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Black Death

Creato il 04 dicembre 2011 da Fant @fantasyitaliano

Trama di Black Death

Osmund è un novizio di un monastero devastato dalla peste. Segretamente innamorato, fa scappare la sua donna lontano dal monastero per cercare di salvarla dall’epidemia e si offre volontario per accompagnare la spedizione di mercenaria di Ulric, che deve verificare per conto della Chiesa la veridicità delle voci che affermano che un villaggio in quelle terre lontane è immune al contagio.

Recensione di Black Death

La peste a cui allude il titolo è presente come motore e ragione sufficiente della

black death
storia, senza però essere troppo invadente. In alcuni momenti la morte nera è sullo sfondo (un topo, un bubbone, un medico della peste dalla maschera di cicogna) altre volte assume la consistenza di un personaggio a sé. Grazie a questa scelta deliberata, il film riesce a mostrare come la morte nera condizioni più i vivi che i morti, allontanandosi al contempo dal rischio di un’atmosfera densa di cliché.

I personaggi sono sfaccettati e credibili, distinguendosi l’un l’altro ora per efferatezza, ora per codardia o per testardaggine. Nel complesso una delle bande di soldati medievali tra le più credibili del cinema recente.

Discorso a parte per Sean Bean che ci mette del suo per caratterizzare un personaggio già riuscito in sede di sceneggiatura. Non credo infatti che quest’attore abbia sempre e solo la fortuna di pescare ruoli così sfaccettati e tridimensionali; non è da tutti riuscire a sottrarsi sia alla maledizione del comprimario, sia a quella del protagonista inquadrato, piatto e privo di spessore già prima dell’inizio del film.

In Black Death nulla è come appare. Tra personaggi che non rivelano mai interamente la propria vera natura (sia essa positiva o negativa), ci si inoltra in una sorta di Apocalypse Now in costume medievale. Alla fine del fiume non troveremo però il colonnello Kurtz, ma una comunità “senza Dio” e dedita alla stregoneria. Ulric, il personaggio interpretato da Sean Bean, intende proprio scoprire quali riti pagani si celino dietro l’esclusione del villaggio dal contagio della peste.

Ultima ma non ultima, la gestione centellinata del sangue e della violenza. L’Orrore è infatti invisibile come la morte nera, striscia alle spalle dei personaggi e li colpisce quando meno se l’aspettano. Orrore, dunque, pienamente psicologico, prima che d’ambientazione e che scaturisce raramente da violenza fine a sé stessa. Non si parla solo di sangue o di teste mozzate, ma anche dell’attesa di un’esecuzione, l’orrore di un’impiccagione, la mano che cerca sul corpo le tracce di un bubbone (e dunque della morte). Sotto quest’aspetto, Black Death ha molto da insegnare al 99% dei registi contemporanei circa le modalità di costruzione di una buona aspettativa.

La regia, nei limiti del realismo richiesto dal genere a cui appartiene il film, è inventiva senza però cadere  mai in attitudini surrealiste o oniriche (Giovanna d’Arco di Luc Besson), o di decostruzione della trama (L’ultimo Inquisitore).

Prevalgono i toni cupi con una fotografia che esalta la luce argentata, il blu scuro per virare verso il verde e il giallo nelle scene più fantastiche (o da incubo) dove la realtà è incerta e si fonde con la menzogna.

Il finale, che tra le altre cose stravolge il senso del film, mi è sembrato un tantino didascalico, come se il regista volesse trarre le fila di una storia sfuggita di mano verso metà pellicola. Insieme al finale, è infatti la seconda parte del film a funzionare di meno, soprattutto nel dare risposte coerenti alle aspettative che lo spettatore ha elaborato durante la prima ora.

E poi… ehm… il monaco Osmund rimane troppo, troppo pivello per fare il cattivo, dai… Pazienza. Nel frattempo consiglio di tenere d’occhio il regista, Christopher Smith, che se non si vende agli horror adolescenziali e non muore di peste, potrebbe regalarci qualche altro film interessante.

 


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