Due giorni fa si è concluso, al Marriott Hotel di Copenhagen, il ritrovo annuale del club Bilderberg. Numerosi gli attivisti e i reporter che hanno affollato la capitale danese per protestare, chiedere informazioni o immortalare il vip di turno. Consueto silenzio assordante dei media mainstream che, censurando l’evento, finiscono per dar voce alla pletora del complottismo sul web.
Perché nessuno ne parla? Ma soprattutto: sappiamo cos’è il meeting più importante del pianeta? Proverò brevemente a rispondere.
Il gruppo Bilderberg è una riunione annuale composta dalle personalità più influenti sulla scena politica, finanziaria e militare. Il primo incontro fu il 29 maggio 1954 in un lussuoso hotel di Oosterbeek (Paesi Bassi): il Bilderberg hotel, appunto. Da lì in poi, visto il clamoroso successo della prima edizione, fu istituito un consiglio permanente che selezionasse due invitati da 18 nazioni differenti (tra Europa, Usa e Canada). Così ogni anno decisero di incontrarsi in un resort diverso delle migliori località occidentali.
Scopo iniziale dichiarato del gruppo era di eliminare l’antiamericanismo in Europa, favorendo la cooperazione tra Vecchio Continente e Stati Uniti in campo politico, economico e in ottica di difesa.
Gli ideatori del Bilderberg sono 4: il politico polacco Jozef Retinger, il principe dei Paesi Bassi Bernard van Lippe-Bisterfeld (papà dell’ex sovrana Beatrice d’Olanda), il premier belga Paul van Zeeland e l’allora capo dell’Unilever Paul Rijkens. Il principe Bernard, tessera n°2583009 del partito Nazista, lavorò come spia per le unità speciali delle SS; le sue attività sono documentate dalle testimonianze del processo di Norimberga (Fonte: Newsweek, 5 aprile 1976). Giudò il club dal 1954 al 1976, anno in cui si dimise per uno scandalo di tangenti che lo vedeva coinvolto in prima persona. Bernard introdusse all’interno del meeting i livelli più alti delle forze armate occidentali, su tutte il capo della CIA Walter Bedell Smith.
Gli incontri sono rimasti ufficialmente “segreti” fino al 2008, momento in cui, per rispondere a esigenze di trasparenza, il Bilderberg si è dotato di un sito internet ad hoc e di un ufficio stampa che pubblicasse la lista dei partecipanti e le tematiche trattate a ogni raduno (bilderberg.com). Nonostante ciò, il “Club dei potenti” rimane fuori dai telegiornali, relegato in trafiletti invisibili sui quotidiani e mai menzionato dagli stessi interessati. Chiedere per conferma a Mario Monti, Franco Bernabè, John Elkann o Lilli Gruber. Tutti attuali membri italiani del consesso riservato.
Nessuno osa proferir parola, perché nessuno può. Il motivo si chiama “Chatham House Rule”, un accordo morale siglato alla Chatham House di Londra per regolare le informazioni tra privati e istituzioni pubbliche. Secondo la Rule nessun membro è autorizzato a fornire notizie o dialoghi scambiati all’interno del gruppo privato. Tutto questo per garantire – si legge – la liberà di parola e l’anonimato del partecipante. In questo modo, il relatore non si dovrà preoccupare delle possibili ricadute sulla sua reputazione, conseguendo inoltre in “miglioramento delle relazioni internazionali” (Fonte: Chatham House History, Royal Institute of International Affairs).
Appurato il sano obiettivo, è doverosa una riflessione. Siamo nell’epoca dei social network e della sempre più crescente richiesta di democrazia partecipata. E’ ancora accettabile mantenere il silenzio su questioni che interessano milioni di cittadini? E’ tollerabile evitare la documentazione di un evento, seppur non ufficiale, di tale portata? Credo di no, per due ragioni. I popoli aspettano risposte e spiegazioni dalla classe dirigente che ha indiscriminatamente consegnato lo scettro alle multinazionali, creando diseguaglianze e crisi economiche. Secondo: una quantità simile di attori pubblici non può eludere domande sacrosante, né evitare di relazionare in modo soft sulle tematiche di primaria importanza pubblica trattate nel meeting. Il rischio potrebbe essere un aumento di teorie del complotto di ogni genere (come internet testimonia), rivolte e sentimenti anti-casta diffusi. Esclusa in parte l’Italia, le ultime elezioni europee parlano chiaro.
Le persone, oggi più che mai, hanno bisogno di motivazioni, positive/negative, o comunque di elementi – anche se mitigati – che diano ragioni valide agli eventi che le sovrastano. La globalizzazione è giusta? Spiegate il perché. La crisi era inevitabile? Ditelo. E’ necessario un governo tecnico che decida a livello globale? Benissimo: dichiaratelo con forza.
Non è più tempo di procedere con la politica del “lancio il sasso e tolgo la mano”. A tal proposito, come si fa a non capire la nascita di movimenti europei anti-sistema? L’unico modo per avvalorare la bontà del sistema è mostrare il sistema stesso, spiegarlo semplicemente e in modo limpido. Chi non lo fa, commette un errore di valutazione. Per superficialità o malafede.
Il Bilderberg: teoria tascabile.
L’alone di mistero che circonda il meeting ha fornito costantemente ossigeno al fuoco dei geopolitici e dei curiosi credenti nel cosiddetto “complotto”. La teoria più diffusa e, se si può dire, meno distante dalla realtà, la espone lo scrittore russo Daniel Estulin nel libro “Il club Bilderberg” (2005).
Estulin sostiene che lo scopo dell’incontro sarebbe influire sulle dinamiche economico-politiche internazionali, per favorire gli interessi strategici dei componenti stessi del Gruppo. Al di là di ogni commento in merito, è curioso vedere come chi sia transitato nel Bilderberg abbia poi assunto cariche istituzionali rilevanti nello scacchiere globale. Ne sono ad esempio: Bill Clinton, Tony Blair, Mario Monti, Enrico Letta, Lucas Papademos, Mario Draghi, Jean-Claude Trichet, Herman Van Rompuy e Christine Lagarde (solo per citarne alcuni).
Sicuramente è un bel trampolino di lancio per le menti più illuminate del nostro tempo e un proficuo serbatoio di idee per la costruzione di un nuovo ordine mondiale, superati i vecchi blocchi della Guerra Fredda. L’unico neo? L’apparente concezione anti-democratica e privatistica con cui vengono sviluppate le questione pubbliche.
Dedica speciale.
La chiusura è dedicata a David Rockefeller, ex presidente di Chase Manhattan Bank, presidente della Commissione Trilaterale e membro permanente del Bilderberg. Così si espresse sul silenzio dei media sulle questioni del meeting: “Siamo grati al Washington Post, al New York Times, al Time e ad altre grandi testate i cui editori hanno partecipato ai nostri meeting rispettando il loro impegno di discrezione per quasi 40 anni. Sarebbe stato impossibile per il Gruppo Bilderberg sviluppare il proprio piano per il mondo se fosse stato soggetto alle luci dei media, in questi anni”.
Come dire… Un piccolo passo per l’uomo, un gigantesco balzo per il Bilderberg!
Paolo Fassino