L'opera di Carver che Thomson vuole mettere in scena è Di cosa parliamo quando parliamo di amore, Inarritu nel suo bellissimo film mette in scena la necessità contemporanea di esserci, di essere visibili agli altri e da loro riconosciuti più che essere amati.
Il mondo dello showbiz si presta benissimo a raccontare questo bisogno che i social oggi hanno amplificato e reso raggiungibile a ognuno di noi. Il tentativo di rilanciarsi di una celebrity in disgrazia diventa l'occasione di raccontare due mondi inconciliabili: le produzioni hollywoodiane a cui interessa solo l'incasso e il teatro newyorkese, tempio della verità riservato ai soli attori di talento.
La scelta dei protagonisti è ottima non solo perché molto bravi ma soprattutto perché hanno tutti alle spalle un blockbuster dei comics e su Michael Keaton si crea un vero cortocircuito metacinematografico dato che il film potrebbe ricalcare la sua carriera di precursore di un genere (ha impersonato lo storico Batman di Tim Burton) poi caduto nel dimenticatoio.
Notevole anche la qualità regsitica: gran parte del è ambientato nel teatro in cui andrà in scena la piece e Inarritu sa sottolineare il clima opprimente che avvolge il suo protagonista con un senso di claustrofobia dato dall'ambientazione angusta, sottolineata dai numerosi piani sequenza che trasformano i passaggi nei corridoi in un viaggio nella mente schizofrenica (?) di Riggan.
Da sottolineare anche la colonna sonora caratterizzata da tumultuosi assoli di batteria.