’anticonvenzionale moglie ha ridato a Burton quel guizzo che caratterizzava i suoi primi prodotti? Sarebbe inopportuno definire questo film poco ‘burtoniano’ – lasciatemi passare il termine sgrammaticato -, eppure, in qualche modo, è la ragione per la quale ci è tanto piaciuto.


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