Ora che l'Italia ha passato il turno possiamo dirlo, a volte riusciamo a essere ridicoli. Lo sponsor Sharp chiede "Quanto sono emotivi gli italiani?" Troppo. Emotivi, complottisti incapaci di fare autocritica e di comprendere quando è meglio tacere. I giocatori azzurri non avevano ancora finito la doccia dopo il match pareggiato con la Croazia e già i giornalisti vaticinavano un possibile biscotto fabbricato da Spagna e Croazia. Si dava per scontata la vittoria con l'Irlanda - questa sera abbiamo visto quanto il risultato è stato incerto fino al novantesimo - lamentando che poteva non bastare per passare il turno. Suona stonato accusare gli altri di pratiche che, stando alle intercettazioni nell'ambito dell'indagine sul calcio scommesse, in Italia sembrano pratica comune quanto indigesta.
Gli Azzurri sono abituati a dar via le chiavi del proprio destino, aspettare che un'altra squadra (vedi Spagna) faccia il proprio dovere, vincendo anche quando non le è strettamente necessario (in bilico era il primo posto del girone), per poter guardare avanti e sperare nel futuro. Il tiriamo a campare non è una mentalità da grande squadra. Umiltà, lucidità, autocrita e capacità di imparare dai propri errori possono essere un punto di partenza. Non si può guardare la pagliuzza nell'occhio del vicino se non si riesce a riconoscere la trave nel proprio.