A Roma Greenpeace fa il blitz nella sede di Enel e tra gli attivisti e l’azienda energetica è uno scambio serrato di accuse. “Enel killer del clima” è lo slogan degli ambientalisti del Reparto Investigazioni Climatiche, secondo i quali “l’arma che [l’azienda] utilizza è il carbone”.
“Sbagliate indirizzo” è la risposta del Gruppo energetico che parla di 42% di elettricità “ priva di qualunque tipo di emissioni” e “per il 36%, prodotta da fonti rinnovabili”.
Insomma un botta e risposta che ha poco di nuovo. Da un lato Greenpeace all’opera con il suo classico rituale ad effetto con striscioni e toni forti, dall’altro Enel a rispondere con le classiche note che in questi frangenti le aziende fanno uscire per rispondere e precisare.
C’è dell’altro? In effetti si perché l’eco del blitz di Roma è rimbalzato in rete arrivando sino in Veneto, a Porto Tolle. E gli abitanti della cittadina polesana, tirata in ballo dagli ambientalisti per la vicenda della riconversione della centrale Enel, l’hanno presa un po’ male.
In un comunicato diffuso dal Comitato lavoratori centrale Enel Porto Tolle, si legge “Dopo la richiesta di Greenpeace di ritirare immediatamente il progetto di Porto Tolle, che cosa dovrebbero fare i dipendenti Enel e delle aziende dell’ indotto che aspettano la riconversione a carbone ‘pulito’ per uscire dalla crisi?”.
Agli ambientalisti che dipingono Enel come un “killer del clima”, i lavoratori di Porto Tolle rispondono definendo Greenpeace “killer del lavoro”. Senza troppi giri di parole agli attivisti del Reparto Investigazioni Climatiche chiedono: “Dovremmo fare la cassa integrazione nelle aziende del fotovoltaico, oppure aggiungerci ai 49 co.co.pro. e ai 202 collaboratori occasionali di Greenpeace, rispetto all’ appena 10% di lavoratori dipendenti dell’ associazione in Italia?”. E ancora: “Greenpeace è killer del lavoro Enel nella riduzione della CO2 e killer del lavoro stabile”.
Vedendo i toni raggiunti dalla polemica, in fatto di ‘clima surriscaldato’ il blitz di Greenpeace sembra essere più dannoso che altro. Il problema delle emissioni di gas serra esiste tanto quanto la crisi economica che rischia di lasciare a migliaia di lavoratori. Assolutizzare l’uno o l’altro problema è un errore grave. Sul fronte delle emissioni come su quello dell’occupazione c’è molto da fare. È la classica situazione da bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno. Ad aziende e ambientalisti la scelta: raccontare solo ciò che manca significa non cominciare a costruire da ciò che c’è.
[foto da viagginews.com]