C’è rassegnazione a Torre San Patrizio. Ormai è comune sentire che la centrale a biogas quasi ultimata nelle campagne immediatamente prospicienti l’abitato (e pericolosamente vicino anche a Montegranaro e Monte Urano) sia una cosa da accettare come una disgrazia venuta dall’alto. Più che ad una disgrazia somiglia ad una prepotenza, dettata dall’inspiegabile politica energetica adottata dalla Regione Marche che, nascondendosi dietro un finto ecologismo, dà carta bianca a speculazioni dettate soltanto dal ritorno economico derivante dagli incentivi per le rinnovabili. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: le nostre belle campagne marchigiane costellate di specchi e una rete di centrali alimentate a biomasse o biogas che, prese una per una, sembrano inoffensive ma una volta sommatone gli effetti dovuti all’estrema vicinanza l’una dall’altra, assumono i contorni di una biobomba pronta a minare la salute dei cittadini, con buona pace dei nostri amministratori di Ancona.
Così oggi sembra che l’unico che ancora ci creda (ma poco) sia il Sindaco Barbabella che continua a tenere viva l’attenzione sulla questione. Barbabella denuncia l’incomunicabilità tra l’ente da lui gestito, il Comune, e la Regione Marche che non risponde alle istanze, fa orecchie da mercante e assume decisioni senza consultare l’ente locane che, seppure non avendo potere di veto o di pareri vincolanti, per buon senso e rispetto democratico andrebbe comunque sentito. Ha ragioni da vendere Barbabella e si capisce l’amarezza della sua solitudine istituzionale nel condurre una battaglia che sembra persa, con l’unica carta che rimane ancora in gioco, quella dello stop dato dalla magistratura, che sembra sempre più una scartina dato il silenzio di quest’ultima.
Vale però la pena ricordare, pur nella convinzione della buona fede del Sindaco di Torre San Patrizio, che la situazione attuale è figlia della leggerezza con la quale sono state approvate le concessioni edilizie per la costruzione della porcilaia facente parte integrante del progetto della centrale. È proprio grazie alla presenza della stalla che la procedura di V.I.A. è stata inappuntabile da un punto di vista tecnico. Sarebbe bastata un po’ di lungimiranza per non autorizzare la costruzione dell’allevamento ovino e oggi il problema avrebbe tutt’altra storia. Ma è inutile piangere sul latte versato. La domanda che, però, ancora molti si fanno è questa: che fine ha fatto la Conferenza dei Servizi aperta al pubblico che doveva essere convocata subito dopo l’Assemblea pubblica del 14 settembre scorso?
Luca Craia