di Giovanni Palladino
Per far quadrare i conti la legge di stabilità impone agli enti locali (regioni e comuni) notevoli tagli delle spese, ossia dei loro sprechi, che spesso celano “mazzette”. Ma è bene chiarire che in questo caso l’espressione “far quadrare i conti” è fuorviante. Perché ai fini di una gestione corretta e sostenibile dell’economia di un Paese con un enorme debito pubblico, la “quadratura” dovrebbe mirare a ridurre – anno dopo anno – il pesante fardello del debito per riportarlo a livelli meno preoccupanti. E ciò richiederebbe un avanzo annuale di bilancio, anziché un disavanzo, come da tre anni avviene in Germania.
L’Unione Europea ci chiede di non superare il 3% nel rapporto tra disavanzo pubblico e pil, ma non basta rispettare questo requisito per diventare “virtuosi” e per iniziare a ridurre il rapporto tra debito pubblico complessivo e pil, giunto ora a un preoccupante 136%.
Obiezione: il Giappone si trova al 230% (gli Stati Uniti al 102% e la Germania al 78%), eppure i giapponesi non sembrano preoccupati…
Ma in realtà lo sono, perché da tempo la situazione economico-sociale del Paese non migliora e il risparmio delle famiglie – per lo più investito alla Posta con interessi vicino allo zero – serve soprattutto a coprire il disavanzo pubblico. Inoltre da anni la Banca Centrale del Giappone inonda di liquidità il sistema economico nel vano tentativo di aiutare la crescita dell’occupazione interna. Ma nonostante ciò, negli ultimi 10 anni le imprese giapponesi hanno create più occupazione all’estero che non all’interno.
Anche la politica monetaria molto espansiva della Banca Centrale Usa potrebbe presto dimostrarsi più pericolosa che non risanatrice delle debolezze di quel sistema; debolezze che sono il predominio della finanza speculativa e l’eccessivo indebitamento del Paese nei confronti dell’estero. E il dollaro, prima o poi, è destinato a essere detronizzato dal suo trono di privilegi, se continua a inondare il mondo con la sua carta (di debito).
La finanza pubblica di un Paese, a lungo andare, è soggetta alle stesse leggi della finanza privata di una famiglia: se le uscite sono eccessive rispetto alle entrate, e il risanamento viene sempre rimandato, alla fine c’è il fallimento. Chi si oppone all’austerità dovrebbe invece opporsi alla corruzione, vera nemica di una sana crescita economica-sociale. La corruzione va a nozze con l’evasione fiscale ed è quindi una naturale creatrice di disavanzo pubblico.
Se le banche – per non rischiare troppo – si rifiutano di finanziare una impresa o una famiglia troppo indebitata, perché i risparmiatori (e le stesse banche) dovrebbero continuare a comprare titoli di Stato, se lo Stato dimostra di non essere capace di ridurre il suo debito eccessivo?
Questa non è la dura legge del mercato, ma è la legge naturale del buon senso. A furia di calpestarlo e di creare sfiducia, si finisce nel baratro.
Pertanto il Governo Renzi dovrebbe varare provvedimenti capaci di ridurre non solo il disavanzo pubblico, ma anche il disavanzo morale e culturale di cui l’Italia soffre da troppi decenni. Il popolarismo sturziano e la Dottrina Sociale della Chiesa possono essere di grande aiuto.