Prima di addentrarci sull’utilizzo dei digestori di biomasse dovremo dare un spiegazione un po’ più tecnica di come funzionano (quelli che odiano chimica e tecnologie ci scusino).
Un digestore di biomasse è un reattore in cui avviene una fermentazione anaerobica delle biomasse stesse.
La fermentazione anaerobica è un processo microbiologico che, in presenza di determinati microrganismi, permette la decomposizione delle biomasse con formazione di biogas (miscela di metano CH4 e, anidride carbonica CO2) e digestato (sostanza solida).
In natura tutti i materiali organici subiscono processi di decomposizione ad opera di batteri che agiscono o in presenza di ossigeno (decomposizione aerobica) o in assenza di ossigeno (decomposizione anaerobica).
Questi processi, spontanei in natura, possono essere condotti in opportuni impianti detti digestori. Nei digestori anaerobici avvengono appunto le fermentazioni anaerobiche, ma non solo.
Nel processo di fermentazione anaerobica compaiono diversi tipi di microrganismi legati tra loro da un efficiente relazione di sintrofia (cooperazione di organismi che dipendono l’uno dall’altro). Questa cooperazione sintrofica è giustificata dalla bassa resa energetica della metanogenesi (produzione di metano) rispetto per esempio ad una degradazione aerobica.
Schema della digestione anaerobica
Quando i liquami arrivano al digestore sono composti da molecole organiche complesse e sono in un ambiente ricco di ossigeno, una sostanza letale per i batteri metanigeni: occorre perciò che le molecole complesse vengano demolite in altre più semplici e l’ossigeno presente sia consumato. In questa prima fase, detta di Idrolisi, i microrganismi aerobi catabolizzano le proteine in amminoacidi, i polisaccaridi in zuccheri semplici e i lipidi in acidi grassi. Nel fare questo viene consumata buona parte dell’Ossigeno (O2) presente attraverso la respirazione aerobica con produzione di Anidride Carbonica (CO2).
Nella seconda fase, la Fermentazione, i batteri anaerobi facoltativi (ovvero che possono vivere anche in presenza di Ossigeno), utilizzando come substrato i composti organici semplici li riducono ad acidi organici(acido acetico, propanoico, metanoico), ad alcoli a catena corta (metanolo, etanolo etc.) e ad Anidride Carbonica (CO2) e Idrogeno (H2). In questa fase tutto l’Ossigeno (O2) presente nei liquami viene consumato creando un ambiente totalmente anaerobio dove i batteri metanigeni possono svilupparsi.
La terza fase è l’Acetogenesi. I batteri acetogeni, produttori obbligati di Idrogeno (Obbligate Hydrogen Producing Agents = OPHA), utilizzano come substrato i prodotti della fermentazione catabolizzandoli ad Acetato, Anidride Carbonica e Idrogeno.
I batteri omoacetogeni, intanto, sintetizzano Acido Acetico partendo da Anidride Carbonica e Idrogeno.
Il risultato dell’azione di questi due gruppi di batteri è la produzione di acido acetico (CH3COOH) che è il substrato d’azione preferito dei batteri metanigeni.
Nell’ultima fase, la Metanogenesi, i batteri metanigeni agiscono in due modi: gli Acetoclasti, demoliscono l’acetato dando Metano e CO2, mentre gli Idrogenotrofi, sintetizzano il metano da Idrogeno e Anidride Carbonica.
I batteri metanigeni NON hanno la glicolisi, NON presentano il Ciclo di Krebs, NON hanno una catena respiratoria né la fosforilazione ossidativa, e sono MOLTO RICCHI in vitamina B12 e il Acido Folico.
Microrganismi Metanigeni
Inizialmente, quando il processo è avviato per la prima volta, i batteri aerobi procedono alle reazioni di idrolisi, fermentazione con consumo dell’ossigeno presente. Terminate queste fasi i batteri aerobici muoiono e si inizia la fase anaerobica vera e propria. In un primo tempo si riproducono i batteri acido-formanti che producono soprattutto acido acetico, formico e i loro sali insieme ad ulteriore anidride carbonica e a un certo quantitativo di idrogeno. Man mano che il substrato si riduce, la popolazione dei batteri aceto-produttori si riduce e cominciano ad aumentare i batteri metanigeni che trasformano i prodotti del metabolismo degli acetogeni in Metano, CO2 e digestato. Questa catena alimentare deve essere vista come attività coordinata (sintrofia) una volta che il digestore è a regime. Quando il digestore è a regime alla massa in fermentazione si possono aggiungere quantità calcolate di rifiuti organici freschi opportunamente diluiti con acqua, mentre nel contempo devono essere estratti il digestato e il biogas. Il processo simbiotico è chiaro: i batteri acidi producono il cibo per i batteri metanigeni, mentre i metanigeni, eliminando i prodotti di scarto degli acidogenici, mantengono il giusto livello di “acidità” altrimenti gli acidogenici morirebbero soffocati dai propri rifiuti.
E’ un esempio del vecchio detto “ciò che per qualcuno è immondizia, per un altro è un tesoro“.
E’ evidente, da quanto detto, che è importantissimo il controllo della acidità dell’ambiente di digestione. Se le nuove cariche di liquame non sono sufficientemente diluite si avrà un eccesso improvviso di acidità, i metanigeni non potranno eliminare con sufficiente rapidità i prodotti degli acidogeni e il ciclo si arresterà. Analogamente, se la carica è troppo diluita, i metanigeni mangeranno tutto l’acido presente, l’ambiente si sposterà su valori basici per eccesso di ammoniaca con inibizione della fase acida e il processo si arresterà nuovamente. Per controllare l’acidità dell’ambiente in un digestore a regime si interviene aggiungendo all’occorrenza della Calce o del Carbonato di Calcio. L’acidità ottimale è pH=7,1. Esso non deve scendere sotto pH=6,6 o salire sopra pH=7,6.
La temperatura della fermentazione influenza soprattutto la velocità di produzione del metano una volta che è stata decisa la temperatura di esercizio in base ai batteri usati. I batteri in funzione della temperatura vengono classificati in
batteri termofili attivi tra i 55° – 75°C
batteri mesofili attivi tra i 30° – 35°C
batteri criofili attivi a 15° C.
Microrganismi mesofili (A e C) e termofili (B e D) al microscopio elettronico
Con i batteri termofili si ha produzione di biogas in 5 – 10 giorni, con i batteri mesofili si ottiene biogas dopo circa 30 – 60 giorni. In genere si usano i batteri mesofili, sia perché mantenere un reattore a 55 – 70 gradi costringe a spendere energia (cioè a bruciare parte del biogas prodotto) sia perché i termofili sono piuttosto sensibili agli sbalzi termici. In genere i termofili sono usati nelle zone desertiche (per esempio Israele) e tropicali (per esempio India), dove certe temperature si raggiungono lasciando sotto il sole il digestore. I termofili hanno anche lo svantaggio di dare fanghi e humus meno pregiato, in quanto contenente minor azoto organico.
Schematicamente un digestore monostadio si può rappresentare così:
Digestore a basso carico
Il surnatante è composto da acque parzialmente chiarificate ed essendo ricco di sostanze organiche e inquinanti è in genere re immesso all’inizio del processo addizionato ai fanghi/liquami freschi.
Per una buona gestione dell’impianto è necessario che i vari strati vengano periodicamente rimescolati allo scopo di impedire l’eccessivo accrescimento della crosta superficiale (schiume, n. 4 in figura) che impedendo il rilascio del biogas disturberebbe l’equilibrio fra le varie fasi della digestione, e per favorire una maggiore uniformità tra i liquami freschi immessi e i fanghi in digestione, più ricchi in metanigeni, evitando così squilibri tra le varie fasi. L’estrazione del fango stabilizzato deve però avvenire dopo un periodo di calma per permettere una proficua sedimentazione.
Usualmente i digestori sono muniti di sistema di ricircolo che ha la funzione di riscaldare e miscelare la biomassa all’interno del digestore stesso.
Digestore a doppio stadio.
Per grandi potenzialità (ovvero superiori a 40.000 abitanti o abitanti-equivalente) si usano digestori a doppio stadio in cui in una prima apparecchiatura si impongono le condizioni ottimali per una buona fase acida, mentre nel secondo stadio si affinano le reazioni di stabilizzazione, ispessimento e riduzione della carica batterica del fango in modo da ottenere una ottimale trasformazione in biogas delle biomasse e un fango ben ispessito. Ecco un esempio di fango bene ispessito. I forellini nei granuli di fango mostrano il punto da cui è fuoriuscito il biogas.
Granuli di digestato
Abbiamo visto che nella digestione anaerobica si utilizzano biomasse e soprattutto liquami, ma quali tipi di biomasse, quali liquami sono i più indicati e quali sono i vantaggi energetici ed ambientali della digestione anaerobica delle biomasse?
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